venerdì 21 aprile 2017

Roma: Palazzo Venezia


Palazzo Venezia è la più grande opera civile del Quattrocento romano.

Il palazzo ha una paternità incerta: Leon Battista Alberti, Giuliano da Maiano (al quale si attribuisce il portone principale del palazzo), Bernardino Rossellino o forse Francesco del Borgo sono i nomi ai quali viene attribuito il progetto.

complesso di Palazzo Venezia (visto dalla terrazza del Vittoriano)
Palazzo Venezia è costituito da due corpi di fabbrica: il cosiddetto Palazzetto  costruito nel 1455 tra le attuali Piazza Venezia e Piazza S.Marco (e che venne spostato nel 1911/1913 alla sinistra della Basilica di S.Marco), e il corpo principale tra Via del Plebiscito, Via degli Astalli e Piazza Venezia.

Alla destra della Basilica di S.Marco sorgeva in epoca medievale una casa costruita dal presbitero Giovanni d'Anagni.
La casa alloggiava i cardinali titolari della chiesa.

Nel 1440, quando ancora non era titolare della chiesa, vi andò ad abitare il Cardinale Pietro Barbo, nobile veneziano, pronipote di Gregorio XII e nipote di papa Eugenio IV.
Nel 1455, divenuto cardinale di S.Marco, sistemò e riadattò l'edificio medievale, per poi farlo divenire alla sua elezione al soglio pontificio (1464) una residenza papale.

Il suo appartamento privato alloggiato al piano nobile del palazzo s'affacciava sull'attuale Piazza Venezia, chiamata allora Platea Nova, e occupava quindi il fianco sud-est dell'edificio.

facciata di Palazzo Venezia con l'Appartamento Barbo
Questa facciata coronata da merli e beccatelli, presenta al centro una porta architravata decorata con borchie e mostaccioli, eseguita forse nel 1467.
Dalle mensole che reggono l'architrave pendono due stemmi del Cardinale Marco Barbo, mentre al centro aggetta una testa leonina.

parte centrale della facciata su Piazza Venezia con portale, finestrella, balcone, merli e beccatelli
La finestrella al di sopra della porta donava luce all'androne.
E' decorata con due cornucopie e lo stemma di Paolo II.

portale centrale con finestrella dell'androne
Al livello dell'ammezzato presenta a sinistra del portale sei finestre marmoree centinate ad arco, che hanno sostituito le finestre rettangolari del palazzo cardinalizio (1870/1909).

Le finestre originali sono infatti le quattro a destra del portale tra cui si trova la porta della Cappella della Madonna delle Grazie, spostata qui nel 1911.
Lo stemma sopra la porta apparteneva all'ambasciatore Antonio Grimani.

porta della Cappella della Madonna delle Grazie
Al primo piano, al di sopra de marcapiano, vi sono dieci finestre a croce marmoree col nome e lo stemma di Paolo II.
L'iscrizione tra la prima e la seconda finestra ricorda la costruzione del palazzo cardinalizio e porta lo stemma del Cardinale Pietro Barbo.

finestre dell'ammezzato e del primo piano
Al posto del balcone, all'epoca del Cardinale Pietro Barbo, vi era una finestra
come le altre.
Il balcone a balaustri con il simbolo di S.Marco venne infatti realizzato nel 1714.

Al secondo piano vi sono finestre rettangolari architravate, non esistenti all'epoca del Cardinale Pietro Barbo.
Vi erano invece finestre al centro della facciata, ma ad un livello superiore.

All'angolo sinistro della facciata si trova la Torre della Biscia, che venne prima alzata e munita di merli e beccatelli (1465/1470) e poi alzata ulteriormente di tre piani in un successivo tempo. 

Torre della Biscia (lato su Piazza S.Marco)
La soprelevazione della torre presentava tre finestre su ognuno dei tre piani.
Le finestre centrali della facciata della torre su Piazza Venezia furono chiuse.

angolo del palazzo con Torre della Biscia
Facevano parte del cosiddetto Appartamento Barbo (partendo dalla Torre della Biscia verso Via del Plebiscito), due anticamere, uno studio (Camera della Torre nella quale veniva custodita la ricca collezione del pontefice di gemme, medaglie, stoffe preziose e oreficeria), la camera da letto, la cosiddetta Sala delle Fatiche d'Ercole e la Sala del Pappagallo.

La Sala delle fatiche d'Ercole venne anche chiamata Sala dei paramenti,  perché era in questo luogo che il papa indossava i paramenti pontificali.

Sala delle Fatiche d'Ercole
La sala, attualmente in restauro, prende il nome dal fregio nel quale sono rappresentate le Fatiche d'Ercole e le Fontane d'amore, eseguite nel 1470/1480 nella parte alta dell'ambiente.
Attribuite in un primo tempo ad un pittore lombardo bramantesco, oggi si tende a pensare che le pitture del fregio siano opera del miniaturista Giuliano Amidei.

fregio della Sala delle fatiche d'Ercole
In otto riquadri sono raffigurate alcune delle 12 fatiche dell'eroe: Ercole e il leone Nemeo, Ercole e Anteo, Ercole e i buoi di Gerione, Ercole e Gerione, Ercole e il drago Ladone, Ercole e la cerva di Cerinea, Ercole e gli uccelli di Stinfalo, Ercole e il centauro Nesso.
Questi riquadri sono intervallati da quattro fontane con amorini.
Il soffitto è ligneo.

Segue la Sala del Pappagallo con soffitto dipinto con lo stemma Barbo e un fregio con putti.
La sala fu così chiamata perché qui il papa teneva un pappagallo.

soffitto della Sala del Pappagallo
Il soffitto ligneo decorato con motivi ornamentali è sorretto da travi con mensole doppie.
Al di sotto del soffitto corre un fregio con puttini che reggono festoni, e lo  stemma araldico Barbo.

soffitto con puttini con festoni e stemmi Barbo della Sala del Pappagallo
Fu proprio in questa sala che il 24 luglio 1943 si tenne l'ultimo incontro del Gran Consiglio del Fascismo.

Non potendo avere il palazzo un cortile interno per mancanza di spazio, venne allora costruito, a fianco della facciata della Basilica di S.Marco e addossato alla Torre della Biscia, protratto verso l'attuale Piazza Venezia, il cosiddetto Viridarium o giardino segreto.

plastico di Palazzo Venezia e del Viridarium nella sua collocazione originaria
Quindi per accedere al giardino dall'appartamento papale bisognava passare dalla Torre della Biscia.

pianta di Palazzo Venezia, della Basilica di S.Marco e del Viridarium nella sua sede originale
Era un giardino pensile, costituito da un portico quasi trapezoidale, sopraelevato di 3m rispetto al piano stradale antico.

Il basamento era al livello dell'ammezzato del palazzo, dove si trovavano le stalle e botteghe artigiane.
 
Originariamente (1455) era un portico che racchiudeva un giardino segreto (viridarium), una costruzione ad un solo piano coronato da merli e beccatelli, ma venne poi sopraelevato.

Palazzetto e viridarium
I due ordini di logge porticate erano inizialmente aperti verso l'esterno.

Gli elementi architettonici in travertino sono ripresi dall'architettura romana. Negli ordini sovrapposti e nel cornicione con fregio a mensole richiama l'architettura del Colosseo.

loggiati del Palazzetto
Sorreggono le arcate del primo livello pilastri ottagonali con capitelli compositi, mentre colonne con capitelli ionici sorreggono le arcate del secondo livello.

loggiato superiore del Palazzetto
loggiati del Palazzetto
Il piano nobile aveva finestre a croce guelfa.

facciate del Palazzetto (nella sua posizione attuale tra Piazza S.Marco e Largo Enrico Berlinguer
Tra il 1537 e il 1770 le arcate del portico furono chiuse e divenne un piccolo palazzo, il cosiddetto Palazzetto.

merlatura del Palazzetto
Nel giardino vi erano siepi tagliate in forme geometriche e un agrumeto.
Al centro del giardino vi era una cisterna di forma ottagonale con lo stemma del Cardinale Marco Barbo.

In questo giardino si svolgevano feste, e sotto i portici erano esposti reperti antichi.

Per far sorgere in Piazza Venezia un mercato coperto, nel 1811 fu decretato che il cosiddetto Palazzetto fosse demolito, ma Antonio Canova e Vivant Denon (prefetto dei Musei Imperiali Francesi), riuscirono a salvarlo.

Viridarium (Palazzetto) nella sua pozione attuale (visto dalla terrazza del Vittoriano)
Ma nel 1909/1910 si procedette alla demolizione e alla sua ricostruzione nella sede attuale (1911/1913), sul lato sud-ovest del complesso, tra Via degli Astalli e Via di S.Marco.
Vennero sacrificate però 8 arcate.

foto dei lavori di demolizione e ricostruzione del viridarium (1911/1913)
Sono stati murati sul lato esterno del nuovo Palazzetto stemmi di Paolo II.

stemmi di Paolo II sui muri esterni del Palazzetto
stemma di Paolo II sul muro esterno del Palazzetto
Nel 1464 il Cardinale Pietro Barbo fu eletto papa col nome di Paolo II e decise di trasformare la sua residenza cardinalizia in palazzo papale, l'unica sede pontificia posta al di fuori delle mura vaticane.

stemma ligneo di Paolo II forse montato nella Sala del Mappamondo (1470)
busto di Paolo II (bottega di Paolo Romano)
Per questo venne ampliato il complesso cardinalizio che passò da 700mq a 11.000 mq (compreso il giardino).

All'interno del palazzo fu costruita la cosiddetta Sala del Mappamondo (1466/1467) che misura 280mq.

Sala del Mappamondo
Sala del Mappamondo
La sala prende il nome da una mappa terrestre policroma del cosmografo Girolamo Bellavista, andata perduta, collocata un tempo al centro della parete maggiore, sotto lo stemma di Innocenzo VIII e del Cardinale Lorenzo Cybo.

La sala veniva chiamata anche Sala Tertia perché era la terza sala in ordine d'entrata nel palazzo.

Sisto IV della Rovere fece decorare per primo la sala, che venne ultimata sotto il pontificato di Innocenzo VIII.

Nel '600 vennero aggiunte piccole vedute e scene marine.

L'attuale decorazione architettonica illusionistica fu ripristinata negli anni '20 del secolo scorso sulla base dei resti degli affreschi del '400 rinvenuti in fase di restauro.
Federico Hermanin che curò i lavori, attribuì gli affreschi ad Andrea  Mantegna (1488).

decorazione illusionistica delle pareti con stemma di Innocenzo VIII e del Cardinale Lorenzo Cybo
Sulle pareti sono raffigurate colonne corinzie su basi classiche.
Sull'architrave sono rappresentati i Dottori della Chiesa ritratti in medaglioni che si alternano a sei sfingi alate.

fregio con ritratto di Dottore della Chiesa e sfingi alate
particolare del fregio con ritratto di Dottore della Chiesa e sfingi alate
particolare del fregio con ritratto di Dottore della Chiesa e sfingi alate
basi classiche delle colonne
Sulle strombature della finestra del balcone settecentesco della sala, fatto costruire dall'ambasciatore Niccolò Duodo e divenuto famoso in epoca fascista per i discorsi del Duce, vi è un'iscrizione novecentesca che riporta che i ritratti sono d'ispirazione mantegnesca.

strombatura della portafinestra
strombatura della portafinestra


affaccio del balcone della Sala del Mappamondo
Su un lato corto della sala si trova il grande camino (l'unico camino rimasto dell'antico palazzo), con lo stemma del Cardinale Marco Barbo.

camino della Sala del Mappamondo
Molto bello è il fregio con nastri, frutta e fiori attribuito sempre da Federico Hermanin a Mino da Fiesole e Giovanni Dalmata.

camino della Sala del Mappamondo
Il soffitto con gli stemmi di Roma e di Venezia, è opera di restauro novecentesca.
E' stato preso d'esempio il soffitto della Chiesa di S.Vittore a Vallerano in provincia di Viterbo.

soffitto della Sala del Mappamondo
soffitto novecentesco della Sala del Mappamondo
Nel 1715 l'ambasciatore Niccolò Duodo fece dividere la sala in due ambienti, e la fece soppalcare per ricavare in totale nove stanze.
Queste suddivisioni vennero rimosse negli anni '20.

Del secolo scorso è anche il pavimento in marmo bianco e nero.

pavimentazione della Sala del Mappamondo
particolare della pavimentazione della Sala del Mappamondo
particolare della pavimentazione della Sala del Mappamondo
particolare della pavimentazione della Sala del Mappamondo
Una cornice a mosaico riprende i temi decorativi marini delle Terme del Nettuno di Ostia Antica.

particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
particolare della cornice a mosaico del pavimento della Sala del Mappamondo
Al centro della pavimentazione vi è un mosaico di Pietro d'Achiardi che raffigura il Ratto di Europa.

Ratto di Europa (Pietro d'Achiardi)
particolare del mosaico
particolare del mosaico
Nella Sala del Mappamondo nel 1471 Paolo II nominò Borso d'Este Duca di Ferrara, e in quell'occasione si svolse in questa sala una gran festa.
Nel 1495 il re di Francia Carlo VIII soggiornò nel palazzo su invito di Alessandro VI Borgia.
Nella Sala del Mappamondo Carlo V e Paolo III Farnese nel 1536 decisero la convocazione del Concilio di Trento.
Nel 1468 il palazzo subisce un ulteriore ampliamento con la costruzione della facciata su Via del Plebiscito.

facciata del palazzo su Via del Plebiscito
Fu realizzato il bellissimo portale d'ingresso del palazzo sull'antica Via Papale (oggi Via del Plebiscito).
Il portale ha semicolonne corinzie scanalate poggianti su basi con stemmi del Cardinale Marco Barbo.
Il timpano è decorato con due angeli reggenti lo stemma di Paolo II.

portale d'ingresso della facciata su Via del Plebiscito
Ai lati del portale, al livello del suolo si trovano a sinistra otto finestre con inferriate per arieggiare le cantine, mentre a destra n'è rimasta solo una.

Al pian terreno ci sono ora finestre a sesto semicircolare moderne che hanno sostituito quelle originali, che erano in parte come queste e in parte rettangolari.

facciata di Palazzo Venezia su Via del Plebiscito
Al primo piano da sinistra si trovano otto finestre a croce, un balcone con mostra architravata e otto finestre architravate (quest'ultime corrispondono al successivo Appartamento Cybo).
L'ultima è una porta-finestra col balcone.
In origine vi erano sul lato destro finestre di varia grandezza uniformate nel XVIII secolo.

angolo del palazzo tra Via del Plebiscito e Via degli Astalli
Al secondo piano invece ci sono 18 finestre architravate, non tutte poggianti sul marcapiano, e alcune con lo stemma del Cardinale Marco Barbo.

Sulla sinistra della facciata è murato un leone di S.Marco, opera dello scultore Urbano Nono, dono del Comune di Venezia (1922).

leone di S.Marco (Urbano Nono)
In quegl'anni iniziarono anche i lavori del portico del cortile, costruendo le prime dieci arcate d'angolo.

portico incompiuto del cortile del palazzo
Il portico, rimasto incompiuto, doveva avere 11 arcate sui lati lunghi e 7 sui lati corti.

portico del cortile
arcate interrotte del portico
Il portico riprende lo stile classico, e in particolare richiama l'architettura del Colosseo e del Teatro Marcello: due ordini sovrapposti con semicolonne addossate ai pilastri tra gli archi.
E proprio dal Colosseo proviene gran parte del travertino usato per la sua costruzione.

Il pian terreno presenta capitelli dorici, mentre quello superiore ha capitelli corinzi.
Sul basamento delle colonne si trovano lo stemma cardinalizio di Marco Barbo e quello papale di Paolo II.

livello inferiore del portico con semicolonne doriche
secondo livello del portico con semicolonne corinzie con stemma cardinalizio e papale Barbo sulle basi
I marmi antichi esposti sotto il portico o nel giardino provengono dagli scavi effettuati durante lo spostamento del cosiddetto Palazzetto (di cui parlerò più avanti).

frammenti antichi nel giardino
colonna e capitello antichi sotto il portico
Intorno al cortile si possono osservare le diverse ali del palazzo e i suoi diversi momenti di costruzione.


Sul lato occidentale del cortile si può vedere il cosiddetto Passetto dei Cardinali, costruito dal Cardinal Angelo Maria Querini (1733) chiudendo il passaggio di ronda su Via degli Astalli.

facciata del palazzo su Via degli Astalli
Passetto dei Cardinali (visto dal cortile)
In una nicchia al pian terreno, tra arcate cieche, fu collocata la statua di S.Pietro Orseolo, primo patriarca di Venezia. 

S.Pietro Orseolo
Su questo lato del cortile vi è anche l'ingresso su Via degli Astalli che permetteva ai cardinali l'accesso al palazzo.

lato occidentale del cortile: Passetto dei Cardinali
ingresso al cortile da Via degli Astalli (visto dal cortile)
ingresso al cortile da Via degli Astalli (visto dall'esterno)
Si può anche vedere nell'angolo sud-ovest del cortile la cosiddetta Ala Querini ricavata in una torre incompiuta dallo stesso cardinale come alloggio cardinalizio.

Nell'angolo nord-occidentale del cortile si vede l'abside e la cupola della Chiesa del Gesù.

abside e cupola della Chiesa del Gesù
E' visibile invece sul lato orientale del cortile il fianco della Basilica di S.Marco, con finestre risalenti all'epoca di Paolo II inserite in quelle di epoca medievale, e il suo campanile romanico 

fianco della Basilica di S.Marco con campanile
campanile romanico della Basilica di S.Marco
Sul lato settentrionale del cortile (verso Via del Plebiscito), si notano porte e finestre con mostre in marmo che portano gli stemmi dei cardinali Marco Barbo e Lorenzo Cybo.
Sotto al porticato s'accede all'androne del palazzo e alla Scala Nova.

Sul lato meridionale del cortile si trova il cosiddetto Palazzetto.

lato meridionale del cortile
Un portale moderno, con all'esterno murato un leone di S.Marco proveniente da un antico portale demolito, permette l'uscita in Piazza S.Marco, accanto alla basilica.

lato esterno del cortile su Piazza S.Marco
ingresso al cortile su Piazza S.Marco
La fontana posta al centro del cortile rappresenta Venezia che sposa il mare.
E' un'opera di Carlo Monaldi (1730), e fu commissionata dall'ambasciatore veneto Borbon Morosini.

fontana nel cortile
Venezia che sposa il mare (Carlo Monaldi - 1730)
L'impersonificazione della Serenissima è posta sopra una conchiglia sorretta da tre tritoni, ha in testa il cappello del doge ed è affiancata dal leone di S.Marco e da un putto che regge una targa.

Serenissima con leone di S.Marco e putto reggitarga
I putti sul perimetro della vasca hanno scudi con iscritti i nomi delle conquiste veneziane.

tritone e putto con scudo della fontana
In qualche occasione il cortile fu usato per giostre di tori.
Si racconta anche che in una sala del pian terreno del palazzo nel XVII secolo venisse tenuto un elefante.
L'animale, donato dal re d'Inghilterra ad un suo famigliare, fu venduto ai Francesi, e giunto qui veniva mostrato ai visitatori.
Un'altra curiosità da citare è la custodia nel giardino della quadriga in bronzo della Basilica di S.Marco di Venezia, per evitare che fosse bombardata durante la Prima Guerra Mondiale.

Spaventato da una congiura Paolo II si ritirò in Vaticano dove morì nel 1471.
Fino al 1491 il Cardinale Marco Barbo, patriarca di Aquileia e nipote di Paolo II, continuò i lavori del palazzo.

Furono costruite in questi anni la Sala Regia e la Sala del Concistoro o Sala della Battaglia.

La Sala Regia è la sala più grande del palazzo, misurando 430mq ed essendo lunga 37m.
Per questo era detta anche Aula maxima.

Sala Regia
La sala era anche detta Prima Aula Regum perché un tempo era la prima sala d'accesso dopo aver salito la cordonata quattrocentesca.

La sala era destinata a far sostare i reali, gli ambasciatori e i personaggi potenti che si recavano in udienza dal Papa.

Sala Regia
La sala fu terminata dal Cardinale Lorenzo Cybo.

Nel secolo scorso la sala è stata ridecorata seguendo il gusto bramantesco dei frammenti della decorazione del XV secolo trovati durante i lavori di restauro.

paraste corinzie dipinte sulle pareti della Sala Regia
Sono rappresentate sulle pareti paraste corinzie che sorreggono un fregio a chiaroscuro con busti di imperatori, bucrani, fauni musicanti, volute floreali.

fregio: bucrani, fauni musicanti, volute floreali e ritratto di imperatore
fregio: bucrani, fauni musicanti, volute floreali e ritratto di imperatore
fregio: bucrani, fauni musicanti, volute floreali e ritratto di imperatore
Sulle tre pareti senza finestre è raffigurata la Fama alata posta su un globo.

fregio: Fama alata
Sulle strombature delle finestre superiori appaiono tondi in chiaroscuro in cui sono raffigurati soggetti presi dai bassorilievi dell'Arco di Costantino.

strombatura di una finestra superiore con tondo in chiaroscuro
I restauri novecenteschi hanno eliminato le decorazioni con Virtù cristiane inserite in nicchie affrescate nel XVII secolo e una decorazione floreale del Settecento.

La sala è coperta da un soffitto a cassettoni realizzato da Ermenegildo Estevan negli anni '20.

soffitto a cassettoni della Sala Regia
Per la sua realizzazione è stato preso ad esempio il soffitto della Basilica di S.Marco.

Gli stemmi presenti sul soffitto sono quelli del Regno d'Italia, del Comune di Roma e di Venezia, simboleggiata dal leone di S.Marco.

stemma del Regno d'Italia
stemma di Venezia
Il pavimento novecentesco in marmo è opera di Luigi Marangoni.

disegno dell'antico pavimento della Sala Regia
particolare del pavimento della Sala Regia
In questa sala nel 1504 si diede un concerto in onore di Giulio II (come testimonia la foto precedente).

La Sala del Concistoro così chiamata perché qui si riunì sino al 1597 sotto Clemente VIII il collegio dei cardinali.

Sala del Concistoro
La sala era anche detta Aula seconda

E' anche chiamata Sala delle Battaglie (o delle Vittorie), per le decorazioni di Armando Brasini ispirate alle battaglie della Prima Guerra Mondiale.

Nel Settecento era invece detta Sala dei Cinque Lustri per i lampadari di Murano che illuminavano la sala.

Qui si svolgevano sfarzosi balli.
Nel 1770 Wolfgang Amadeus Mozart, allora quattordicenne, tenne un suo concerto, mentre nel 1842 Gioacchino Rossini qui diresse lo Stabet Mater per la prima volta.

Prima dei restauri la sala aveva una decorazione neoclassica, ma non si conserva nulla della decorazione originaria.

Agli inizi del secolo scorso sulle pareti sono stati dipinte da Giovanni Costantini colonne accoppiate alternate a nicchie e finte specchiature.

decorazione parietale della Sala del Concistoro
 Clipei e targhe riportano i nomi delle battaglie della Prima Guerra Mondiale.

clipeo con ricordo della Battaglia di Vittorio Veneto
clipeo con ricordo della Battaglia del Monte Grappa
La sala ha un soffitto cassettonato novecentesco con un lampadario disegnato da Giorgio Liebe.

lampadario della Sala del Concistoro
Il pavimento è in marmo policromo ed è stato realizzato negli anni '20.

particolare del pavimento della Sala del Concistoro
Su alcune delle sovrapporte delle tre Sale monumentali sono stati apposti gli stemmi di Paolo II e del Cardinale Marco Barbo.

decorazione di una sovrapporta
sovrapporta con iscrizione del Cardinale Marco Barbo patriarca di Aquileia
sovrapporta con stemma del Cardinale Marco Barbo
sovrapporta con lo stemma di Paolo II

In fondo alla facciata di Via del Plebiscito fu costruita una torre, collegata con un'altra torre sull'angolo opposto mediante un camminamento di ronda su Via degli Astalli.

facciata del palazzo su Via degli Astalli con le due torri unite da un camminamento
una torre (angolo Via del Plebiscito/Via degli Astalli)
l'altra torre (su Via degli Astalli)

Morto il Cardinale Marco Barbo, fu il Cardinale Lorenzo Cybo, nipote di Innocenzo VIII, che proseguì i lavori (1491/1501).

Egli fece terminare la Sala Regia, fece decorare la Sala del Mappamondo e terminò l'appartamento sull'antica Via Papale (oggi Via del Plebiscito) che da lui, che lo abitò per primo, prese il nome di Appartamento Cybo.

Nel XVI secolo Paolo III Farnese fece  costruire una cappellina nell'Appartamento Cybo.

cappellina dell'Appartamento Cybo
Sono ancora qui conservati gli affreschi sulle pareti e nella volta con raffigurazione di Dio Padre e di figure veterotestamentarie.

affresco di una parete della cappellina dell'Appartamento Cybo
particolare della volta della cappellina dell'Appartamento Cybo
particolare della volta della cappellina dell'Appartamento Cybo
particolare della volta della cappellina dell'Appartamento Cybo
particolare della volta della cappellina dell'Appartamento Cybo
particolare della volta della cappellina dell'Appartamento Cybo
I pavimenti dell'appartamento furono rifatti negli anni '20 in stile tardo rinascimentale su disegno di quelli originali.

pavimento dell'Appartamento Cybo
pavimento dell'Appartamento Cybo
Anche i soffitti in stile neocinquecentesco, ricchi di stucchi e dorature, furono ricreati su disegno di Ludovico Seitz.

soffitto dell'Appartamento Cybo
soffitto dell'Appartamento Cybo
soffitto dell'Appartamento Cybo
Nel XVI secolo venne aggiunto all''appartamento cardinalizio la cosiddetta Sala Pisana.
La sala, posta d'angolo tra Via del Plebiscito e Via degli Astalli, prese il nome dal Cardinale Francesco Pisani che la volle costruire.

Questa sala venne distrutta in un incendio nel 1569 e ricostruita chiamandola Sala Nova.
Venne poi colpita da un secondo incendio nell'Ottocento e divisa in tre ambienti.

Nell'ambiente più grande negli anni '20 Federico Hermanin vi allestì la decorazione ad affresco della loggia di Palazzo Altoviti, dipinta dal Vasari nel 1553.
Palazzo Altoviti fu infatti distrutto nel 1876 per permettere la costruzioni degli argini del Tevere.

Sala Altoviti
volta con affreschi di Giorgio Vasari nella Sala Altoviti
Oggi le sale dell'Appartamento Cybo sono occupate dalla Pinacoteca del Museo di Palazzo Venezia.


Paolo III risiedette nel palazzo e fece costruire una torre sul Campidoglio e un corridoio pensile che la metteva in comunicazione con il palazzo (1537), abbattuti entrambe per far posto al Vittoriano.

palazzo con il corridoio pensile
Il palazzo continuò ad essere proprietà pontificia fino al 1564: fu infatti in quest'anno che Pio IV Medici cedette alla Repubblica Veneta una parte del palazzo.
Il palazzo divenne così la residenza degli ambasciatori veneti presso la Santa Sede, che lo dividevano con i cardinali titolari della Basilica di S.Marco.
E da questo momento che il palazzo prese il nome di Palazzo Venezia.

Nel 1733/1734 fu costruito un passaggio coperto (chiamato Passetto dei Cardinali) sul cammino di ronda di Via degli Astalli.
Questo passaggio portava alla cosiddetta "Palazzina", fatta costruire sulla torre voluta dal Cardinale Barbo.

Dopo il Trattato di Campoformio (la pace firmata tra Austria e Francia nel 1797), e la conseguente cessione della Repubblica Veneta, il palazzo passò all'Impero.

Nel 1812 il palazzo, passato al Regno Italico, fu la sede dell'Accademia delle Belle Arti diretta da Antonio Canova.

Nel 1916 il palazzo fu confiscato e passò allo Stato Italiano.
Il palazzo fu restaurato e consolidato.

Nel 1924/1930 l'architetto Luigi Marangoni fece costruire la Scala Nova a cui si accede dall'atrio d'ingresso di Via del Plebiscito.

Sulle quattro porte dell'atrio vi sono gli stemmi cardinalizio e papale della famiglia Barbo, lo scudo crociato con l'aquila dei Savoia, e sulla porta per accedere alla Scala Nova lo stemma del Regno d'Italia con due fasci littori.

stemma dei Savoia
stemma di Paolo II
Alla destra della prima rampa della scala si trova un androne.

androne
In quest'ambiente si trova una fontana con tre teste di leone coronate (che rappresentano la Dalmazia), gli stemmi del Regno d'Italia e quello di Zara (con S.Crisogono patrono della città, la corona e il leone di S.Marco), capitale storica della Dalmazia riconquistata.

fontana dell'androne
Sul pavimento si possono notare i nomi delle vittorie navali (Buccari, Premuda e Durazzo) e di Trieste e Pola, riconquistate dalla marina italiana.

Inoltre sono rappresentati simboli che rimandano alla navigazione e al mare, trai quali la Rosa dei Venti, l'elica, la stella marina, l'ancora, il timone.
 
pavimento con a stella marina
pavimento con conchiglia e animali marini
pavimento con l'ancora
pavimento con l'elica
pavimento con la Rosa dei Venti
pavimento con il timone
Una porta dell'androne porta l'iscrizione ADRIAE DICATA dedicata alla città di Adria riconquistata nel 1866.

porta con iscrizione ADRIAE DICATA
La Scala Nova in travertino andava a sostituire altre due scale che a loro volta, nel Settecento e poi nel 1911, erano state costruite al posto dell'antica scala in laterizio, la cordonata quattrocentesca fatta costruire da Paolo II nel 1464/1471.

prima rampa della Scala Nova
Scala Nova
Scala Nova
La scala, composta a sei rampe, è sostenuta da pilastri compositi, con 150 capitelli realizzati da Benedetto D'Amone.
Alcuni sono opera dello stesso Marangoni.

Scala Nova
Scala Nova
Scala Nova
Sui capitelli sono raffigurati animali marini e antropomorfici, monumenti e simboli che riconducono a città italiane che hanno scritto la storia della III Guerra d'Indipendenza (1866) e della Prima Guerra Mondiale (1915/1918).

S.Crisogono a cavallo (patrono della città di Zara)
scudo con rovere sormontato dal Castello di Rovereto
stemma crociato e anfiteatro della città di Pola
stemma con la cornucopia riferito alla regione dalmata della Cornicchia
due torri asimmetriche della Cattedrale di S.Trifone della città di Cattaro (Repubblica del Montenegro)
Cattedrale di Traù con il motto della famiglia Cippico (OMNIA EX ALTO)
Duomo di Sebenico (Dalmazia)
elmo e stemma con scritta dell'incipit in dialetto del discorso del Capitano delle Guardie di Perasto (ultimo baluardo veneziano)
statua del condottiero Cangrande della Scala e stemma di Verona
Sul pavimento del pianerottolo del primo piano è rappresentata una lumaca, su quello del secondo piano un granchio, mentre sul terzo una medusa.

pavimento del pianerottolo del primo piano
Sulla sommità della scala si trova una volta a lacunari.

volta a lacunari della Scala Nova
Durante gli anni '20 vennero ridecorate anche le pareti della Sala del Concistoro e sistemato un pavimento donato dal Conte Volpi.

Nella Sala del Mappamondo fu rifatto il pavimento a mosaico su disegno di Pietro D'Achiardi.

Si cercò di recuperare le decorazioni pittoriche delle sale monumentali, che vennero destinate nel 1929 a sede del Capo del Governo e del Gran Consiglio del Fascismo, qui attivo sino al 24 luglio 1943.

Noto a tutti è il balcone della Sala del Mappamondo dal quale Mussolini s'affacciava per parlare al popolo.

Nel palazzo furono anche sistemati il Museo di Palazzo Venezia di arte medievale e rinascimentale e la Biblioteca dell'Istituto dell'Archeologia e Storia dell'Arte.

Palazzo Venezia rischiò di essere distrutto durante la cosiddetta "Operazione Dux".
Il 19 luglio 1943 i bombardieri inglesi della RAF avrebbero dovuto bombardare il palazzo insieme alla residenza del Duce a Villa Torlonia, nella speranza di eliminare fisicamente Benito Mussolini.

Ma all'ultimo momento Churchill s'oppose per non uccidere troppe persone e distruggere molti monumenti antichi.

www.museopalazzovenezia.beniculturali.it
Orario: martedì/domenica   8.30/19.30
Costo: 5€
GRATIS: prima domenica del mese

CONCLUSIONI
Palazzo Venezia è un luogo davvero importante nella storia di Roma, nel quale si possono ripercorrere gli anni della città dal Quattrocento ai giorni nostri.
Cardinali, Papi, re, ambasciatori, uomini potenti ed artisti, hanno risieduto o sono stati ospitati tra queste mura, e hanno passeggiato nei suoi due cortili.
Considerando poi le antiche origini della Basilica di S.Marco inclusa tra le sue mura, e l'importante museo d'arte antica qui ospitato, si può di certo suggerire di visitare questo luogo, ammirando i suoi saloni monumentali o gli appartamenti cardinalizi.
Purtroppo però le sale del museo non sono visitabili nella loro interezza per problemi di restauri in corso e per mancanza di personale!