lunedì 6 aprile 2020

Padova: il Caffè Pedrocchi, il Caffè "senza porte"


Quando si visita una città d'arte si dovrebbero anche ricercare quei luoghi in cui personaggi illustri e gente comune si sono incontrati, e con le loro idee hanno creato il tessuto culturale e storico della città.

A Padova il luogo che più ha rappresentato e che ancor oggi rappresenta tutto ciò è il Caffè Pedrocchi, uno dei più famosi Caffè storici d'Italia, divenuto uno dei simboli della città patavina.

Hanno frequentato questo Caffè intellettuali, letterati, patrioti, docenti e studenti universitari.
Tra i personaggi illustri che hanno seduto ai suoi tavolini si ricordano gli scrittori Ippolito Nievo ed Edmondo De Amicis, il giornalista Luigi Barzini, il poeta e politico Giovanni Prati, il poeta e patriota Arnaldo Fusinato, lo scrittore Théophile Gautier, lo scrittore e drammaturgo Gabriele D'Annunzio, l'attrice teatrale Eleonora Duse, lo scrittore Honorè de Balzac, lo scrittore e drammaturgo Filippo Tommaso Marinetti, lo scrittore e critico d'arte Ugo Ojietti, lo scrittore e giornalista Giuseppe Prezzolini, lo scrittore e poeta Alfred De Musset, la scrittrice George Sand, lo scrittore e drammaturgo russo Maksim Gorkij, lo scrittore francese Stendhal...
Stendhal ha anche citato il Caffè Pedrocchi e Antonio Pedrocchi, il caffettiere che sognò e realizzò questo Caffè monumentale, nel suo romanzo "La Certosa di Parma" (1838):
" C'est à Padoue que j'ai commencé à voir la vie à la vénitienne, les femmes dans les cafés. L'excellent restaurateur Pedrocchi, le meilleur d’Italie"
 ("È a Padova che ho cominciato a vedere la vita alla maniera veneziana, con le donne sedute nei Caffè. L’eccellente ristoratore Pedrocchi, il migliore d’Italia.").
E Honorè de Balzac, grande appassionato di caffè, scriverà a proposito del Caffè Pedrocchi:
"Il Caffè è un'istituzione indefinibile...uno studio d'avvocato, una Borsa, un ridotto di teatro, un club, una sala di lettura".
Tra la fine Settecento e l'inizio dell'Ottocento si diffusero i Caffè, che divennero ben presto luoghi d'incontro, d'aggregazione e fucine d'idee soprattutto per la borghesia.
A Padova nel 1760 si contavano 40 caffettieri.

Quando Francesco, il padre di Antonio Pedrocchi, aprì nel 1772 i battenti del suo locale, questo era solo una bottega artigiana e un punto vendita del caffè.
Ma la posizione era molto centrale: il locale era posto di fronte l'antica e prestigiosa Università e alla Gendarmeria austriaca, e si trovava non lontano dal teatro, dai mercati e dalla piazza da cui partivano le diligenze per le città vicine (Piazza Noli).

Università (a sinistra) e Municipio (a destra) visti dalla terrazza della loggia meridionale del Caffè Pedrocchi
Poi, quando nel 1800 il locale venne ereditato da Antonio Pedrocchi, la bottega divenne un Gran Caffè internazionale.
Antonio Pedrocchi infatti, dimostrando grandi doti imprenditoriali, comprò pian piano gli immobili che circondavano la caffetteria paterna, e dopo una trentina di anni chiamò a progettare questo Caffè monumentale l'architetto e ingegnere Giuseppe Jappelli.

L'architetto realizzò un edificio in stile neoclassico dalla pianta quasi triangolare, anzi come molti l'hanno definita a forma di "clavicembalo".

Essendo stata quest'area nell'antichità la sede del Foro romano, zona di mercato e porto fluviale, lo scavo che venne fatto per porre le fondamenta del Caffè portò alla luce enormi colonne (oggi conservate ai Musei Civici degli Eremitani), e marmi che vennero riutilizzati nella costruzione del nuovo edificio.

colonne romane (chiostro dell'ex Convento degli Eremitani - Musei Civici degli Eremitani )
Dopo cinque anni di lavoro il piano terreno del Caffè venne inaugurato il 9 giugno 1831.
Bisognò invece aspettare sino al 1842 perché fossero aperte le sale del piano superiore.

La facciata settentrionale, che affaccia su Piazzetta Pedrocchi, presenta due corpi avanzati costituiti da due logge aperte costituite da sei colonne e due semicolonne doriche, scanalate solo nella parte alta.
Agli angoli delle logge si trovano invece quattro pilastri.

facciata settentrionale del Caffè Pedrocchi
Sulle logge vi erano due affreschi di Giovanni de Min andati perduti.
Le logge sono divise al piano superiore da una terrazza con quattro colonne e due semicolonne corinzie scanalate giganti; il soffitto è a cassettoni con modanature in stucco.

terrazza con colonne corinzie
terrazza del piano superiore nella facciata settentrionale del Caffè Pedrocchi
Le terrazze delle logge sono cinte da balaustre con grifi in ghisa.

particolare della balaustra con grifo
Decorano le scalinate delle logge quattro leoni in pietra, copie di quelli in basalto che si trovano lungo la cordonata del Campidoglio a Roma, realizzati dall'architetto e scultore Giuseppe Petrelli.
Il fregio della trabeazione sopra le colonne presenta una decorazione a corone d'alloro, nastri e tirsi.

leoni (Giuseppe Pedrelli) di una loggia della facciata settentrionale
La facciata orientale (su Via VIII Febbraio), quella principale sulla quale affacciano le tre tre sale principali del Caffè, presenta un basamento a bugnato liscio.
Nella parte superiore si trovano due ordini di finestre intercalate da lesene corinzie.

Su questa facciata si trovano i medaglioni con i ritratti di Antonio Pedrocchi e di Domenico Cappellato Pedrocchi, figlio adottivo di Antonio Pedrocchi, che ereditò nel 1852 lo "Stabilimento".
Alla sua morte lasciò il Caffè al Comune con l'impegno di perpetuarne l'attività. 

Ritratto di Domenico Cappellato Pedrocchi
 La facciata Sud-orientale presenta una loggia sostenuta da colonne doriche.

facciata Sud-orientale del Caffè Pedrocchi
ingresso della loggia meridionale
La loggia meridionale è affiancata dall'edificio neogotico del Pedrocchino realizzato nel 1839, un corpo aggiuntivo con guglie, archi acuti trilobati e balaustre traforate scolpite da Antonio Gradenigo, in cui si trovava l'Offelleria (parola che in passato significava "pasticceria").

loggia meridionale del Caffè Pedrocchi e Pedrocchino
Il Pedrocchino è costituito da una torretta a base ottagonale con finestre da ogni lato e con all'interno una scala a chiocciola che permetteva al patron del Caffè di raggiungere i vari piani del suo "stabilimento".

guglie e bifore con archi acuti trilobati del neogotico Pedrocchino
Nei locali che affacciavano su Via Oberdan si trovavano invece i laboratori della cioccolata, la rimessa delle carrozze e le scuderie, sopra le quali vi era la cucina per abbrustolire il caffè.
Al primo piano vi erano le due sale del ristorante, la cucina e tre sale da gioco.

Nel piano interrato, che si estendeva sotto tutta l'area dell'edificio, trovavano posto la ghiacciaia, la legnaia, le cantine, il deposito per il carbone, la cisterna, il gasometro (il Pedrotti fu il primo Caffè ad essere illuminato a gas) e la pompa idraulica.


Ma ora entriamo al suo interno, articolato in più sale.
Le tre sale che si trovano allineate alla facciata principale sono la Sala Verde, la Sala Rossa e la Sala Bianca, e prendono il nome dal colore delle loro tappezzerie realizzate dopo il 1866, gli stessi colori che compaiono nella bandiera italiana.

La Sala Bianca, un tempo chiamata Sala Nera per il colore del suo mobilio disegnato da Giuseppe Jappelli, è la prima che si trova entrando dalla loggia meridionale.

Sala Bianca
Sono originali il pavimento in marmo bianco e rosso e la decorazione a tessuto drappeggiato nella parte alta delle pareti.

Su una delle sue pareti si trova il foro provocato dal proiettile sparato da un soldato austriaco durante l'insurrezione studentesca dell'8 febbraio 1848.
Una targa ne commemora il fatto.

foro provocato da una pallottola austriaca
 Un'altra targa ricorda Stendhal e la sua citazione del Caffè Pedrocchi nel romanzo "La Certosa di Parma".

ricordo di Stendhal
La Sala Rossa, quella centrale e absidata sul lato di fronte all'ingresso, 

Sala Rossa e sul fondo la Sala bianca
La sala è divisa in tre spazi da coppie di colonnine ioniche.

Sala Rossa
Sulle pareti opposte alle finestre sono affissi due dipinti dei due emisferi del mappamondo in proiezione stereoscopica: hanno la particolarità di avere il settentrione raffigurato in basso e viceversa il meridione in alto, e la nomenclatura in francese.
Furono realizzati dall'ingegnere Peghin.

Nella parte absidata di questa sala si trova ancora il bancone originale in marmo di forma ellittica su sei zampe di leone, disegnato da Jappelli.

bancone della Sala Rossa
Dietro il bancone, sulla parete curva, si trovano due bassorilievi che raffigurano l'Allegoria dell'Aurora e l'Allegoria della Notte e un orologio ancora funzionante.  
I bassorilievi e l'orologio ci riportano al titolo del post: il Caffè Pedrocchi era detto il Caffè "senza porte" perché dal 1831 al 1916 il locale rimaneva aperto giorno e notte, 24 ore su 24.
Venne poi chiuso nelle ore notturne per non dare riferimenti visivi durante i bombardamenti della prima guerra mondiale.
La Sala Verde è caratterizzata da un caminetto con specchiera.

Questa sala poteva essere frequentata senza obbligo di consumare, ed è per questo che qui s'incontravano le persone meno abbienti e gli studenti, per riscaldarsi o per studiare.
Da qui il detto "essere al verde".
Al Caffè Pedrocchi a nessuno doveva essere negato "un bicchiere d'acqua, una presa di tabacco, l'ago e il filo per rattoppare il vestito e un ombrello".
L'ombrello infatti veniva imprestato ai clienti in caso di pioggia.
Venivano anche donati fiori alle donne.

CURIOSITÀ: al Caffè Pedrocchi si poteva leggere uno dei sei giornali messi a disposizione, tra i quali il primo fu il "Caffè Pedrocchi", un "foglio settimanale" diretto da Guglielmo Stefani, che divenne poi il fondatore della prima agenzia di stampa italiana.

La Sala Gialla o Sala Ottagona per i suoi otto lati, era detta anche Sala della Borsa perché era inizialmente destinata ad uso commerciale, soprattutto per la vendita e la contrattazione del mercato agricolo delle granaglie.
Ospitò poi biliardi e il fumoir, che durante il restauro nel 1950 attuato da Pisani venne cancellato.
Fu anche una sala per concerti.

Tra le molte proposte del Caffè Pedrocchi si possono assaggiare il loro aperitivo green P31 con erbe officinali, aromatiche e assenzio, accompagnato da stuzzichini, lo zabaione che piaceva molto a Stendhal e che viene citato ne "La Certosa di Parma", e il caffè Pedrocchi 100% arabica con un'emulsione di panna e sciroppo di menta e spolverato di cacao, servito in tazza grande senza cucchiaino perché non deve essere zuccherato e non si deve mescolare.

Aperitivo green P31
stuzzichini con l'Aperitivo
zabaione
caffè Pedrocchi...oops è già finito!
Sotto la loggia destra della facciata settentrionale del Caffè Pedrocchi si trova l'ingresso allo scalone che conduce al piano nobile dell'edificio chiamato anche Ridotto.


Questo scalone era riservato all'ingresso durante occasioni speciali, mentre comunemente i soci del Casino Pedrocchi facevano uso di una scala a chiocciola posta sul vicolo adiacente.

scalone d'accesso al Ridotto
Il ripido scalone, con gradini in pietra e corrimano in legno, conduce ad un vestibolo ad esedra con soffitto a semicatino.
Il parapetto è in pietra traforata.
La parete è intonacata a marmorino grigio.
Nella calotta sono raffigurate a stucco sette Muse danzanti attribuite a Giuseppe Petrelli.

Muse danzanti (attr.Giuseppe Petrelli)
Come già accennato il Ridotto, realizzato da Giuseppe Jappelli con la collaborazione di Bartolomeo Franceschini, fu inaugurato nel 1842 in occasione del "IV Congresso degli Scienziati Italiani".
Un medaglione lo ricorda insieme all'effige di Tito Livio (lo storico romano nato a Padova) sulla parete del vestibolo dello scalone.

Il Ridotto, destinato ad incontri, feste, convegni e spettacoli, è composto da sale decorate in maniera diversa...ma non abbiamo potuto visitarle tutte, perché nella Sala Rossini era in corso un ricevimento di nozze.

La Sala Etrusca, decorata come i vasi etruschi con figure nere su fondo rosso, fungeva da guardaroba.
Su quattro rocchi di colonne sono posti vasi in stile etrusco, con figure rosse su fondo nero.

Segue la Sala Greca di forma ottagonale, che serviva da sala da gioco.

Sala Greca
Il soffitto è a cassettoni dorati e intagliati mentre le pareti sono decorate ad olio.
Giovanni de Min ha realizzato sulla parete sinistra l'affresco L'Uomo di Platone nel 1842.

L'Uomo di Platone (Giovanni de Min - 1842)
La Sala Romana, di forma circolare, fu decorata con quattro Vedute di Roma da Ippolito Caffi (La Colonna Traiana, Il Tempio di Marte, Il Foro Romano e Veduta del Tevere con Castel Sant'Angelo).
Porte e finestra sono sormontati da fregi dorati

Dopo lo Stanzino Barocco che fungeva da disimpegno per la scala a chiocciola, si accede alla Sala Rinascimentale.

Sala Rinascimentale
La Sala Rinascimentale è a pianta quadrata.
Le pareti hanno un basamento a finto marmo bianco e nero e sono ricoperte con una tappezzeria in seta azzurra damascata con decorazioni oro, riprodotta dal modello originale.

Il soffitto, a scomparti rilevati in stucco dorato, è decorato con  putti dipinti a monocromo grigio su fondo dorato, sfingi e quattro profili di teste entro medaglioni.

soffitto della Sala Rinascimentale
 Il centro del soffitto fu decorato da Vincenzo Gazzotto col dipinto allegorico La Civiltà dispensa al mondo i suoi doni e scaccia l'ignoranza, rimasto incompiuto.

La Civiltà dispensa al mondo i suoi doni e scaccia l'ignoranza (Vincenzo Gazzotto)
Addossate alle pareti vi sono quattro mensole sorrette da teste d'ariete e girali in legno dorato, sormontate da specchiere con coppie di anfore.

mensola con specchiera della Sala Rinascimentale
Il camino in marmo di Carrara tra le finestre è stato qui posto nel 1935.

camino della Sala Rinascimentale
Dalla Sala Rinascimentale si passa alla Sala Pompeiana o Sala Ercolana.

Sala Pompeiana
Sala Pompeiana
Le pareti sono decorate con mensole dorate con raffigurazioni di grifi, cavalli alati e girali, che sorreggono bruciaprofumi.
Sono originali i tavoli rotondi in marmo giallo e grigio.
Il soffitto della sala è stato decorato con  Diana dispensa doni alle sue alunne da Pietro Paoletti.

Diana dispensa doni alle sue alunne (Pietro Paoletti)
Sulle pareti sono stati raffigurati episodi del mito della dea: Il Bagno di Diana, Diana ascolta Pan che suona, Diana alla caccia del Cervo, Diana Pescatrice, Diana con le Ninfe si esercita con l'arco, Giochi di Ninfe.
Tra le finestre è invece raffigurato Il Sogno di Endimione.

a sinistra: Diana Pescatrice (Pietro Paoletti) / a destra: Diana con le Ninfe si esercita con l'arco (Pietro Paoletti)
a sinistra: Diana ascolta Pan che suona (Pietro Paoletti) / a destra: Diana alla caccia del Cervo (Pietro Paoletti)
Il Bagno di Diana (Pietro Paoletti)
Giochi di Ninfe (Pietro Paoletti)
Tra la Sala Romana e la Sala Pompeiana si trova un piccolo ambiente di passaggio denominato Andito.

Dalla Sala Pompeiana si può accedere alla sala più grande e con soffitto più alto del piano nobile,  chiamata Sala Rossini perché dedicata al musicista amico di Jappelli e per le sue decorazione a tema musicale, o Sala Napoleonica perché Jappelli aveva militato nell'esercito napoleonico e perché decorata con api in ottone come quelle che ornavano il mantello di Napoleone e molti dei suoi arredi.

Sala Rossini
La sala è  arredata in stile neoclassico o stile impero.

Sala Rossini
Su una delle pareti si trova il vano che ospitava l'orchestra, perché questa sala era adibita alle feste da ballo.
Il vano sembra un finto palco con il sipario tirato in alto.

sulla sinistra s'intravede il vano dell'orchestra
Dalla Sala Rossini si può accedere alla Sala Moresca e alla Sala Egizia (al momento della nostra visita purtroppo non visitabili).

La piccola Sala Moresca di forma semi-ottagona era ad uso di Gabinetto delle Signore.
Su una parete è stato realizzato da Giovanni de Min un dipinto trompe-l'oeil che raffigura un Arabo che scosta una tenda, forse identificabile con l'esploratore ed egittologo Giovanni Battista Belzoni, amico di Jappelli.
Sugli specchi sono dipinti fogliami, mentre le pareti sono rivestiti da legni intagliati dai quali spuntano raffigurazioni di uccelli.

Tra la Sala Rossini e la terrazza della loggia sinistra della facciata settentrionale si trova la Sala Egizia, usata per riunioni segrete.
Il soffitto di colore blu è trapuntato di stelle dorate.

Fu decorata con motivi egizi tra il 1820 e il 1830, prima della interpretazione dei geroglifici.
Sono poste agli angoli della sala su basamenti le statue in stucco dipinto copie delle statue in pietra nera raffiguranti la dea leontocefala Sachmet donate dall'egittologo padovano Giovanni Battista Belzoni (conservate ai Musei Civici agli Eremitani).

statue della dea leontocefala Sachmet (Musei Civici agli Eremitani)
In nicchie in finto porfido tra le finestre vi sono statue di divinità femminili sormontate da coppie di sfingi e urne cinerarie.
Architravi e stipiti sono stati decorati con motivi egizi da Giuseppe Petrelli e Antonio Gradenigo.

Rimane da visitare un'altra stanza del Ridotto, collocata nel corpo del Pedrocchino: la Sala Gotica utilizzata un tempo come sala di lettura.
La decorazione della sala è attribuita ad Antonio Gradenigo.

Sala Gotica
La bifora non è originale, venne riprodotta nel 1930.

riproduzioni di bifore nella Sala Gotica
Presenta vetrate con figure di cavalieri medievali e stemmi delle famiglie nobili medievali di Padova.
Sul soffitto è riprodotto lo stemma della città di Padova e di altre città del Veneto.

soffitto della Sala Gotica con stemmi di Padova e di città Venete
Nel passaggio tra la Sala Gotica e la Sala Rinascimentale è posta una carta topografica di Padova e territorio, realizzata in marmorino bianco, copiata dalla pergamena di Francesco Squarcione (1465).

carta topografica di Padova e territorio (copia dell'originale di Francesco Squarcione)
Dalla Sala Gotica inizia l'allestimento museale del Museo del Risorgimento e dell'Età Contemporanea, aperto nel 2004, che ben si adatta a questo sito che ha visto svolgersi molti episodi di quell'epoca storica.

Sala del Museo del Risorgimento e dell'Età Contemporanea
Nelle stanze che si affiancano al piano nobile del Caffè Pedrocchi sono esposti oggetti e ricordi che testimoniano 150 anni di storia, dal tramonto della Repubblica Veneta (1797) alla promulgazione della Costituzione Repubblicana (1947).

disegno dell'Albero della Libertà issato a Prato della Valle nel 1797
Ritratto di Ugo Foscolo quindicenne (Autore anonimo - XIX sec.)
dotazione degli ufficiali nel 1848





camicia rossa garibaldina
armi della Grande Guerra

bicicletta dei bersaglieri ciclisti della Prima Guerra Mondiale
bomba non esplosa della Prima Guerra Mondiale
Ritratti di Umberto I e della Regina Margherita (Giacomo Manzoni)
Ritratto di Domenico Cappellato Pedrocchi (Achille Astolfi)

CURIOSITÀ: una tradizione padovana avverte che chi entra al Pedrocchi prima di laurearsi, non completerà gli studi...sarà vero?


/www.caffepedrocchi.it
Orario:  martedì/domenica   9.30/12.30  15.30/18.00
CHIUSO i lunedì non festivi, Natale, S.Stefano, Capodanno, 1 maggio, 15 agosto
Costo:   4€
GRATIS: se si acquista la PADOVA CARD (48 ore 16€ - 72 ore 21€)

CONCLUSIONI
Al Caffè Pedrocchi il tempo sembra essersi fermato.
Ogni particolare delle sale racconta un frammento di storia e di cultura: sembra di vedere ancora aggirarsi faccendieri, uomini di cultura, cospiratori, studenti, vetturini, dame imbellettate e forse qualche membro della massoneria.
Giuseppe Jappelli era infatti massone e gli studiosi hanno interpretato alcuni particolari architettonici come chiari riferimenti alla Massoneria: le maniglie degli ingressi sotto le logge, per esempio, sono a forma di serpente che si morde la coda...nella simbologia massonica indicherebbe l'uguaglianza tra i sessi.


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