giovedì 22 luglio 2021

Firenze: il Tabernacolo di S.Maria della Tromba e il Tabernacolo delle Fonticine

Girovagando per le vie di Firenze è facile imbattersi in qualche immagine sacra posta ai crocicchi o sulla facciata di qualche palazzo.

Questo post racconta di due tra i tabernacoli più belli e conosciuti della città.

Il Tabernacolo di S.Maria della Tromba si trova all'angolo tra Via Orsanmichele e Via dell'Arte della Lana sull'angolo smusso dell'antico Palazzo dell'Arte della Lana

Tabernacolo di S.Maria della Tromba

Il Palazzo dell'Arte della Lana fu dal 1308 la sede di una tra le più ricche arti maggiori fiorentine. Lo stemma di questa corporazione, ovvero l'Agnus Dei, lo si può ancora vedere affisso sul palazzo.
lo stemma dell'Arte della Lana: l'Agnus Dei
Il "palagio" (una via di mezzo tra palazzo e torre), che nel XIII secolo era stato la Torre dei Ciompiobbesi (famiglia ghibellina), esternamente presenta un rivestimento a filaretto di pietra con cornici marcapiano e presenta un coronamento con merli guelfi poggianti su beccatelli. Il loggiato della facciata meridionale del palazzo è tamponato da vetrate.

angolo del Palazzo dell'Arte della Lana tra Via Calimala e Via Porta Rossa

facciata su Via Calimala del Palazzo dell'Arte della Lana

facciata su Via Lamberti del Palazzo dell'Arte della Lana
Nel 1569 Cosimo I incaricò Bernardo Buontalenti di realizzare un portale d'ingresso sul retro del palazzo e un cavalcavia tra il palazzo e la Chiesa di Orsanmichele, destinando il primo piano all'Archivio notarile. Sul lato cinquecentesco del palazzo, sopra l'ingresso di un moderno negozio, si trova un'iscrizione dedicatoria a Cosimo I e lo stemma mediceo.
sopra la trifora di Orsanmichele attacco del cavalcavia tra la chiesa e il Palazzo dell'Arte della Lana

iscrizione dedicatoria a Cosimo I e Stemma mediceo
Soppressa dal 1770 l'Arte della Lana, il palazzo divenne un casamento. Nel 1772 fu la Canonica della Chiesa di Orsanmichele. 
Dal 1905 è divenuto proprietà della Società Dantesca Italiana. Sull'esterno del palazzo si può notare l'immagine policroma di Dante che mostra la Divina Commedia, opera ripresa dalla tavola di Domenico di Michelino posta nella Cattedrale di S.Maria del Fiore.

Dante che mostra la Divina Commedia

 
Dante che mostra la Divina Commedia (Domenico di Michelino - Cattedrale di S.Maria del Fiore)

Il gotico Tabernacolo di S.Maria della Tromba prende nome dalla sua originaria collocazione vicino al Vicolo della Tromba, vicolo così chiamato perché in epoca comunale vi era la sede dei "trombetti".

Il tabernacolo era posto infatti all'angolo tra Via Calimala e Piazza del Mercato Vecchio (quella che oggi viene chiamata Piazza della Repubblica), all'angolo in cui alla metà del Duecento predicava Pietro da Verona. Fu il domenicano, divenuto poi Santo, che volle far erigere qui un tabernacolo. 

Era questo il più grande tabernacolo di Firenze, e divenne un oratorio che confinava con il retro della Chiesa di S.Tommaso (chiesa demolita dell'Ottocento).

Nel 1321 il tabernacolo passò alla custodia dell'Arte dei Medici e Speziali. L'oratorio venne poi dismesso e ospitò una bottega.

Il Tabernacolo di S.Maria della Tromba venne poi ricostruito nel Seicento, ma quando iniziarono i lavori di "risanamento" ottocenteschi del centro città, venne spostato nell'attuale collocazione. 

Palazzo dell'Arte della Lana by night

Il Tabernacolo di S.Maria della Tromba è composto da un'edicola che poggia su due colonne tortili, sormontata da un frontone decorato.

L'edicola custodisce una tavola con l'immagine della Madonna seduta in trono col Bambino circondata da Santi e Angeli, opera già esistente negli anni della peste del 1348, realizzata da Jacopo da Cosentino. Purtroppo una grata e una vetrata non permettono di visualizzare bene l'opera.

grata del Tabernacolo di S.Maria della Tromba

Nella lunetta posta sopra questa immagine è stata dipinta da Niccolò di Pietro Gerini l'Incoronazione della Vergine (1380/1385).

lunetta: Incoronazione della Vergine (Niccolò di Pietro Gerini - 1380/1385) / sui lati: stemmi famiglie fiorentine

Ai lati dell'immagine sacra sono stati posti gli stemmi delle più importanti famiglie storiche di Fienze e più tardi gli stemmi di Margherita ed Elena di Savoia.

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Il secondo tabernacolo di cui vi voglio parlare è il Tabernacolo delle Fonticine.

Tabernacolo delle Fonticine

Questo tabernacolo si trova nel Quartiere S.Giovanni, su Via Nazionale in asse con Via dell'Ariento, la via sulla quale in passato si aprivano numerose botteghe di argentieri.

Fu qui posta sul muro del soppresso Convento di Fuligno nel 1850, ma la sua collocazione originaria era sulla vicina Via S.Caterina d'Alessandria

Il tabernacolo è così chiamato perché alla sua base si trova una fontana in marmo con sette teste di cherubino che erogano acqua raccolta da una vasca poggiante su tre mensole a zampa leonina.

La fontana e il tabernacolo, come si può leggere nell'iscrizione, furono commissionati nel 1552 dalla Potenza di Beliemme, una delle Potenze festeggianti fiorentine, una consorteria del popolo che si occupava di organizzare le feste popolari, sciolta insieme alle altre della città da Cosimo II nel 1629.

Il tabernacolo è composto da due colonne in pietra con capitelli corinzi sovrastati da dadi decorati con due teste di Angeli. Le colonne si appoggiano a due lesene con capitelli di ordine composito e sorreggono una volta semicircolare sporgente (in origine più profonda).

All'interno del tabernacolo si trova una pala in terracotta invetriata policroma: è opera di Girolamo della Robbia e forse anche del fratello Giovanni della Robbia.

Madonna in trono col Bambino, Santi e Padre Eterno (Girolamo e Giovanni della Robbia - 1552)

Nella pala è raffigurata la Madonna col Bambino circondata da Santi, Angeli e Padre Eterno.

Accanto alla Madonna si trovano i Santi Jacopo, Lorenzo e Giovannino, nelle nicchie laterali S.Barbara e S.Caterina d'Alessandria. Il Padre Eterno con lo Spirito Santo e Angeli si trovano nella parte alta della pala. Sulle cornici è stata realizzata una decorazione con foglie frutta, fogliami, i Santi Sebastiano, Antonio Abate e le testine dei Santi Domenico, Stefano, Santo vescovo, Francesco, Filippo Benizzi e Rocco.

CONCLUSIONI                                                                                                                           Le città d'arte come Firenze non sono solo importanti per i celebri monumenti da visitare e per i musei ricchi di opere d'arte da rimirare, lo sono anche per le bellezze nascoste ad ogni angolo di strada, che sono gli emblemi della storia della città e celano capolavori non sempre abbastanza valorizzati. Così. presi dalla fretta di recarsi da un sito turistico all'altro, ci si sofferma poco e spesso mai ad ammirare il museo a cielo aperto che queste città ci regalano. In questo momento difficile forse queste opere, non soggette a chiusura ed ad orari, possono vivere il loro momento di gloria e nello stesso tempo ci offrono la possibilità di scoprire e conoscere meglio le nostre città.



mercoledì 14 luglio 2021

Firenze: le strutture architettoniche e paesagistiche del Giardino di Boboli

Quando si visita il Giardino di Boboli, il grande parco annesso a Palazzo Pitti, si può scegliere di scoprirlo in maniera estensiva, camminando lungo i suoi viali e vialetti, e soffermarsi a guardare gli angoli paesaggistici o architettonici che nel tempo sono stati creati, mantenuti o trasformati, e che man mano appaiono lungo il nostro percorso, oppure si può fare una visita tematica, inseguendo una specie di fil rouge, alla ricerca delle fontane o delle grotte o delle costruzioni che costellano questo giardino.

Questo post tratterà degli edifici e delle architetture paesaggistiche che durante la nostra visita hanno attratto la nostra attenzione.

Durante la visita di Palazzo Pitti, gettando lo sguardo oltre le finestre, abbiamo avuto un assaggio di ciò che saremmo poi andati a visitare all'esterno. 

...dalle finestre di Palazzo Pitti

...dalle finestre di Palazzo Pitti

Usciti dal palazzo, attraversato il cortile interno, salita una rampa che conduce al giardino, e oltrepassato il Viale della Meridiana, ci si trova davanti all'Anfiteatro, il più antico teatro di corte rimasto a Firenze.

Anfiteatro

Per la sua forma a campana e la presenza di un obelisco al suo interno mi ha però ricordato di più una porzione di circo romano con tanto di meta, piuttosto che un anfiteatro.

Anfiteatro

L'Anfiteatro venne realizzato sull'asse principale del Giardino di Boboli, centrato con la facciata posteriore di Palazzo Pitti, dove un tempo si trovava una cava di pietraforte, il cui materiale fu estratto per la costruzione del palazzo, ma che era già stato cavato nel medioevo per lastricare le strade di Firenze.

l'Anfiteatro visto dalle sale di Palazzo Pitti

Il progetto dell'Anfiteatro come architettura vegetale fu realizzato da Niccolò di Raffaello Pericoli detto il Tribolo per Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I.

Il cosiddetto "Anfiteatro di verzura" a forma di ferro di cavallo venne realizzato nel 1550 (dopo la morte del Tribolo), sotto la direzione di Davide Fortini e venne così chiamato perché costituito da terrazzamenti di lecci, cipressi, cerri, faggi, tigli, querce, frassini e frutti nani.

CURIOSITA': nel 1615 l'idea dell' "Anfiteatro di verzura" fu copiata per realizzare i Giardini del Lussemburgo a Parigi per Maria de' Medici. 

Giardini di Lussemburgo (Parigi)

Nel 1553 Giovanni Fancelli scolpì una fontana con vasca in granito che venne posta al centro dell'Anfiteatro, sostituita poi nel 1576 dalla Fontana dell'Oceano realizzata dal Giambologna, anch'essa smantellata e poi spostata sull'Isolotto del giardino nel 1618 (oggi la statua originale di Oceano si trova esposta al Museo Nazionale del Bargello).

Oceano (Giambologna - 1572/1574 - Museo Nazionale del Bargello)

Nel frattempo (1561/1564) Bartolomeo Ammannati aveva costruito muri di sostegno, decorati con cimase e decorazioni in pietraforte.

Fu Cosimo II a voler trasformare l' "Anfiteatro di verzura" in un anfiteatro in muratura, un teatro all'aperto con gradinate. Ma i lavori intrapresi vennero sospesi per la morte dello stesso Cosimo II. 

Nel 1630 la realizzazione delle opere in muratura fu ripresa per volere di Ferdinando II sotto la direzione di Giulio Parigi.

Il progetto prevedeva la costruzione di sette gradinate collegate da "bobole", ossia scale interne, ma vennero realizzate solo le gradinate del lato Sud.

Nella parte superiore delle gradinate vennero costruite grandi nicchie in pietra bigia che vennero occupate da statue classiche, copie in marmo dall'antico o nuovi soggetti come l'Apollino di Michelangelo (oggi conservato al Museo Nazionale del Bargello). Vi erano anche statue di cani in pietra serena, rimosse poi nel 1652. In cima alla curva vi era anche un arco con due pilastri monumentali, smantellato nel 1634. 

gradinate dell'Anfiteatro

edicole con statue e vasi a finto marmo

scale d'accesso alle gradinate


L'Anfiteatro fu inaugurato nel 1637 in occasione dell'incoronazione a granduchessa di Toscana di Vittoria della Rovere (moglie di Ferdinando II).

Divenne un luogo in cui si svolgimento feste, rappresentazioni teatrali e caroselli equestri, con magnifiche scene e fuochi d'artificio.

Si ricorda che per le nozze di Cosimo III con Margherita Luisa d'Orléans (1661) lo scultore Ferdinando Tacca allestì le scene del Mondo Festeggiante e che nel periodo lorenese, in occasione dell'arrivo del Granduca Francesco Stefano di Lorena (1739), furono rappresentate le Fatiche d'Ercole

Ma quando la linea granducale dei Medici si estinse e il palazzo passò ai Lorena l'architetto Jean-Nicolas Jadot trasformò la platea in giardino all'italiana e l'Anfiteatro perse la sua funzione di location per spettacoli.

Nel 1764 venne alzato il livello della platea interrando i cosiddetti "vomitatoria" (corridoi d'accesso), e realizzando le gradinate a tenaglia attuali. Fu anche costruito un viale carrabile che lo collegasse al Cortile di Bacco.  

Nel 1765 con il Granduca Pietro Leopoldo I l'Anfiteatro divenne l'ambientazione per feste campestri, a volte aperte anche al pubblico (come incominciò a essere di moda per esempio alla Reggia di Caserta o a Villa Borghese a Roma).

In questo periodo furono aggiunti vasi in terracotta dipinti a finto marmo tra le 24 edicole di coronamento.

Nel 1780, su progetto di Niccolò Gaspero Paoletti, venne anche posto al centro dell'Anfiteatro un obelisco egizio in granito rosa alto 6,34m.

obelisco egizio (XIII sec.a.C.)

obelisco egizio (XIII sec.a.C.) e vasca (epoca romana)

L'obelisco, risalente al regno di Ramsete II (XIII secolo a.C.), era stato portato a Roma in epoca domizianea (I secolo d.C.) da Eliopoli, ed eretto nel Tempio di Iside in Campo Marzio

Il granito dell'obelisco proviene da Assuan. Le iscrizioni sulle sue facce ricordano Atum, divinità egizia, creatore della teologia eliopolitana.

Quando nel Cinquecento l'obelisco venne disseppellito, venne acquistato dal cardinale Fernando de' Medici e collocato nel giardino di Villa Medici a Roma (dove oggi si trova una copia dell'obelisco). 

Giardino di Villa Medici (Roma): copia dell'Obelisco Mediceo del Giardino di Boboli

Per volere del Granduca Pietro Leopoldo, l'obelisco venne spedito a Firenze insieme ad altre opere d'arte romana, tra le quali anche la vasca di granito grigio proveniente forse dalle Terme Alessandrine di Roma, posta anch'essa al centro della platea dell'Anfiteatro nel 1840

vasca in granito grigio (epoca romana - forse dalle Terme Alessandrine di Roma)

La vasca scolpita in un unico blocco, è lunga 7,18m. E' la più grande vasca che ci proviene dal mondo antico. 

Inizialmente la vasca venne posta su una base ovale a gradini, affiancata da due figure in bronzo. Da questa base (che venne smantellata e oggi si trova al Museo Nazionale del Bargello), scaturiva acqua che si versava nella vasca.

Più recentemente l'Anfiteatro ha ospitato concerti, edizioni del Maggio Fiorentino, saggi ginnici in epoca fascista e negli anni '40 dello scorso secolo fu diviso in orti di guerra.

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Proseguiamo lungo l'asse principale del giardino che s'inerpica sulla collina di Boboli: superata la Vasca del Nettuno e giunti alla Statua dell'Abbondanza, se ci dirigiamo verso destra si giunge ad una doppia rampa di scale a tenaglia (ovvero curve e che s'incrociano), che abbracciano una torretta cilindrica terrazzata affiancata da due statue di Muse. Questa struttura (in restauro durante la nostra visita come tutta questa parte del Giardino di Boboli) fu progettata da Zanobi del Rosso (1790/1793).

panorama dal terrazzino del torretta

Al termine di queste scale si accede al Giardino del Cavaliere posto al confine Sud-Est del Giardino di Boboli.

Giardino del Cavaliere

E' il punto più elevato del giardino e fu realizzato su un bastione realizzato su disegno di Michelangelo nel 1529.

Nell'area del bastione s'intersecano le mura duecentesche e quelle fatte costruire da Cosimo I durante la guerra contro Siena (1546/1548).

Il bastione viene anche detto "cavaliere": il giardino prende forse nome da questo termine dell'architettura militare o forse dal fatto che su questo terrapieno si trovava una costruzione in cui viveva il cavaliere Malatesta Baglioni.

Il giardino fu inizialmente adibito alla coltivazione dei "semplici" cioè di quelle piante ad uso medicinale, ma successivamente divenne un "giardino segreto", recintato da mura e realizzato su disegno di Giulio Parigi e Gherard Mechini (1612).

muro di recinzione del Giardino del Cavaliere

un vaso "Medici" che decora la sommità del muro di recinzione

Le aiuole ortogonali che compongono il giardino sono delimitate da siepi di bosso al cui interno sono piantate dalie e rose odorose.

aiuole del Giardino del Cavaliere

aiuole del Giardino del Cavaliere

La vasca ottagonale in marmo con Putto in marmo (XVI secolo), attribuita a Pierino da Vinci o a Stoldo Lorenzi, fa parte della Fontana delle scimmie, così detta perché la fontana è decorata anche da tre scimmie in bronzo realizzate nell'ambiente di Pietro Tacca nel XVII secolo. 

Fontana delle scimmie (senza scimmie perché in ristrutturazione)

particolare della Fontana delle scimmie: Putto pescatore (Pierino da Vinci o a Stoldo Lorenzi - XVI sec.)

Dal giardino si può godere di un panorama a 360° sulla città e sulle colline che circondano Firenze.

colline di Arcetri con la Torre del Gallo

Prospiciente il Giardino del Cavaliere vi è la Palazzina del Cavaliere che oggi ospita il Museo delle Porcellane.

facciata della Palazzina del Cavaliere (oggi Museo delle Porcellane)

Il cosiddetto "Casino del Cavaliere" venne fatto erigere alla fine del Seicento da Cosimo III per il figlio Giangastone. 

Divenne poi sede dei festeggiamenti estivi dei Lorena e al periodo lorenese risale la decorazione neoclassica della facciata, realizzata da Zanobi del Rosso.

La facciata della palazzina è spartita da dieci lesene con capitelli ionici. Gli spazi tra le lesene sono decorati con motivi geometrici.  

Cinque portefinestre chiuse da persiane si aprono nella facciata.

Come coronamento la facciata presenta una cornice sporgente ornata da una serie di sei vasi in terracotta che s'alternano a sei statue sempre in terracotta.

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Ritornando sui propri passi, e dirigendosi a sinistra del primo asse (verso Nord-Est), dopo aver costeggiato il Forte Belvedere, si giunge al Kaffeehaus.

Kaffeehaus

Nonostante il nome della costruzione ci faccia pensare al caffè, era questo il luogo i cui gli ospiti dei Lorena venivano a degustare una bevanda divenuta di moda all'epoca: la cioccolata in tazza.

Kaffeehaus

Chiamato anche "Nuovo Casino sotto la Fortezza" o "Casino di delizia", è un padiglione a pianta circolare in stile rococò voluto dal Granduca Pietro Leopoldo e realizzato nel 1776 da Zanobi del Rosso. 

La facciata s'ispira al barocchetto viennese e al gusto orientaleggiante dell'epoca. 

Per la cupola a cipolla finestrata venne infatti detto "padiglione alla chinese".

cupola del Kaffeehaus

cupola del Kaffeehaus

Il colore originale dei paramenti esterni era il cosiddetto "verde lorenese", che venne poi sostituito da un "rosso pompeiano" in epoca sabauda. Quello che vediamo oggi è frutto di un ripristino dell'aspetto originale avvenuto tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 del Novecento. 

Kaffeehaus

Terrazze marcapiano evidenziano i suoi tre livelli.

terrazza marcapiano del primo piano

particolare della terrazza marcapiano

La base della costruzione rivolta verso il giardino è abbracciata da una scala a doppia tenaglia. Tra le due scale si trova una grotticina artificiale.

scala a tenaglia del Kaffeehaus e Giardino di Ganimede

grotticina alla base del Kaffeehaus

Al piano terra della costruzione si trovano la cucina e altri ambienti di servizio. Il primo piano invece è occupato centralmente dalla cosiddetta "Grande Stanza" decorata come una grande voliera dalla quale si scorge un giardino con boschetti e fontane. Circondano la "Grane Stanza" piccoli salottini appartati detti "di ritirata", le cui pareti sono state decorate con scene a soggetto bucolico o araldico. 

Si occuparono della decorazione degli interni Giuseppe del Moro, Giuliano Traballesi e Pasquale Micheli.

Durante la nostra visita l'interno del Kaffeehaus non era accessibile.

ingresso del Kaffeehaus

Davanti al Kaffeehaus si trova il degradante Giardino o Prato di Ganimede.

Giardino di Ganimede

Giardino di Ganimede

All'epoca di Eleonora di Toledo quest'area era coltivata con viti e alberi da frutta, poi suddiviso in parterres con piante e fiori.

terrazzamenti degradanti del Giardino di Ganimede

Il giardino prende il nome dal soggetto della statua che decora la Fontana di Ganimede: il giovane Ganimede con l'aquila ad ali spiegate che rappresenta Giove, opera in marmo di Battista Lorenzi (XVII secolo), sostituita oggi nel giardino da una copia in resina.

Fontana di Ganimede (XVIII sec. / Giove con l'Aquila: Battista Lorenzi - XVII sec.)

Anche da questo angolo del Giardino di Boboli il panorama su Firenze è meraviglioso.

panorama su Firenze dal Giardino di Ganimede

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Se invece usciti da Palazzo Pitti si prende il viale alla destra dell'edificio principale, si costeggia la Palazzina della Meridiana.

facciata della Palazzina della Meridiana rivolta verso il giardino: ingresso laterale destro con leoni

Questa costruzione neoclassica realizzata sotto il Granduca Pietro Leopoldo venne abitata in successione dalla famiglia dei Lorena, da Maria Luisa di Borbone-Parma, da Elisa Bonaparte Baciocchi, da Ferdinando III Lorena e dai Savoia. 

Oggi la palazzina ospita il Museo della moda e del Costume.

Museo della moda e del costume

La palazzina deve il suo nome alla Sala della Meridiana dove si trova una meridiana a camera oscura realizzata tra il 1693 e il 1696 sotto la consulenza astronomica del matematico di corte Vincenzo Viviani (discepolo di Galileo e membro dell'Accademia del Cimento).

lamina della meridiana a camera oscura (1663/1669)

Il foro gnomonico è posto nell'affresco di Anton Domenico Gabbiani che raffigura l'
Allegoria del Tempo che esalta la Scienza e calpesta l'Ignoranza e, insieme al Merito, rendono omaggio a Galileo Galilei e Amerigo Vespucci.

Allegoria del Tempo che esalta la Scienza e calpesta l’Ignoranza e, insieme al Merito, rendono omaggio a Galileo Galilei e Amerigo Vespucci (Anton Domenico Gabbiani - 1669)

particolare dell'affresco con i ritratti di Galileo Galilei e di Amerigo Vespuccci

foro gnomonico nell'affresco

La palazzina, realizzata come estensione di Palazzo Pitti, fu iniziata nel 1778 da Gaspare Maria Paoletti e portata a termine da Pasquale Poccianti.

La facciata rivolta verso il giardino appare come un lungo e basso fabbricato. La parte centrale è sopraelevata. I due ingressi laterali presentano una breve scalinata e un frontone triangolare. L'ingresso laterale sinistro presenta anche una tettoia in vetro e ferro sostenuta da colonnine in ghisa (progetto di Ernesto Piazza - 1874). L'ingresso laterale destro è adornato con due leoni in marmo.

facciata della Palazzina della Meridiana rivolta verso il giardino: ingresso laterale sinistro con tettoia

Davanti alla Palazzina della Meridiana si trova il Prato di Pegaso, così chiamato dalla scultura in marmo raffigurante il mitico cavallo Pegaso, opera di Aristodemo Costoli (1865).

Prato di Pegaso

Ad ispirare l'artista fu una moneta attribuita a Benvenuto Cellini, che l'artista realizzò per il cardinale Pietro Bembo nel 1537, conservata al Museo Nazionale del Bargello

Pegaso (Aristodemo Costoli - 1865)

La statua di Pegaso fu realizzata per il Parco delle Cascine ma collocata poi qui al posto di una statua di Giunone.

CURIOSITA': questa scultura è divenuta il simbolo della Regione Toscana e fu usata come elemento scenico per le rappresentazioni teatrali del Maggio Fiorentino.

Trovano collocazione in questo spazio verde, che per la distribuzione asimmetrica degli alberi ricorda un giardino inglese, anche una grande vasca di granito grigio e altre opere marmoree.

vasca in granito grigio
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Proseguendo oltre la Palazzina della Meridiana si arriva davanti alla cancellata che delimita la Limonaia.

Limonaia

La Limonaia o Stanzone degli Agrumi venne realizzata su progetto di Zanobi del Rosso tra il 1777 e il 1778.

Al posto di questa nuova costruzione vi era il Serraglio degli Animali, fatto costruire da Cosimo III nel 1677 per tenervi gli animali per la cucina e per la caccia, ma anche animali esotici donati da sovrani stranieri.
Il Serraglio venne dismesso dal Granduca Pietro Leopoldo d'Asburgo-Lorena (1776) e gli animali vennero portati alla Menagerie del Belvedere di Vienna.

I Medici furono tra i primi a diffondere la moda degli agrumi nei loro giardini: tra il 1554 e il 1568 Cosimo I diede l'avvio alla raccolta di piante di agrumi che darà vita alla collezione citrografica dei Medici, una delle più importanti dell'Europa rinascimentale. La collezione raggiunse il suo apice con Cosimo III. 

Nel Giardino di Boboli gli agrumi erano esposti soprattutto nel Giardino dell'Isola: limoni, cedri, pompelmi, citrongoli, melangoli, chinotti, mandarini, limette...

Nei mesi più freddi dell'anno le piante di agrumi venivano protette all'interno del cosiddetto Stanzonaccio presso il Giardino della Lavacapo (giardino così chiamato per la presenza del gruppo scultoreo che raffigura una donna che lava il capo ad una giovinetta) e in un altro edificio presso Porta Romana, ma per il grande numero di piante collezionate queste strutture adibite al loro ricovero divennero insufficienti.

Sorse così la necessità di costruire la Limonaia, un edificio lungo 106 m. e largo 8 m. orientato verso Sud per ricevere la luce e il calore del sole.

Limonaia

La facciata in stile rococò, tinteggiata di verde lorenese, è scandita da lesene che la dividono in quattro campate, ognuna aperta da quattro finestroni sormontati da altrettante finestre incorniciate. Vi sono anche tre portali coronati da cartigli decorati con festoni con frutta colorati in bianco calce. Il cornicione della facciata è modanato.

facciata della Limonaia

facciata della Limonaia

Gli intonaci e gli infissi sono originali. 

finestra della Limonaia

finestra della Limonaia

La parte sinistra della Limonaia fu ampliata da Giuseppe Cacialli nel 1816: venne costruito il cosiddetto "stanzoncino" per gli attrezzi e lo "scrittoio del giardiniere", un locale riservato al Capo Giardiniere, dove oggi si trova in armadi settecenteschi l'esposizione di una collezione di calchi di agrumi.

Al Cacialli si deve anche il disegno delle facciate delle due ali laterali in stile neoclassico.

All'interno della Limonaia corrono due lunghi muretti: per permettere agli agrumi di ricevere sole senza coprirsi l'un l'altro, i muretti sono di diversa altezza.

muretti per i vasi degli agrumi all'interno della Limonaia

In questa costruzione si ricoverano ancor oggi 500 conche con piante di agrumi per proteggerle dal freddo tra settembre ed aprile: un impianto di riscaldamento permette oggi di mantenere la temperatura superiore agli 8°C. 

Le "conche" sono grandi vasi in terracotta realizzati artigianalmente ad Impruneta e decorati con fregi e stemmi di epoca granducale (XVII/XVIII secolo). 

Davanti alla Limonaia si trova un giardino composto da quattro aiuole in cui vengono coltivate rose e piane che fioriscono in periodi diversi. Anche in questo giardino trovano posto circa 80 piante di agrumi.

giardino della Limonaia

piante di agrumi del giardino della Limonaia

aiuola fiorita del giardino della Limonaia

aiuola fiorita del giardino della Limonaia

aiuola fiorita del giardino della Limonaia

Il giardino è chiuso da alte mura e da una cancellata realizzata nel 1822 decorata nella parte superiore con lance, picche e ananas: proprio davanti alla Limonaia vi era il Giardino degli Ananassi (oggi chiamato Giardino della Botanica Superiore), dove veniva coltivato questo frutto insieme ad altre piante esotiche quali il caffè provenienti dal Nuovo Mondo.

ingresso del Giardino della Botanica Superiore

Giardino della Botanica Superiore

Sui pilastri della cancellata della Limonaia sono state poste due statue classiche raffiguranti due Muse.

Muse della cancellata della Limonaia

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Nella visita del Giardino di Boboli non può mancare una passeggiata lungo il cosiddetto Viottolone, il lungo e largo viale di cipressi che collega la parte più alta del giardino mediceo, nei pressi del Forte del Belvedere, con la Vasca dell'Isola.

Viottolone

Fontana dell'Oceano della Vasca dell'Isola e Viottolone

Il Viottolone divenne l'asse dell'ampliamento del Giardino di Boboli verso Porta Romana, realizzato nei primi decenni del Seicento. I cipressi furono piantati nel 1637.

Viottolone

Lungo il Viottolone statue classiche e gruppi scultorei barocchi decorano gli incroci con i tre viali trasversali che lo intersecano. 

statue agli incroci tra il Viottolone e i viali trasversali

statue agli incroci tra il Viottolone e i viali trasversali

Partendo dal Prato dell'Uccellare, le prime due statue che s'incontrano raffigurano i due Tirannicidi ateniesi Amodio e Aristogitone che uccisero il tiranno Ipparco (514 a.C.).

Le sole parti antiche di queste statue (ritenute inizialmente due Gladiatori), sono i torsi. La statua a sinistra, giunta a Firenze insieme all'altra che raffigura un Giovane da Villa Medici a Roma, è una copia dell'Aristogitone del gruppo in bronzo realizzato nel 447 a.C. dagli scultori ateniesi Kritios e Nesiotes.

Del gruppo originale andato perduto si conserva una copia romana di epoca adrianea (II sec. d.C.), ritrovata a Villa Adriana a Tivoli e appartenuta alla Collezione Farnese, oggi custodita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Tirannicidi (copia romana di II sec.d.C.da originale greco di V sec.a.C. - Museo Archeologico Nazionale - Napoli)

Incominciando la discesa del viale, il primo incrocio è segnato dalle quattro statue raffiguranti la Prudenza e Esculapio con Ippolito morente (da Policleto) opere di Giovanni Caccini, e Autunno/Bacco e Estate/Cerere opere di Raffaello Petrucci.

Esculapio con Ippolito morente (Giovanni Caccini)


Autunno/Bacco (Raffaello Petrucci)

Estate/Cerere (Raffaello Petrucci)

Prudenza (Giovanni Caccini)

All'incrocio del Viottolone con il secondo viale trasversale si trovano la settecentesca statua di Andromeda e le tre antiche statue romane raffiguranti un Senatore, Bacco e un Filosofo calvo.

Filosofo calvo (identificato con Scipione l'Africano - II sec.d.C. con rifacimenti settecenteschi)

Senatore (identificato con l'imperatore Settimio Severo - II sec.d.C.)

Bacco (I sec.d.C. con rifacimenti sette-ottocenteschi)

Andromeda (attr. Michelangelo Nacherino - XVIII sec.)

Al terzo incrocio si trovano le statue di Esculapio, un'altra statua di Andromeda, una statua raffigurante una Ninfa e una che rappresenta la Modestia.

Ninfa


Modestia

Andromeda

Esculapio

Poco oltre si trovano i gruppi scultorei che rappresentano passatempi popolani: i Giocatori della Pentolaccia opera in marmo di Giovanni Battista Capezzuoli (1780) e i Giocatori del Saccomazzone opera in pietra serena di Orazio Machi e Romolo Ferrucci detto del Tadda (1615/1620).

Giocatori del Saccomazzone (Orazio Machi e Romolo Ferrucci detto del Tadda - 1615/1620)

Giocatori della Pentolaccia (Giovanni Battista Capezzuoli - 1780)

CURIOSITA': Il gioco del saccomazzone aveva come scopo quello di scacciare l'avversario colpendolo con una lunga striscia annodata (in questo gruppo scultoreo è la striscia è andata persa). I giocatori erano bendati e con l'altra mano si tenevano ad una roccia.

Prima di terminare al cancello della Vasca dell'Isola (raccontata nel post delle fontane del  Giardino di Boboli), il selciato del Viottolone è decorato con una rosa dei venti, una stella ad otto punte realizzata con ciottoli di diversi colori.

Viottolone: la Rosa dei venti

A partire dal XVII secolo andarono ad affiancare il Viottolone tre labirinti, ragnaie per la cattura degli uccelli e le cosiddette cerchiate, dei tunnel vegetali formati dai rami intrecciati di piante.

 

ATTENZIONE: A causa dell'emergenza COVID-19 il giardino potrebbe essere chiuso o subire variazioni di orari o modalità di visita. Consultare il sito:

/www.uffizi.it/giardino-boboli

Costo: 6€

CONCLUSIONI                                                                                                                           E' difficile descrivere il Giardino di Boboli in un solo post cercando di scendere un po' nei dettagli e quindi vi invito a leggere oltre a questo anche i post che riguardano le grotte e le fontane che decorano questo parco. Se volete visitare il Giardino di Boboli in modo accurato dovete infatti mettere in previsione una visita di almeno tre ore.