Uno dei siti archeologici più importanti di Gran Canaria è il Museo e Parco Archeologico Cueva Pintada. |
Museo e Parco Archeologico Cueva Pintada |
Il sito archeologico si trova nel centro storico di Galdar, cittadina della zona settentrionale dell'isola, posta a una ventina di minuti di auto dalla capitale.
Questo sito archeologico è un'importante testimonianza di un insediamento preispanico e dell'uso che gli aborigeni facevano delle grotte o dei tubi vulcanici dell'isola.
Sull'isola di Gran Canaria vi erano 30 villaggi indigeni e alcune enclavi. Galdar, o meglio Agaldar, era un centro della società preispanica dove il re aborigeno (guanarteme) controllava l'isola e ne garantiva la sicurezza. Al momento della conquista castigliana dell'isola vi erano due guanartemi, uno a Galdar e l'altro a Telde.
Dopo la Guerra di Canaria (1478/1483) e la conquista dell'isola l'insediamento guancio venne dimenticato. Dei 20.000 indigeni ne sopravvissero solo 3.000 e questi furono deportati e resi schiavi.
La Cueva Pintada (Grotta Dipinta) fu scoperta durante dei lavori agricoli nel 1862 ma gli scavi che portarono alla scoperta di grotte artificiali e abitazioni di questo villaggio precolombiano furono realizzati più tardi. Il sito archeologico fu aperto al pubblico nel 1972 e dopo un periodo di chiusura, durato 20 anni per porlo meglio in sicurezza e renderlo più fruibile, è stato riaperto nel 2006.
La visita del sito comprende tre momenti: la visita del museo, la visione di un audiovisivo in 3D e un video panoramico, la visione su passerelle del sito e della Cueva Pintada (a piccoli gruppi).
Nel piccolo Museo sono raccolti oggetti ritrovati sul sito e che sono appartenuti soprattutto al suo ultimo periodo di esistenza.
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Museo del Parco Archeologico Cueva Pintada |
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frammenti archeologici rinvenuti sul sito |
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esposizione museale |
Manufatti in pietra (basalti e ossidiana) servivano a levigare o appuntire, creando mortai e oggetti per la preparazione del cibo o la macellazione.
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frammenti di utensili in pietra |
In osso venivano realizzati spatole, punzoni, aghi per lavorare il cuoio, la pelle o realizzare perline per collane.
Sono qui esposte ceramiche realizzate al tornio e in alcuni casi dipinte con disegni geometrici.
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recipienti in ceramica dipinta |
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oggetti in ceramica del VII/XV secolo
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recipienti in ceramica dipinti |
Altri oggetti in ceramica fanno riferimento all'industria dello zucchero che dominò l'economia dell'isola nel XVI secolo. In quest'epoca a Galdar erano sorti almeno tre zuccherifici.
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a sinistra: cono per la lavorazione dello zucchero estratto dalla canna da zucchero |
Sono anche esposti i cosiddetti "pintaderas", oggetti in argilla cotta di diverse forme geometriche (cerchi, triangoli, quadrati, semicerchi) di cui non si conosce la reale funzione. Forse come sigilli designavano un'identità di gruppo o lignaggio (per distinguere i granai o per firmare documenti), o forse servivano a decorare il corpo (simili ai tatuaggi).
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pintaderas |
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pintaderas |
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pintaderas |
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pintaderas |
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pintaderas |
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pintaderas |
Sono qui riuniti anche alcuni "idoli", manufatti in terracotta che rappresentano figure umane e a volte animali. Sono considerati amuleti, ex voto o giocattoli.
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idoli |
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idoli |
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idolo chiamato "ballerino" |
Non si conosce neanche l'uso preciso o la funzione delle conchiglie decorate con incisioni ("burgaos") qui ritrovate.
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conchiglie e "burgaos" |
Non mancano oggetti metallici come monete, spade, coltelli, ferri di cavallo, ditali, chiodi, del periodo preispanico e del momento di transizione della fine del Tardo Medioevo.
I video raccontano la storia degli ultimi personaggi aborigeni che hanno vissuto in questo sito, e soprattutto di Arminda Mesequera, ragazza di 10/15 anni, erede al trono perché figlia di Guayasen Sendan il Buono, che fu consegnata dopo le guerre al conquistatore Pedro de Vera. Venne fatta educare e venne battezzata a Las Palmas prendendo il nome di Catalina Fernandez y Legado. Sposò Hernado de Guzman prendendo il nome di Catalina de Guzman. Ebbe sei figli e si sposò tre volte.
Una statua in bronzo di Arminda bambina, opera dello scultore Diego Higueras (2007), è posta all'ingresso del Parco Archeologico.
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Arminda bambina (Diego Higueras - 2007) |
La visita del complesso rupestre, coperto da una struttura in acciaio che lo protegge, avviene percorrendo passerelle sopraelevate munite di monitor interattivi e ascensore per le persone con poca mobilità.
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struttura che protegge il sito archeologico |
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struttura che protegge il sito archeologico |
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struttura che protegge il sito archeologico |
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passerelle con monitor interattivi |
Questo sito archeologico di 5700 mq, situato sulle pendici di un burrone, è costituito da grotte artificiali scavate nel tufo e case semisotterranee risalenti al periodo che intercorre tra il VI e il XVI secolo.
Il gruppo di circa 60 abitazioni indigene, camere funerarie o centri d'incontro che ancora si possono vedere nel sito è detto Complesso Troglodita. Si pensa che in queste case vivessero più di 250 persone.
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Complesso Troglodita |
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abitazioni scavate nel tufo |
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abitazioni scavate nel tufo |
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abitazioni scavate nel tufo |
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abitazioni scavate nel tufo |
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abitazioni semisotterranee |
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abitazioni semisotterranee |
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abitazioni semisotterranee |
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abitazioni semisotterranee |
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abitazioni semisotterranee |
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abitazioni semisotterranee |
Una ricostruzione a dimensione naturale dell'insieme delle case indigene (quattro case e uno spazio quadrato che fungeva da magazzino), realizzata seguendo la documentazione scritta delle cronache dell'epoca, aiuta a capirne la morfologia.
Le grotte scavate nel tufo vulcanico erano organizzate intorno a un patio centrale a cui si accedeva tramite un corridoio.
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ricostruzione di alcune abitazioni di Agadar |
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ricostruzione di un'abitazione di Agadar |
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ricostruzione di un'abitazione di Agadar |
I soffitti delle caverne sono scomparsi, ma erano piani. Erano costituiti da travi in legno con sopra lastre di pietra, materiale vegetale e terra battuta. I tetti, muniti di scala in legno, venivano usati anche come essiccatoi.
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scala in legno per salire sul tetto |
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cibo essiccato sul tetto |
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cibo essiccato sul tetto |
Uno stretto corridoio e un unico varco costituito dalla porta davano accesso alle abitazioni.
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l'unico varco dell'abitazione era una porta |
L'ambiente principale quadrangolare era affiancato da una o due camere laterali con pareti decorate da dipinti.
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ricostruzione dell'interno di un'abitazione aborigena |
Le cucine comunitarie erano poste all'estero delle abitazioni, come anche i magazzini, gli ovili e gli altri spazi comuni. Il focolare era situato in una piccola depressione circolare. I recipienti per cucinare erano posti su pietre di tufo.
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focolare e oggetti per la preparazione e la cottura dei cibi |
Le assi del pavimento delle camere, ricoperte da stuoie o pelli, potevano fungere da letti.
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giaciglio |
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giaciglio |
Nelle case si potevano trovare mortai, contenitori in ceramica, vimini o cuoio. Per accendere il fuoco e illuminare l'ambiente si usano torce,
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oggetti che si potevano trovare in una abitazione aborigena |
In questo quartiere le caverne assolvevano due funzioni: venivano utilizzate come spazi domestici e centro dove si svolgevano eventi sociali, rituali e funzioni funerarie.
Un luogo sicuramente destinato a cerimonie e sepolture per le mummie che qui sono state rinvenute, e dai particolari dipinti delle sue pareti è la cosiddetta Cueva Pintada, la "grotta dipinta" che ha dato nome all'intero parco archeologico.
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esterno della Cueva Pintada |
Si pensa che in questa camera venissero celebrate cerimonie legate ai defunti e alla protezione degli antenati.
Si tratta di una camera rettangolare con un piccolo ambiente posto alla sua sinistra. Il pavimento è pieno di buchi e su di esso sono state rinvenute diverse ceramiche e altri oggetti.
Ma quello che ha attirato maggiormente l'attenzione degli studiosi sono stati i pannelli policromi dipinti su tre pareti della camera.
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riproduzione fotografica del museo dei disegni della Cueva Pintada |
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riproduzione fotografica del museo dei disegni della Cueva Pintada |
I pannelli rappresentano forme geometriche, un'alternanza di quadrati, rettangoli, triangoli e cerchi su sfondi rossi, neri e bianchi, che vanno a formare una scacchiera.
La superficie delle pareti è stata intonacata con un preparato argilloso, inumidita e su di un bozzetto fatto precedentemente sono stati applicati con le dita o con pennelli pigmenti di origine minerale.
Si è ipotizzato che questi dipinti fossero un calendario lunisolare (diviso in 12 sezioni) in grado di prevedere le eclissi. Le conoscenze astronomiche erano monopolizzate dai membri più in vista della "nobiltà" isolana (fayzagues).
ATTENZIONE: per preservare i dipinti rupestri nella Cueva Pintada non si possono scattare Foto.
CURIOSITA': Galdar, per il suo sito archeologico rupestre, è gemellata con Matera, città della Basilicata anch'essa nota per le sue case ricavate nelle grotte.
http://www.cuevapintada.com/
ATTENZIONE: tutte le visite sono guidate (ogni 30'). C'è la possibilità di seguire una visita, oltre che in spagnolo, in inglese, tedesco o francese (a determinati orari).
Orari: ottobre/maggio martedì/sabato 10.00/18.00
domenica e festivi 11.00/18.00
giugno/settembre martedì/sabato 10.30/19.30
domenica e festivi 11.00/19.00
Costo: 6 € (pagamento solo online o con carta di credito)
GRATIS la domenica e in alcuni giorni dell'anno (guardare il sito)
CONCLUSIONI Galdar possiede uno dei siti archeologici più particolari di Gran Canaria. E' questo un complesso rupestre pieno di fascino e di mistero. Il Parco Archeologico Cueva Pintada rappresenta una testimonianza davvero importante per la storia dell'isola e dei suoi antichi abitanti, e tutto questo è ben conservato e fruibile al pubblico in un contesto ben progettato ed esplicativo. Durante la vostra vacanza a Gran Canaria non fatevi mancare questo tesoro!
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