domenica 21 luglio 2019

Napoli: un viaggio nella storia, la Galleria Borbonica


Ci sono molti modi di scoprire la storia di Napoli.
Uno di questi è scendere nel suo sottosuolo ed immergersi in quel passato che le viscere della terra hanno celato per secoli e che poi è riemerso grazie al lavoro di uomini tenaci.

Si è stimato che esista una Napoli sotterranea vasta 900.000 mq.

Vi sono più siti e associazioni che permettono di percorrere il ventre di Napoli scoprendo i resti della città greco-romana o la città che ha sfruttato e adattato le strutture realizzate nel remoto passato in un'epoca più recente.

Per costruire la città i Napoletani di tutte le epoche hanno scavato gallerie sotterranee per ricavare il tufo giallo del sottosuolo e utilizzarlo per la costruzione di case e palazzi.
Sono state realizzate poi in queste cave delle cisterne per portare l'acqua tramite pozzi direttamente nelle abitazioni, oppure sono state utilizzate come pozzi di scarico di materiali non più utilizzabili, o in alcuni casi ancora sono state adattate a cimiteri catacombali o fosse comuni.
Non molti anni fa queste cave, durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, sono divenute anche rifugi antiaerei.

Ma il sottosuolo di Napoli è stato scavato anche per cercare una via di fuga per il re e la corte borbonica in caso di assalto nemico.

E' questa la storia che si può scoprire e toccare con mano partecipando ad una delle quattro visite che vengono organizzate nel cosiddetto "Tunnel borbonico", ribattezzato Galleria borbonica.

Tunnel borbonico
Era il 1853 quando Ferdinando II di Borbone, che si sentiva in pericolo dopo i moti del 1848,  incaricò l'ingegnere Errico Alvino di progettare un collegamento segreto tra il Palazzo Reale di Largo di Palazzo (oggi chiamato Piazza del Plebiscito), e Piazza Vittoria, adiacente al mare e alle caserme delle truppe che avrebbero potuto percorrere il tunnel per difendere la reggia, e in senso contrario avrebbe permesso al re e alla corte di portarsi in salvo fuggendo verso il mare.

Il tunnel doveva correre sotto il Monte Echia (dove i Greci fecero sorgere i loro primi insediamenti colonici), e avrebbe avuto un doppio senso di marcia.
Per questo Alvino progetto una galleria alta 12m, a due corsie (ampie ognuna 4m), con due marciapiedi ai lati (larghi 2m), rischiarata da un'illuminazione a gas e aerata da pozzi di ventilazione verticali.
Ma il progetto, difficile da realizzare, fu poi abbandonato per optare per uno ad una sola corsia.

Sin da subito infatti si riscontrarono problemi di natura geologica.
I lavori, durati circa tre anni, infatti avvenivano a mano, e gli operai lavoravano alla luce di torce e candele, con picconi, martelli e cunei.
Il tunnel venne inaugurato il 25 maggio 1855 in fase d'opera, ma il cantiere dovette chiudere per problemi economici e per sconvolgimenti politici.
Il tunnel non fu quindi mai finito: si fermò dopo 431m all'altezza di un cortile posto dietro il colonnato dell'attuale Piazza del Plebiscito.

Lo scavo del tunnel era partito da Via Domenico Morelli (dove si trova uno degli accessi al percorso oggi visitabile), e subito s'incontrò un cunicolo dell'Acquedotto della Bolla e si dovette intervenire per far si che non fosse reso inutilizzabile e di conseguenza non si togliesse l'acqua a questa zona di Napoli.

Dopo 84m la galleria arrivò a quelle che sono chiamate Cave Carafa (oggi sede di un parcheggio multipiano), un luogo d'estrazione del tufo che fu utilizzato dal Cinquecento per la costruzione del Palazzo Carafa e con il quale venne costruita anche la Chiesa della Nunziatella nel 1788 (divenuto poi Collegio Militare).
Le cave hanno un'estensione di 3180 mq e un'altezza di 35m.

Cave Carafa
Cave Carafa
parcheggio multipiano visto dalla Galleria Borbonica
Proseguendo il traforo si ebbero problemi di staticità che richiesero la costruzione di archi poggianti su piedritti a scarpa.
La muratura è composta dall'alternanza di mattoncini in tufo e in cotto.

Più oltre si dovette costruire un ponte alto 8m per passare al di là di una grande cisterna costruita nel Seicento.

arco e murature per ovviare a problemi tecnici
lavori d'ingegneria per bypassare le cisterne
Dopo essere andati oltre con uno scavo meno ampio e meno alto (4m di larghezza e 3m d'altezza), si dovette costruire un altro ponte per bypassare un'altra cisterna.

A questo punto il traforo divenne, per problemi legati alla natura del terreno qui non tufacea, esclusivamente pedonale riducendo il passaggio ad un cunicolo alto 2m e largo 1m., per poi ritrovare la possibilità di scavare un tunnel con le misure di 4m X 3m. fino a dietro il colonnato di Piazza del Plebiscito, dove come si è detto, la galleria si fermò incompleta.
Per visitare questo sito noi abbiamo scelto il PERCORSO STANDARD da Vico del Grottone (ma si può iniziare la visita anche dal Parcheggio Morelli - Via D.Morelli, 61), quindi abbiamo effettuato il percorso in senso opposto all'andamento dei lavori di costruzione.
Siamo infatti scesi nel sottosuolo (25m sotto il livello stradale), tramite una scala settecentesca usata dai cosiddetti "pozzari", coloro che si occupavano di tenere puliti i cunicoli e le cisterne dell'Acquedotto della Bolla, rischiando spesso la vita.
Nel dopoguerra questa scala fu riempita di rifiuti come toccò agli altri accessi alla galleria.

inizio del percorso da Vico del Grottone
scala settecentesca
Sulle pareti un graffito con un monte e una croce indicava che si era giunti sotto la zona Monte di Dio.

graffito che indica la zona Monte di Dio
I primi ambienti che si visitano sono le ex cisterne usate dai cittadini di Napoli come rifugio bellico negli anni della seconda guerra mondiale (1939/1945).
Qui trovarono rifugio dai 5.000 ai 10.000 Napoletani, tra questi anche l'allora diciassettenne ex Presidente Giorgio Napolitano, che attraverso il passaggio creato nel Palazzo Serra di Cassano, scendeva nel sottosuolo e distribuiva anche volantini antifascisti.
Quando la sirena antiaerea suonava (e qui ne è conservata una che viene fatta funzionare per ricordare quei tristi momenti), si avevano 10 minuti per riversarsi nei rifugi attraverso passaggi creati proprio a questo scopo dall'UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea), che provvide anche ad imbiancare le pareti delle cavità e del tunnel (per rischiararli e per non fare disgregare il tufo), installò un sistema d'illuminazione con lampadine a 12 watt e costruì dei vespasiani.

impianto elettrico lungo le pareti
servizi igienici del periodo bellico
servizi igienici del periodo bellico
servizi igienici del periodo bellico
In questi ambienti sono raccolti cimeli che ricordano quegli anni dolorosi e la povera gente che qui passava più ore al giorno per scampare ai bombardamenti aerei (ce ne furono ben 200): gli Americani bombardavano di giorno, gli Inglesi bombardavano di notte.

Sono qui esposti carrozzine per le bambole, scarpe abbandonate nella corsa per scendere qui giù, giocattoli, maschere antigas, medicinali e barella di un'infermeria d'emergenza, una cucina improvvisata, brande in ferro dove a volte dormiva un'intera famiglia, pitali, brocche, caffettiere...

un ambiente adibito a rifugio antiaereo
utensili per l'igiene quotidiana e infermeria
cucina improvvisata
brande, carrozzine per le bambole, scarpe
oggetti di uso quotidiano
Si possono qui ancora scorgere alcuni graffiti lasciati da persone costrette a rifugiarsi in questo luogo:
"Noi Vivi" a testimoniare che chi si trovava li aveva la fortuna di essere nonostante le difficoltà ancora vivo, così come la scritta "26 Aprile 1943 - Allarme delle 12.30".

scritta: "Noi Vivi"
scritta: 26 Aprile 1943 - Allarme delle 12.30"
graffito con il nome Wasche Walter di un bambino che si rifugiava in questo ricovero bellico
Dopo aver percorso un breve tratto di cunicolo ci si trova nel tunnel borbonico vero e proprio: si passa sul ponte sopra la cisterna del '600 ancora piena d'acqua, e poi sul ponte con muri in listato di tufo.

cunicolo
cisterna del '600
visitatori con caschetto antinfortunistico che svolgono il percorso speleologico
Tunnel borbonico
ponte sulla cisterna del '600
Qui, a ridosso dei lavori di muratura ingegneristica, vi sono state costruite altre latrine.

lavori di muratura ingegneristica
servizi igienici bellici
Qui è conservato il telefono per comunicare che si poteva uscire in superficie perché l'incursione aerea era terminata.
Viene fatto ascoltare a questo punto del percorso il suono suggestivo ed evocativo della sirena antiaerea.

quadro elettrico e telefono
Si giunge poi al luogo in cui sono state raccolte auto, moto e vespe.

motociclette
motociclette
motociclette
Vespe e motociclette
motociclette
Vespa con "pin-up"
Sono state qui ritrovate in quanto dopo la guerra, fino agli anni '70 del secolo scorso, il tunnel venne in parte adoperato come Deposito Giudiziario del Comune di veicoli rubati o truccati.
Ma vi sono anche biciclette: venivano infatti sequestrate se non venivano pagate le rate dell'acquisto.
Coperti dalla polvere del tempo, messi in evidenza da una suggestiva illuminazione, si possono ammirare pezzi da collezionisti: una Fiat 508 Balilla, una Fiat 1400, una Fiat 1100 usata come taxi, un'Alfa Romeo 2500 SS cabriolet Pinin Farina, un camioncino per le consegne alimentari con la scritta "Bottega dei Mille - Parco commerciale cittadino", un veicolo di contrabbandieri con la guida a destra per meglio controllare se era inseguito.
Taxi del 1942
Chevrolet Sedan Deluxe con motore in ghisa 6 cilindri di un ufficiale americano
auto d'epoca
FIAT 508 Balilla
FIAT 1400 sequestrate ai contrabbandieri di sigarette
Vi è pure un cosiddetto "pezzotto", un veicolo/furgone a tre ruote illegale perché realizzato con pezzi di veicoli diversi, che serviva a portare merci, forse ghiaccio.

un cosiddetto "pezzotto"
Una piccola deviazione conduce ad una cisterna dove si può notare incisa sul tufo la raffigurazione stilizzata di una chiesetta.
Questi erano una sorta di tabernacoli per venerare Santa Barbara, la protettrice contro i fulmini e le morti violente.

tempietto dedicato a S.Barbara
I "pozzari", scesi pericolosamente nel sottosuolo calandosi con torce nei bui pozzi profondi anche 50/80 metri, toccato il fondo del pozzo venivano a toccare questa raffigurazione incisa in segno di devozione e ringraziamento.

un pozzo della cisterna
I "pozzari" usavano calarsi nei pozzi inserendo le dita delle mani e piedi in fessure, chiamate "grappiate", scavate nelle pareti tufacee.

"grappiate" e "mummarella"
CURIOSITÀ: le figure dei pozzari hanno a che fare con quella del cosiddetto "munaciello", 
Molti dei palazzi che si trovavano in superficie avevano la possibilità di prendere l'acqua direttamente dalle cisterne tramite pozzi in cui venivano calate corde, lunghe a volte anche 40/45 metri, alla cui estremità veniva legata la cosiddetta "mummarella", un particolare vaso di terracotta la cui forma permetteva la non dispersione dell'acqua durante il percorso di risalita verso le abitazioni.
Nel centro storico vi erano circa 12000 pozzi.
Questi pozzi potevano però anche permettere la risalita dei pozzari negli edifici e nelle case, e qualcuno di loro, per vendicarsi dei mancati pagamenti di coloro che beneficiavano dei loro servizi, si appropriavano degli oggetti preziosi che trovavano.
Alcuni di loro poi risalivano nelle case di coloro che erano divenute le loro amanti, regalando gli oggetti rubati.
E' per questo che si dice che il "munaciello a volte ruba, a volte dona".
Il nome deriverebbe dall'abito di color scuro che i pozzari indossavano, simile ad un saio.

manichino che simula un "pozzaro" in discesa in un pozzo
L'acqua di queste cisterne era particolarmente ricca di ferro (veniva chiamata "acqua ferrata"), e si pensava facesse bene alla salute.
Quando veniva a contatto con l'aria, l'acqua si ossidava assumendo un caratteristico colore.
I pozzari la vendevano perciò nelle "mummarelle" rigorosamente tappate.

"mummarella"
Ritornati nel tunnel si possono vedere altri esemplari di veicoli e i resti di una statua rinvenuta tra le macerie e i detriti dei bombardamenti, che erano stati gettati nel dopo guerra nei pozzi di ventilazione e negli accessi alla galleria, riempiendo le cavità.

statua del Monumento ad Aurelio Padovani
particolare del Monumento ad Aurelio Padovani
pezzi del Monumento ad Aurelio Padovani utilizzati come base per tavolo
pezzi del Monumento ad Aurelio Padovani utilizzati come base per tavolo
I pezzi della statua, progettata da Marcello Canino e realizzata dallo scultore Carlo De Veroli, raffigurano Aurelio Padovani, capitano dei bersaglieri nella I guerra mondiale e fondatore del fascio napoletano, al quale nel 1934 era stato eretto il monumento posto a Piazza S.Maria degli Angeli in Pizzofalcone.
Con la caduta del regime il monumento fu smantellato e occultato in queste cavità.

foto d'epoca del Monumento ad Aurelio Padovani in Piazza S.Maria degli Angeli
giornale d'epoca con notizie riguardanti il capitano Aurelio Padovani
Oltre questa statua sono venute alla luce altre sei statue di imperatori realizzati in epoca fascista.

pezzi di marmo di statue e bicicletta
Infine si può visitare un piccolo museo/shop dove sono esposti e in vendita quei pezzi di modernariato e oggetti vintage ritrovati durante gli scavi per liberare le cavità e la galleria.

lanterne e attrezzi per gli scavi
telefono, radio, Pulcinella....
gioielli, vasi veneziani, prodotti per la cura personale
telefoni, macchina da scrivere e giornali
prodotti per l'infanzia
scatole di tabacco
macinini da caffè e scatole di biscotti
radio
giocattoli
utensili
"reggiole" (piastrelle) e banconote
"reggiole" (piastrelle)
"reggiole" (piastrelle)
Ma molte auto, moto, biciclette, colonnine di benzina, orologi stradali e anche mobili ancora pieni di oggetti, libri e biancheria, sparirono quando si decise di liberare le Cave Carafa per costruirvi il parcheggio.
Tra le macerie furono ritrovati anche un dente di squalo estinto appartenuto forse ad un collezionista, e una bomba inesplosa della I guerra mondiale.
Gli scavi che portarono in evidenza questo dedalo di cunicoli, gallerie e cisterne iniziarono nel 2005 e nel 2010 si ebbe l'apertura al pubblico di questa cattedrale di tufo, luogo della memoria storica della città.

detriti e macerie buttati in un pozzo
L'uscita avviene all'interno delle Cave Carafa dove si trova, oltre il parcheggio multipiano, un suggestivo spazio per eventi.

ingresso/uscita Galleria Borbonica da Via D.Morelli
Cave Carafa
spazio per eventi nelle Cave Carafa

http://www.galleriaborbonica.com

PERCORSO STANDARD     (Vico del Grottone,4 o Piazza D.Morelli, 61)
venerdì - sabato - domenica - festivi   10.00 - 12.00 - 15.00 - 17.00
Costo: 10€
durata: 1 ora
VIA DELLE MEMORIE        (Via Monte di Dio,14)
venerdì - sabato - domenica - festivi    11.00 - 16.00
Costo: 10€
durata: 1 ora e 15'
PERCORSO AVVENTURA    (Piazza D.Morelli, 61)  
venerdì - sabato - domenica - festivi   10.00 - 12.00 - 15.00 - 17.00
Costo: 15€
durata: 1 ora e 25'
PERCORSO SPELEO LIGHT  (Piazza D.Morelli, 61)   SOLO ADULTI
venerdì - sabato - domenica - festivi (tutti i giorni dal 19 aprile al 5 maggio)   11.00 - 16.00
Costo: 15€
durata: 1 ora e 30'


CONCLUSIONI
Il percorso nella Galleria Borbonica è un viaggio che dura più di 500 anni.
Rappresenta una tangibile memoria del passato ed un capolavoro dell'ingegneria civile borbonica in sotterraneo.
Questo dedalo nel sottosuolo di Napoli non è l'unico visitabile, ma sicuramente per la sua maestosità e per l'importanza storica e culturale che ricopre, è un'attrazione davvero affascinante e suggestiva.