sabato 5 novembre 2016

Roma: gli Horti Sallustiani, il piacere dell'ozio


A Piazza Sallustio, vicino a Via Veneto, al centro di uno dei quartieri della Roma post-unitaria, vi è una voragine nel terreno circondata da una cancellata: sono i cosiddetti Horti Sallustiani, i più considerevoli resti di una villa d'ozio dell'antica Roma.

Con la parola "hortus" i Romani intendevano il termine "giardino", il parco delle ville di piacere, dove prendersi cura della mente e del corpo, fatte costruire all'interno delle mura cittadine (e quindi non considerate "ville di campagna"), da potenti e ricchi personaggi dell'antica Roma, e che formavano una sorta di anello verde intorno all'agglomerato urbano.

Questi giardini monumentali nacquero proprio come luogo di svago e nello stesso tempo di rappresentanza delle famiglie appartenenti al gradino più alto della scala sociale della Roma antica a partire dal I secolo a.C., ma per diversi motivi poi entrarono a far parte del demanio imperiale.
I primi sorsero nella zona di Trastevere (lungo la Via Portuense, sulla riva del fiume, vi erano quelli di Cesare), poi vennero privilegiati i luoghi collinari (sul versante occidentale del Pincio vi era la Villa di Lucullo).
Gli Horti Sallustiani prendono il nome dallo storico Gaio Sallustio Crispo, ma erano già stati di proprietà di Giulio Cesare.

Sorgeva infatti sul Quirinale, presso Porta Collatina (il più importante accesso alla città da Nord), un'altra villa di Cesare.
Era posta nei pressi del Tempio della Fortuna Pubblica (di cui rimangono i resti scoperti nell'800 sulla Via Flavia), alla quale l'imperatore doveva i suoi successi.
Era una proprietà tra il pubblico e il privato, sia dal punto di vista ideologico che architettonico.
I testi ricordano che in questa proprietà Cesare risiedeva in una torre che nel 17 a.C. fu colpita da un fulmine. 

Gaio Sallustio Crispo, che fu proconsole in Numidia dove ebbe modo di arricchirsi (e per questo fu processato per concussione), fu un personaggio molto vicino a Cesare, e alla morte dell'imperatore acquistò questi horti (che da allora presero appunto il suo nome), ampliandoli e abbellendoli.

ritratto di Sallustio in un medaglione

Venne inglobato nella proprietà il Santuario di Venere Erycina dedicato da L.Porcio Licinio nel 187 a.C. (luogo in cui le ierodule praticavano la prostituzione sacra).
Nel XVI secolo il santuario si rinvenne tra le attuali Via Sicilia e Via Lucania e venne poi distrutto.
Le colonne in giallo antico, facenti parte del tempio, vennero utilizzate poi per la navata della Chiesa di S.Pietro in Montorio.

Furono scoperti in questa zona, e si pensa fossero appartenuti al santuario, il cosiddetto Trono Ludovisi (trovato tra Via Sicilia e Via Abruzzi) e l'Acrolito Ludovisi, entrambi originali greci provenienti dall'Italia meridionale, forse da Locri Epizefiri (V secolo a.C.).
I due reperti si trovano al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps.

Trono Ludovisi (dagli Horti Sallustiani - Collezione Boncompagni/Ludovisi - Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps)
Acrolito Ludovisi (dagli Horti Sallustiani - Collezione Boncompagni/Ludovisi - Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps)
Il Trono è così chiamato perché si credette che fosse il trono della divinità, ma probabilmente era un coronamento dell'altare.
Presenta un rilievo su tre lati: in quello frontale Afrodite nasce dalla spuma del mare accolta da due horai, divinità della natura e delle stagioni, vestite con un peplo e un chitone.
Su lato destro del trono una giovane suona il doppio flauto, mentre sul lato sinistro una donna ammantata mette incenso nel bruciaprofumi (sono forse sacerdotesse di Afrodite e rappresentano l'amore sacro e l'amore profano).

L'Acrolito era una grande testa femminile in marmo, appartenuta forse alla rappresentazione della divinità seduta in trono.
Erano in marmo solo le parti emergenti della statua, mentre il resto doveva essere in legno ricoperto da lamina di metallo, e i fori nel marmo servivano ad inserire gioielli.

Sallustio si ritirò in questa villa in libero esilio, scrivendo le due monografie "De Catilinae coniuratione" e "Bellum Jugurthinum", e le "Historiae" rimaste incompiute.
Alla sua morte (34 a.C.) gli horti passarono in eredità al nipote Quinto Sallustio Crispo, confidente di Augusto e di Tiberio.

Quando nel 21 d.C. sotto Tiberio anche il nipote di Sallustio morì, la proprietà entrò a far parte del demanio imperiale, in quanto non vi erano eredi diretti.
Gli horti divennero così la residenza occasionale degli imperatori, in alternativa al Palatino: Nerone la usava per le sue stravaganti uscite notturne, Vespasiano aprì il parco ai cittadini, Nerva la preferiva al palazzo del Palatino.
La guardia permanente dell'imperatore aveva le sue caserme nei vicini Castra Pretoria.

Durante il regno di Adriano vi fu una ristrutturazione del parco, mentre nel III secolo durante il regno di Aureliano, la proprietà viene inserita all'interno della nuova cinta muraria che l'imperatore fece costruire (Mura Aureliane), che viene fatta passare lungo il suo confine settentrionale.
Sempre Aureliano fece costruire il cosiddetto Porticus Miliariensis (chiamato così perché lungo mille passi = 300m), un maneggio decorato come un giardino e pavimentato in marmo giallo, che occupava tutta l'attuale Via XX Settembre, dove egli si esercitava a cavalcare.

Nel III secolo questi horti costituivano il più grande parco monumentale della città antica: si estendevano dal Quirinale al Pincio, avendo come confini le Mura Aureliane da Porta Pinciana a Porta Salaria (Via Piave), l'attuale Via XX Settembre, le mura tra Via Veneto e Via S. Nicola da Tolentino.

Gli edifici che si trovavano nella proprietà erano distribuiti secondo determinati orientamenti, per sfruttare al meglio la luce del sole a seconda dell'ora del giorno in cui venivano frequentati.

Sono stati ritrovati: una cisterna a due piani e quattro navate (posta oggi sotto il Collegio Germanico-Ungarico tra Via S. Nicola da Tolentino e Via Bissolati), un ninfeo a fontana con mosaici policromi a soggetto mitologico su mura repubblicane (sotto l'attuale Caserma dei Corazzieri in Via XX Settembre), e una conserva d'acqua (in Via XX Settembre).

Collegio Germanico-Ungarico in Via Nicola da Tolentino (cisterna degli Horti Sallustiani nei sotterranei)
Un criptoportico decorato con pitture si trova oggi nel garage dell'Ambasciata Americana, mentre su Via Lucullo sul muro di recinzione dell'ambasciata, si trova un muro a nicchie facente parte probabilmente di un grande ninfeo di fine età repubblicana.

muro con nicchie in Via Lucullo
Da Via Lucullo proviene l'Erma di Ercole barbato di età augustea ritrovato nel1890 esposta al Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini.

Erma di Ercole barbato (Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)
Gli horti erano decorati con opere d'arte e le piante erano potate in modo tale da dare loro una forma geometrica (ars topiaria).

Dalla cosiddetta Valle Sallustiana, la depressione che separava il colle Quirinale dal Pincio (colmata nel XIX secolo per la realizzazione del nuovo quartiere), proviene un obelisco, che probabilmente era posto sulla spina di un ippodromo, forse il cosiddetto Circus Florae.
L'obelisco fu posto nel 1789 da Papa Pio VI davanti alla Chiesa di Trinità dei Monti, che sovrasta la scalinata di Piazza di Spagna.
L'obelisco è una copia romana di quello di Ramsete II eretto da Augusto nel Circo Massimo (oggi a Piazza del Popolo), eseguito quando non si era più in grado di leggere i geroglifici.

obelisco degli Horti Sallustiani posto davanti alla Chiesa di Trinità dei Monti
Il basamento in granito dell'obelisco invece fu scoperto nel 1912 tra Via Sicilia e Via Sardegna, e si trova nei giardini dell'Aracoeli sul vicino Campidoglio.

basamento dell'obelisco degli Horti Sallustiani (giardini dell'Aracoeli)
Ma forse la valle era solo un grande giardino (tra Via Boncompagni e Via Sallustiana, tra Via Piave e Piazza Barberini, e delimitato a sud dalle Mura Serviane), delimitato da terrazzamenti (come il Santuario di Palestrina), nascosti da lunghi porticati su cui si affacciava il palazzo residenziale.
Nella valle correva un piccolo ruscello, che confluiva in un laghetto in Campo Marzio.

Tra il verde rigoglioso, i portici, i tempietti, le statue, le terme, le fontane e i ninfei, si trovavano diversi edifici, tra i quali il palazzo residenziale, in una posizione dominante sul lato meridionale della valle.
Il palazzo si articolava in più corpi di fabbrica, posti su vari livelli.

Il padiglione in Piazza Sallustio faceva parte del palazzo.

l'ingresso al sito archeologico degli Horti Sallustiani a Piazza Sallustio
resti del padiglione degli Horti Sallustiani in Piazza Sallustio
Oggi i resti archeologici si trovano 15m sotto il livello stradale, ma in antico bisognava salire una scala dalla valle per accedere al padiglione.

rampa d'accesso al padiglione

La parte conservata del padiglione è di età adrianea (i bolli laterizi risalgono al 126 d.C.). Privata delle sue decorazioni marmoree, è divisa in tre settori.


pianta del piano terra del padiglione degli Horti Sallustiani in Piazza Sallustio
ricostruzione del padiglione degli Horti Sallustiani in Piazza Sallustio
La parte centrale, avanzata rispetto ai due corpi laterali, è formata principalmente da un'aula circolare.
L'ingresso è fiancheggiato da due alti pilastri in laterizio.
Davanti ai pilastri, due colonne reggevano un grande timpano.

ingresso al corpo centrale del padiglione
i pilastri d'ingresso al corpo centrale del padiglione
Oltre l'ingresso vi era un primo ambiente (1), un vestibolo di forma quadrata coperto con volta botte.
Lungo le sue pareti si trovavano due nicchie semicircolari e si aprivano due finestre.

vestibolo d'ingresso (1)
Si passava quindi nell'aula centrale circolare (2), con un diametro di 12m e alta 13m. Era decorata un tempo con sculture e rivestita sui pavimenti e sulle pareti da marmi in opus sectile (si possono ancor oggi vedere le grappe di sostegno).

aula circolare
La volta dell'aula, decorata con stucchi policromi, era "a conchiglia" con spicchi alternati concavi e piani (analoga alla cupola del Serapeo di Villa Adriana).

volta "a conchiglia" dell'aula circolare
Quattro delle nicchie rettangolari e semicircolari delle pareti, coperte con archi a tutto sesto, furono richiuse per staticità in antico.

nicchie dell'aula circolare
Sui due lati dell'aula si accedeva a due piccoli ambienti rettangolari laterali, forse due ninfei (3 e 7), sulle cui pareti scorreva l'acqua (vi sono resti di tubature).

accesso al ninfeo settentrionale dall'aula circolare
L'aula era seguita da un secondo vestibolo (4) uguale a quello d'ingresso, e da una sala rettangolare interna (5), collegata a due ambienti più piccoli, quello sulla parte destra era probabilmente un altro ninfeo (6).

sala rettangolare di fondo
La sala presentava una nicchia semicircolare sul fondo, e pareti e pavimenti ricoperti da marmi.

nicchia di fondo della sala rettangolare
La copertura dell'ambiente era formata da due volte a botte sovrapposte (quella interna a cassettoni).
Doveva essere questa una coenatio estiva, divisa dall'aula circolare da un tendaggio (nelle pareti del vestibolo di passaggio vi sono ancora i buchi che contenevano il suo supporto), che veniva tirato nel caso ci fossero stati pochi ospiti.

buchi nel muro per porvi un supporto per tende e separare gli ambienti

Il settore settentrionale del padiglione comprendeva una sala con volta a crociera (8), decorata con lastre di marmi alle pareti, e una scala a più rampe (9) che portava alla terrazza del piano superiore del corpo centrale.

corpo settentrionale del padiglione
ingresso corpo settentrionale del padiglione
sala rettangolare con volta a crociera del corpo settentrionale del padiglione (8)
volta a crociera della sala rettangolare (8)
Sono rimaste, tra la IV e la V rampa della scala, le decorazioni a stucco della volta.
La scala portava a livello intermedio ad un complesso autonomo composto da quattro stanze affrescate.

scala del corpo settentrionale del padiglione
scala del corpo settentrionale del padiglione
La scala conduceva alla terrazza sopra al corpo centrale del padiglione.
Le mensole ancora presenti testimoniano la presenza di un ballatoio.

terrazza sul corpo centrale con mensole per il ballatoio
terrazza sul corpo centrale con mensole per il ballatoio
Il settore meridionale del padiglione era in posizione più arretrata e presentava una pianta semicircolare, e una facciata piatta con ballatoi.

facciata del settore meridionale ad insula del padiglione
Era un'insula a quattro/cinque piani, destinata al personale di servizio.
Il piano terra era diviso in tre parti.
La parte sinistra (10) era un appartamento costituito da un unico ambiente con latrina sul fondo, pavimenti in mosaico bianco e nero e pareti affrescate.
L'appartamento centrale (11) aveva pitture con prospettive architettoniche alle pareti.
L'ambiente a destra (12) conteneva invece una scala per accedere ai piani superiori, dove si trovavano appartamenti a due vani con pavimenti lignei.

ambiente destro dell'insula con scala interna
retro dell'insula con edificio moderno
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Accanto al palazzo si trovava un ninfeo decorato con il gruppo scultoreo di Oreste, Ifigenia e la cerva, oggi al Ny Carlsberg Gliptoteck di Copenaghen.

Oreste, Ifigenia e la cerva (dagli Horti Sallustiani - Ny Carlsberg Gliptoteck di Copenaghen)

Tra le opere più belle che vennero portate alla luce negli ultimi secoli, provenienti presumibilmente dall'area degli Horti Sallustiani, troviamo il Galata morente (oggi ai Musei Capitolini) e il Galata suicida (oggi al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps).

Galata morente (dagli Horti Sallustiani - Musei Capitolini)
Galata suicida (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps)
Le due statue formavano un unico gruppo statuario, copia dell'originale bronzeo dello scultore Epigonos, commissionato dal re di Pergamo Attalo I per decorare il donario e celebrare la vittoria del 240 a.C. sui Galati (nome con cui i Greci denominavano i Celti invasori dell'Asia Minore).
Le copie romane furono invece commissionate da Cesare per celebrare le sue vittorie sui Galli e posizionate nei sui horti sul Quirinale.
Il Galata morente, rinvenuto nel XVII secolo, fu portato nel 1797 a Parigi da Napoleone e ritornò in Italia nel 1815.

(Sarebbe bello che le due statue, tanto apprezzate da Lord Byron da dedicare loro un componimento, fossero in mostra insieme in un unico sito!).

Al Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini sono conservati alcuni reperti appartenuti agli Horti Sallustiani.
Tra questi vi sono frammenti di fregio con girali d'acanto e sfingi in marmo pregiato di prima età augustea.
Il fregio (4m) rimanda al nume tutelare di Augusto: Apollo.
Furono ritrovati nel 1888 in Via Boncompagni.

Ancora alla sede museale della Centrale Montemartini si trovano un Torso di Eros arciere copia di un originale greco in bronzo attribuito a Lisippo (IV secolo a.C.), ritrovato in Via Veneto nel 1929, un Torso di Amazzone inginocchiata, copia di un originale greco del VI secolo a.C. del frontone occidentale del Tempio di Apollo Daphnephorus di Eretria, ritrovata in Via Boncompagni/Via Q.Sella nel 1888; un Trofeo militare di età augustea, simbolo di una vittoria, nel quale probabilmente erano inserite armi nella struttura marmorea, che doveva essere posizionato in modo da dominare il panorama degli horti, ritrovato nel 1887 in Via Boncompagni, e un acrotero di Vittoria alata del 480/460 a.C. ritrovata in Via Sallustiana.

frammento di Fregio con girali d'acanto e sfingi (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)
frammento di Fregio con girali d'acanto e sfingi (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)
frammento di Fregio con girali d'acanto e sfingi (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)
Torso di Eros arciere (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)
Torso di Amazzone inginocchiata (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)
Trofeo militare (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano della Centrale Montemartini)

Alcune sculture furono nascoste dagli antichi proprietari in grotte e ambienti sotterranei dietro Piazza Sallustio per preservarli dalle invasioni del V/VI secolo: una di queste è la bellissima Niobide morente, proveniente dal Tempio di Apollo Daphnephoros di Eretria, trasferita a Roma in epoca augustea per decorare il Tempio di Apollo nel Circo Flaminio e poi trasferita negli Horti Sallustiani.
La statua, rinvenuta nel 1906, si trova oggi al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.

Niobide morente (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo)
Al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo si anche il Peplophoros, una fanciulla con indosso il peplo (470 a.C.), ritrovata a Piazza Barberini.

Peplophoros (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo

Molte delle opere rinvenute negli ultimi secoli entrarono nel mercato antiquario e finirono all'estero.
Tra le tante alcune si trovano oggi in musei stranieri.
Il Re Barbaro inginocchiato di età imperiale in marmo pavonazzetto (trovato tra Via Sicilia e Via Abruzzi), un Niobide steso e una Niobide in fuga (ritrovati ai piedi del podio del Tempio della Fortuna Pubblica in Via Flavia) e quattro maschere teatrali di dimensioni colossali sono alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen.

Re Barbaro inginocchiato (dagli Horti Sallustiani - al Ny Carlsberg Glyptotek - Copenaghen)
Niobide in fuga (dagli Horti Sallustiani - al Ny Carlsberg Glyptotek - Copenaghen)
Niobide disteso (dagli Horti Sallustiani - al Ny Carlsberg Glyptotek - Copenaghen)

Un Guerriero ferito e un candelabro  si trovano a Boston, come anche il cosiddetto Peplophoros di Boston (Isabella Stewart Gardner Museum), provenienti dall'area porticata.

Peplophoros di Boston (dagli Horti Sallustiani - al Isabella Stewart Gardner Museum - Boston)
Al Museo del Prado di Madrid si trova il gruppo scultoreo detto di Sant'Ildefonso (chiamato anche l'Offerta di Oreste e Pilade o Castore e Polluce).

particolare del Gruppo di Sant'Ildefonso (dagli Horti Sallustiani - Museo del Prado - Madrid)
A Gottingen si trovano il gruppo di Giocatrici di astragali.
Al Martin Von Wagner Museum di Wurzburg in Germania si trova un'ara con i Geni delle stagioni.

Al Louvre di Parigi si trovano un puteale con Fauni e Baccanti, il Sileno con Dioniso in braccio e il cosiddetto Ermafrodito Borghese restaurato dal Bernini, già tutti nella Collezione Borghese.

Sileno con Dioniso in braccio (dagli Horti Sallustiani - al Louvre - Parigi)
Ermafrodito Borghese (dagli Horti Sallustiani - al Louvre - Parigi)
E' invece rimasto a Roma l'Ermafrodito dormiente esposto alla Galleria Borghese.
Trovato dietro la Chiesa di S.Maria della Vittoria, fu restaurato da Andrea Bergondi imitando il materasso realizzato da Bernini per l'Ermafrodito Borghese

Ermafrodito dormiente (dagli Horti Sallustiani - alla Galleria Borghese - Roma)
Ai Musei Vaticani invece sono conservate tre statue egizie che decoravano gli Horti Sallustiani: quella in granito nero di Tuya, sposa di Seti I e madre di Ramsete II, che in origine decorava il Ramesseum di Tebe (1279/1213 a.C.) e condotta a Roma da Caligola, insieme alle altre due statue in granito rosa di Tolomeo II Filadelfo (periodo greco-romano) e della sorella-sposa Arsinoe II.

Tuya (dagli Horti Sallustiani - Musei Vaticani)
Tolomeo II Filadelfo (dagli Horti Sallustiani - Musei Vaticani)
Arsinoe II (dagli Horti Sallustiani - Musei Vaticani)
Il gruppo scultorio di Oreste e Elettra, noto anche come "Gruppo Ludovisi", che si trova al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, si trovava negli Horti Sallustiani.
Scritto nel marmo si legge "Menelaos allievo di Stephanos fece" (I secolo a.C./I secolo d.C.).

Oreste e Elettra (dagli Horti Sallustiani - Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps)
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Nel 410 i Barbari, che entrarono in Roma proprio dalla vicina Porta Salaria,  recarono danni ai giardini.

La testimonianza di Procopio del VI secolo ricorda che gli edifici erano stati distrutti durante le invasioni gotiche.
Per tutto il medioevo la zona fu abbandonata: con il taglio degli acquedotti, l'abitato si era spostato verso Trastevere e il Campo Marzio, dove la vicinanza del Tevere garantiva l'approvigionamento d'acqua.

Nel Rinascimento il Quirinale si era ricoperto da uliveti, e l'aria salubre della zona portò le famiglie nobili e gli alti prelati, letterati e uomini di cultura a costruirvi ville o a risiedervi.
Infatti Sisto V aveva fatto costruire l'Acquedotto Felice, e aveva fatto ripristinare l'antica Acqua Alessandrina, favorendo il ripopolamento della zona.

In epoca barocca si ebbe un nuovo interesse per la zona.
Nel 1622 venne costruita a nord della valle Sallustiana la Villa Ludovisi dal cardinale Ludovico Ludovisi (nipote di Papa Gregorio XIII), la più bella villa di Roma che comprendeva l'area compresa tra Ponta Pinciana e Piazza Fiume.
La villa passò poi per eredità ai Boncompagni, principi di Piombino e duchi di Sora.

 
La villa comprendeva la Palazzina del Belvedere (appartenuta già al cardinal Del Monte, chiamata anche "dell'Aurora" per gli affreschi del Guercino che la decoravano), il Palazzo Grande (situato dietro l'Ambasciata Americana di Via Veneto), il Casino della Villa Capponi (ricco di sculture), il Casino dei Pranzi (famoso per i sui banchetti in ottobre), una Chiesa privata (tra Via Boncompagni e Via Puglia), e il Castello gotico, una sorta di fortezza medievale costruita nel Settecento.


Gli edifici erano circondati da giardini, orti e frutteti: vi erano 250 tipi diversi di piante, che formavano viali affiancati da sarcofaghi o statue di Satiri e Ninfe.

Dopo il 1870 Roma fu investita dalla richiesta di alloggi e di terre edificabili, e la parte nord-occidentale della città subì una speculazione edilizia.
Nel 1885 Rodolfo Boncompagni-Ludovisi trovò un'intesa con la Società Generale Immobiliare per la lottizzazione della sua proprietà, e la villa venne sacrificata per la costruzione di un nuovo quartiere, che investiva il settore settentrionale degli Horti Sallustiani.

L'area di Piazza Sallustio fu acquistata nel 1870 da Giuseppe Spithoever, antiquario ed editore.
Nel 1881 si ha un interramento delle strutture antiche per la realizzazione di strade in vista di una successiva lottizzazione dell'area.
Per quel che riguarda i resti archeologici semisepolti di Piazza Sallustio, vennero costruiti muri di contenimento per preservarli dal terreno di riporto.

Ereditata dal nipote Giovanni Haas, la proprietà venne venduta nel 1902 al pittore Cesare Maccari, che vi costruì un villino in stile neogotico senese e fiorentino, con merlature di coronamento, bifore e paramenti murali in laterizio.

Villino neogotico di Cesare Maccari
Il villino è diviso in tre corpi di differenti altezze, con alla base un rivestimento di travertino a lastre.
Il corpo centrale è più basso e provvisto di una loggia al primo piano e due coppie di finestre arcuate.
Il corpo alla sua destra ha un'altana a torretta e loggia.

corpo centrale con loggia del Villino neogotico
loggia del corpo centrale e altana a torre e loggia del corpo laterale del Villino neogotico
corpo laterale del Villino neogotico
Su Via Collina il villino presenta un fronte lineare con bifore trilobate e rivestimento a bugnato al primo livello.
Il secondo livello presenta bifore trilobate e un rivestimento in laterizio.

fronte del Villino neogotico su Via Collina
Sopra al settore centrale del padiglione antico si trova un edificio (oggi sala conferenze dell'UNIONCAMERE), con l'ingresso principale inquadrato da lesene ioniche con timpano triangolare e la scritta "SPITHOEVER EREXIT A.D.MDCCCLXXXX".
Questa costruzione era stata adibita a studio d'artista.

studio d'artista oggi sala conferenze
ingresso dell'edificio con scritta dedicatoria
Si possono visitare i resti archeologici del padiglione degli Horti Sallustiani posti in Piazza Sallustio, il sabato mattina e il lunedì mattina, tramite le associazioni culturali che organizzano visite guidate.
Personalmente abbiamo visitato il sito con la visita teatralizzata "Il piacere sensuale dell'antica Roma" organizzata da ANCIENTAPERITIF http://www.aperitivoarcheologico.it.

visita teatralizzata del padiglione degli Horti Sallustiani

CONCLUSIONI
Un viaggio nella storia di un quartiere di Roma incominciato più di 2000 anni fa, dove si coltivava il piacere dell'ozio, inteso come "otium", la parola latina con cui gli antichi Romani intendevano i momenti di riposo dall'attività pubblica, il tempo della vita privata dedicato soprattutto agli studi.
Chiaramente l'"otium" era un'attività riservata soprattutto alle classi agiate, che si potevano permettere di avere, oltre che il tempo libero, la possibilità  economica necessaria per ricrearsi luoghi come questi, e circondarsi di tranquillità e di bellezza, date dall'amenità del luogo, dalle oasi di pace e di verde e dalle opere d'arte presenti.
Ma il contrario dell' "otium" era il "negotium", l'attività pubblica, e gli interessi speculativi spesso sono in contrasto con la conservazione della bellezza, a vantaggio del denaro, ed è così che spesso si distrugge ciò che altri hanno costruito di bello.
E la distruzione per ragioni speculative della Villa Ludovisi, luogo di "otium" ricreato molti secoli dopo sui ruderi di quello antico, è stata un esempio eclatante!
 

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