martedì 8 settembre 2015

Roma: le Case Romane del Celio


Il Celio, uno dei sette colli di Roma, anticamente si chiamava Mons Querquetulanus, ovvero "monte delle querce", per i numerosi alberi di questa specie che crescevano sulle sue pendici.

Prese il nome di Celio da Caelius Vibenna, l'eroico condottiero di Vulci che nel IV secolo a.C. avrebbe conquistato questa altura.

Il Celio fu l'ultimo colle ad essere stato inserito nella cerchia muraria di epoca repubblicana.

archi medievali lungo il Clivio di Scauro

In tarda età repubblicana divenne un quartiere residenziale, di cui rimangono a testimonianza le insule e le domus lungo il Clivio di Scauro (Clivus Scauri), l'asse viario principale dell'antico Celio, la strada che univa il colle Palatino con il colle Celio, realizzata da Marco Emilio Scauro censore nel 109 a.C.

ingresso alle Case Romane del Celio

Le cosiddette Case Romane del Celio, che si trovano sotto la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, fanno parte dell'urbanizzazione antica di questo colle.

pianta del sito archeologico delle Case Romane del Celio
I sotterranei della basilica hanno conservato per secoli parte di una Roma oggi sotterranea, fatta di case, terme, ninfei e vicoli.
Sono qui evidenti le trasformazioni e le stratificazioni avvenute tra il II e il IV secolo d.C., prima che nel IV/V secolo secolo vi fosse costruita sopra (inglobandone anche alcune parti), la basilica fatta costruire dagli ultimi proprietari della domus, Bizante  e suo figlio Pammachio, senatore e personalità importante della comunità cristiana.

ricostruzione delle fasi abitative e della basilica
legenda della ricostruzione delle fasi abitative e della basilica
I resti delle residenze antiche, comprendenti 20 ambienti di cui 13 affrescati, posti su vari livelli, furono rinvenuti da Germano di San Stanislao, rettore della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, nel 1887.

Il nucleo principale è costituito da una lussuosa domus a due piani, costruita nel II secolo d.C.
Era dotata di piccole terme private (balneum) al piano terra, mentre il primo piano era occupato da ambienti di soggiorno.

facciata della domus (primo piano)
balneum della domus (visto dall'alto): finestre dell'ambiente termale
Rimangono ancora evidenti due finestre dell'ambiente termale e due finestre dell'appartamento superiore, pertinenti la facciata interna della domus.
La facciata esterna era ornata con una fontanella e tre nicchie.

Questo edificio residenziale aveva affaccio su di un vicolo parallelo al Clivio di Scauro.
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Venne poi costruita nel III secolo, di fronte alla domus e con affaccio sullo stesso vicolo, un'insula, ovvero un caseggiato popolare d'affitto a più piani.
L'edificio aveva forma trapezoidale.
Al piano terra si aprivano ambienti commerciali, il cui ingresso avveniva attraverso il portico che costeggiava il Clivio di Scauro.

Le botteghe, dal pavimento in tessere marmoree, avevano un magazzino retrostante e una scala lignea dava accesso ad un soppalco.
I soppalchi di queste botteghe erano illuminati da una finestra.

una bottega dell'insula con fori nelle pareti per le assi del soppalco
L'accesso all'edificio avveniva attraverso i due fornici centrali:da uno si accedeva al pian terreno, dall'altro alla scala che conduceva ai piani superiori.

Esternamente (e questo si può vedere percorrendo il Clivio di Scauro), la basilica paleocristiana ha inglobato la facciata porticata di quest'insula, ed è per questo che si possono individuare ancora gli archi del portico e le finestre dei due piani superiori a questo.

lato esterno (a destra della foto) della navata sinistra della Basilica dei Ss Giovanni e Paolo
finestre ed archi murati del portico dell'insula delle Case Romane del Celio
finestre ed archi murati del portico dell'insula delle Case Romane del Celio
Infatti, per la costruzione della basilica, fu tagliata la facciata dell'insula a metà dell'altezza del secondo piano e furono murate le finestre (13 al primo piano e 12 al secondo) e le sei arcate del portico.

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Nel III/IV secolo l'intero isolato viene rivelato da un unico proprietario che trasforma l'insula e la domus in un'unica abitazione signorile: al piano terra vi abiterà il padrone, mentre i piani superiori verranno affittati.

Vengono così stravolti gli usi degli ambienti e aggiunte decorazioni più preziose.

L'ambiente chiamato oggi la "Stanza dei Geni", ne è un esempio: originariamente era un vano con funzione di magazzino, il retrobottega dell'insula, le cui pareti vennero poi decorate con uno zoccolo di marmo alto due metri, e superiormente affrescate con due registri separati da una fascia scura.

affresco nella "Sala dei Geni"
Nel registro inferiore sono raffigurate figure di adolescenti alati, degli efebi nudi (che vennero per questo "rivestiti" nei secoli posteriori), o "geni".
Alle loro spalle si trovano festoni floreali e varie specie di uccelli.

Nel registro superiore invece sono raffigurati eroti vendemmianti, intenti a raccogliere e portare frutta nei cesti.
Sono raffigurati anche qui uccelli che beccano i frutti.

"Sala dei Geni"
Anche il pavimento subì una trasformazione: si notano ancora le impronte di un opus sectile, un tappeto centrale a grandi lastre circondato da una cornice di riquadri a disegni geometrici.

"Sala dei Geni": a destra muro di fondazione della basilica
L'ambiente verrà tagliato dalla costruzione del muro di fondazione della navata centrale della superiore basilica.

Le decorazioni che appartengono alla nuova fase abitativa si riscontrano anche nella Sala dei finti marmi, nella Sala del bue Api e Saltatrices e nella Sala dell'Orante.

Nella Sala dei finti marmi è infatti presente una decorazione del IV secolo che imita un rivestimento in opus sectile.

"Sala dei finti marmi"
"Sala dei finti marmi": affresco che imita un opus sectile
"Sala dei finti marmi": affresco che imita un opus sectile
Nella parte alta della'ambiente sono visibili tracce di raffigurazione a soggetto naturalistico.

"Sala dei finti marmi"
L'utilizzo di quest'ambiente come bottega è testimoniato da un foro di scarico fognario.

"Sala dei finti marmi": foro di scarico fognario
E' stato posto qui uno degli altari voluti dai Passionisti e dai Pontefici dopo la riscoperta del luogo di pellegrinaggio dei Santi titolari della basilica che sovrasta il sito archeologico.

"Sala dei finti marmi": altare del XIX secolo

Sulla volta della cosiddetta Sala del bue Api e Saltatrices sono invece raffigurate immagini pagane: il dio Api e due baccanti.

"Sala del bue Api e Saltatrices"
"Sala del bue Api e Saltatrices": le due baccanti

Ma è la Sala dell'Orante a regalare più immagini musive, la prima sala che venne scoperta da Germano di San Stanislao e chiamata da lui inizialmente ed erroneamente "tablinium".

"Sala dell'Orante"
Anche in ques'ambiente si trova sulle pareti uno zoccolo che imita un opus sectile a finto alabastro.

Al di sopra è affrescato un fregio floreale con racemi d'acanto che si dipartono da cespi.

"Sala dell'Orante": nella volta coppie di capri, figure maschili, maschere, ramoscello di vite e mostri marini appesi
Nella volta, divisa in spicchi, si distinguono gli elementi cristiani di una probabile domus ecclesia, che con gli elementi della sala precedente creano una commistione sincretista e un'apertura verso diversi culti.
Sulla volta si alternano coppie di capri e ovini a figure maschili, forse dei filosofi che recano in mano dei rotoli.

"Sala dell'Orante": figura femminile orante
Si è anche conservata la rappresentazione di una figura femminile orante (che dà il nome alla sala), identificata anche da alcuni come Pietas Romana.

"Sala dell'Orante". mostri marini appesi e Orante
A completare la rappresentazione pittorica dell'ambiente ci son riquadri con figurazioni di diverso genere , forse identificabili con le stagioni: una maschera di Sileno circondata da rami d'ulivo, una maschera teatrale femminile tra fiori e un'altra maschera di Sileno tra spighe di grano, un ramoscello di vite e mostri marini appesi.

Presenta decorazioni pittoriche anche un piccolo vano di servizio.

vano di servizio

La cosiddetta Cella Vinaria invece era una stanza con decorazioni del II secolo che venne adibita successivamente a vano di servizio, fino al VII secolo.

Cella vinaria
Si è potuto intuire questo cambiamento di'uso per la presenza di anfore interrate, vasche in cocciopesto e di un pozzo.

Cella vinaria
Cella vinaria: particolare della decorazione
Cella vinaria: vasca in cocciopesto


















La nuova domus aveva inglobato un lungo e stretto vicolo, che separava originariamente gli edifici (domus del II secolo e insula del III secolo) che vennero a far parte dell'unica residenza.
Il vicolo era pavimentato con basoli.

vicolo tra la domus e l'insula
pavimentazioni del vicolo
Alla fine del vicolo si trovava un piccolo cortile che divideva gli edifici residenziali da quelli commerciali.

Questo ambiente all'aperto fu trasformato in un ninfeo, e viene individuato oggi come Ninfeo di Proserpina, dal soggetto rappresentato nell'affresco presente sulla parete di fondo.

"Ninfeo di Proserpina"
E' qui infatti rappresentato un ambiente marino, al centro del quale su un'isola sono poste tre figure: due femminili semisdraiate, probabilmente Proserpina e Cerere, e una figura maschile in piedi, probabilmente Bacco, che è raffigurata nell'atteggiamento di versare da bere.

"Ninfeo di Proserpina": affresco
"Ninfeo di Proserpina": particolare dell'affresco
L'affresco simboleggerebbe in questa interpretazione il ritorno di Proserpina dall'Ade e quindi il ritorno della Primavera.
C'è anche chi vede nella figura femminile una Venere marina.

Sullo sfondo sono rappresentati eroti intenti a pescare.
Il pavimento del ninfeo risale al III secolo d.c. ed era costituito da tessere di marmo colorate.

Alla base della parete affrescata si trovavano vasche rettangolari e semicircolari.

La struttura quadrata rossa nell'angolo nord è un pozzo.

pozzo nel ninfeo

Sulla destra dell'affresco si trova un piccolo ambiente che il muro di fondazione della chiesa taglia a metà.
Faceva parte di un preesistente edificio di II secolo d.C. che era stato inglobato nella domus tarda antica.

ingresso al piccolo ambiente della domus
Si può individuare tra le finestrelle l'affresco con due figure di putti su creature marine.
Il pavimento di quest'ambiente è a piccole tessere bianche e nere (II secolo d.C.), con tralci vegetali e colombe.

"Ninfeo di Proserpina": pavimento del piccolo ambiente della domus
Posto a poca distanza dall'affresco di fondo, incombe un pozzo di scarico cilindrico medievale, nel quale si possono individuare materiali di recupero.

pozzo di scarico medievale
materiale di recupero inglobato nel pozzo di scarico medievale

Di fronte al ninfeo una passerella moderna permette di individuare la facciata a due piani della domus "primitiva".
Nella fase abitativa del III secolo, venne interrato il piano terra della domus fino al piano terra dell'insula, e nel cortile venne posta la scala per salire ai piani superiori.

scala che portava al primo piano della domus e pavimento sopra l'interramento del piano terreno
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Nel IV secolo la domus divenne l'abitazione dei fratelli martiri Giovanni e Paolo, ai quali la basilica superiore è dedicata.

La Passio racconta che i due fratelli erano dignitari di corte, uno maggiordomo e l'altro primicerio di Costantina, figlia dell'imperatore Costantino.
Erano diaconi della Chiesa Romana.
Alla morte di Costantina ereditarono delle proprietà (probabilmente anche la casa sul Celio), che il nuovo imperatore Giuliano l'Apostata contestò.
L'imperatore, che voleva far tornare il paganesimo, tentò di farli abiurare, e non riuscendoci, li fece uccidere per decapitazione in segreto, perché non fossero venerati come martiri.
Era il 26 giugno del 362, e furono sepolti nel criptoportico della loro casa.
Per non fare divulgare la notizia, furono uccisi anche il presbitero Crispo, il chierico Crispiniano e la vergine Benedetta, che avevano scoperto la loro sepoltura.
Anch'essi furono sepolti nel sottoscala vicino ai due fratelli martiri. 


Morto l'imperatore Giuliano il nuovo imperatore Gioviano affidò al senatore cristiano Bizante e a suo figlio Pammachio (tra l'altro amici di S.Girolamo e di sant'Agostino), di cercare i corpi dei martiri.

una tomba dei martiri
tombe dei martiri



Trovate le sepolture nel V secolo d.C. venne costruita sopra la domus la basilica paleocristiana. 

Sulle fosse scavate nel tufo fu costruita la Confessio, un piccolo luogo di culto munito di due scale per l'entrata e l'uscita dei numerosi pellegrini.

sala d'accesso alla passerella sopra le tombe e alla Confessio
Confessio: finestrella sulle tombe dei martiri Giovanni e Paolo ed affresco con Orante, il senatore Pammachio e la moglie Paolina
La decorazione pittorica si articola su due registri: in alto a sinistra è rappresentato l'arresto di tre figure (Crispo, Crispiniano e Benedetta) tra soldati romani; in alto a destra il martirio per decapitazione dei tre martiri; in basso al centro un orante con ai piedi il senatore Pammachio e sua moglie Paolina.

Confessio: affresco con scena dell'arresto di tre figure tra soldati romani
Confesso: affresco con scena della decapitazione di Crispo, Crispiniano e Benedetta
Si poteva accedere alla Confessio dalla navata centrale della chiesa tramite un'apertura.

navata centrale della basilica in corrispondenza delle tombe dei martiri Giovanni e Paolo
Quando nel XII secolo venne completamente ricostruita la basilica avvenne un crollo dei sotterranei, e parte degli ambienti furono interrati e dimenticati, fino alla riscoperta nel XIX secolo (come si è detto), da parte del rettore della basilica.

Nel 1588 le reliquie dei Santi furono portate nella chiesa e oggi si trovano all'interno di una vasca termale che forma la base dell'altare maggiore.

reliquie dei Ss Giovanni e Paolo in una vasca di porfido sotto l'altare maggiore della basilica

In ambiente del portico dell'insula venne realizzato in epoca medievale l'Oratorio di S.Salvatore (la scala d'accesso al sito è visibile dietro un cancello lungo il Clivio di Scauro).

ingresso all'Oratorio del Salvatore (non visitabile)

Nell'Antiquarium del sito delle Case Romane del Celio si può vedere una porzione dell'affresco del XII secolo che decorava le pareti di quest'ambiente, dove è raffigurato Cristo tra gli arcangeli Michele e Gabriele e i Ss Giovanni e Paolo.

affresco staccato dall'Oratorio del Salvatore: Cristo tra gli arcangeli Michele e Gabriele e i Ss Giovanni e Paolo
Questo piccolo museo ha la stessa forma a croce greca della Cappella di S.Paolo della Croce della basilica sovrastante.
E' allestito con i reperti romani e medievali delle varie fasi di costruzione del sito in cui si trova.

Antiquarium delle Case Romane del Celio
 Sono qui esposte anfore di trasporto, iscrizioni, oggetti di uso quotidiano, piatti di ceramica smaltata di tradizione bizantina, ispano-araba e mediorientale (che decoravano il campanile della chiesa e che sono state sostituite da copie), e una lastra funeraria del X secolo riutilizzata come pietra tombale nel 1300.

Antiquarium delle Case Romane del Celio: anfore
Antiquarium delle Case Romane del Celio: opus sectile
Antiquarium delle Case Romane del Celio: lastra tombale
Antiquarium delle Case Romane del Celio: ceramica smaltata
www.caseromane.it
Orario:  giovedì/lunedì    10.00/13.00    15.00/18.00
Costo:    8€

"Aperitivo Archeologico" in una bottega delle Case Romane del Celio
Noi abbiamo partecipato ad una visita guidata serale con degustazione di pietanze della cucina dell'antica Roma, allestita in uno degli ambienti del complesso archeologico: un "Aperitivo Archealogico".
 
"Aperitivo Archeologico"
Sotto la guida di un esperto che ci descriveva i piatti e la loro origine, abbiamo potuto assaggiare:
- il Moretum, tartine con formaggio pecorino, aglio, prezzemolo ed olio (da
  Virgilio),
-  l'Apityrum, tartine con un patè di olive nere, semi di finocchio, coriandolo ed
   olio (da Catone),
- l'Aliter Patinam, una sorta di frittata con menta, lattuga, pepe, olio (da Apicio),
- il Pullus Insalia Apicana, il pollo con prugne, mele, alloro, aceto ed olio (da
  Apicio),
- il Puls Apiciana alle fave, con orzo, cipolla, pecorino, coriandolo, cumino (da
  Apicio),
- l'Aliter Cicera, ceci conditi con miele, cumino, alloro, olio (da Apicio),
- il Savillum (un dolce a base di semolino, ricotta, miele e semi di papavero (da
  Catone),
  con condimento di Garum (riproposto oggi nella versione con colatura di alici e
  salsa di soia) e accompagnati da Mulsum (vino bianco con miele).

www.aperitivoarcheologico.it
Costo: 20€

CONCLUSIONI
Scendere nei sotterranei di Roma è sempre un'esperienza affascinante, e soprattutto in siti rimasti ancora ben conservati come lo sono le Case Romane del Celio.
E poi... perché non continuare a perdersi con la propria immaginazione nella quotidianità della vita dei nostri antenati assaggiando le loro specialità gastronomiche, a volte un po' insolite per i nostri palati "moderni"...una vera esperienza archeologico-culinaria!
Visitare questo sito è un po' come perdersi nel  labirinto della storia!
Per completare la visita di questo sito di stratificazione archeologica di Roma consiglio di visitare anche la sovrastante Basilica dei Ss Giovanni e Paolo, e se volete il post che a questa chiesa ho dedicato.



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