mercoledì 21 novembre 2018

Il Complesso Monumentale del Belvedere di S.Leucio (Museo della Seta)


La visita al Complesso Monumentale del Belvedere di S.Leucio comprende, oltre agli Appartamenti storici del palazzo (vi invito a leggere il mio post dove vengono descritti), anche il Museo della Seta.

               Re Ferdinando IV di Borbone aveva un sogno: Ferdinandopoli.

Il sovrano borbonico, dopo la morte prematura del figlio ed erede al trono CarloTito (che aveva solo tre anni), volle costruire a S.Leucio, luogo di "Reali Delizie" ma che gli ricordava la sua perdita famigliare, un ospizio per i poveri con un opificio.

Fu così che ebbe inizio la storia di una delle fabbriche di seta più conosciuta al mondo, sia per la qualità dei suoi manufatti che per il progetto politico-sociale, da molti considerato utopistico, del sovrano.
San Leucio è infatti famosa in tutto il mondo per le sue tende, i suoi arazzi, damaschi, jacquard e broccati, tutti realizzati in seta, che decorano Ambasciate e le più prestigiose residenze storiche, istituzionali e private.
Le sete di S.Leucio sono presenti nella Reggia di Caserta, al Quirinale, alla Camera dei Deputati e al Senato Italiano, al Vaticano, nella Sala Ovale della Casa Bianca.
Le bandiere degli Stati Uniti e del Regno Unito sono fabbricate a San Leucio. Sono stati  realizzati a S.Leucio anche i paramenti per il Giubileo di papa Giovanni Paolo II.









La Real Colonia Serica di San Leucio, una comunità autonoma con principi di uguaglianza sociale ed economica, nacque nel 1778.

Le norme che regolavano la vita della colonia furono scritte nel cosiddetto Statuto di San Leucio (1789).
                                                                      Eccone alcune.

Vi era parità tra uomini e donne, e vigeva un sistema mericratico.
Le donne ricevevano una dote dal re per sposarsi, e per questo non erano più considerate merce di scambio.
Per sposarsi i futuri sposi non avevano bisogno del consenso dei genitori, e i matrimoni venivano celebrati tutti il giorno di Pentecoste.
Veniva garantita l'istruzione ai figli (fu questa la prima scuola dell'obbligo in Italia), che venivano ammessi al lavoro a quindici anni.
Era obbligatoria la vaccinazione contro il vaiolo (il figlio primogenito del re era morto a San Leucio proprio a causa del vaiolo).
L'orario di lavoro era ridotto a confronto delle ore richieste nel resto d'Europa (11 ore contro le 14 europee).
Tutti dovevano vestire più o meno uguali e rispettare le norme igieniche.
Era garantita l'assistenza agli anziani e agli infermi.
Era vietato il lutto per scaramanzia.
Erano aboliti i testamenti, gli eredi erano i figli e le vedove godevano dell'usufrutto.
Si era liberi di lasciare la colonia, ma con il divieto di ritorno.

abbigliamento tipo degli uomini
abbigliamento tipo delle donne

Gli edifici della colonia, realizzati a partire dal 1786, vennero progettatati da Francesco Collecini, allievo del Vanvitelli, che ristrutturò anche il Palazzo del Belvedere per potervi ospitare l'opificio.

Complesso Monumentale del Belvedere in 3D
L'ingresso alla colonia era costituito dall'Arco Borbonico, che precedentemente aveva segnato l'accesso della proprietà feudale degli Acquaviva.

Arco Borbonico
L'arco ad unico fornice è alto 8,90m e largo 12,70m. ed è chiuso da una cancellata in ferro.
E' decorato con bugnato e due paraste.

cancellata dell'Arco Borbonico
E' sormontato dallo stemma borbonico, da armi e cornucopia realizzati da Nicola Morosini e da due leoni realizzati in travertino di Bellona da Angelo Brunelli.

stemma borbonico e leoni dell'Arco Borbonico
Prima dell'arco si trova il Quartiere Trattoria dove erano stati realizzati gli alloggi per coloro che venivano in visita dal re, con stalle, lavatoi, forni e successivamente una fabbrica di maccheroni.

I due quartieri degli operai, situati dopo l'arco, presero il nome di Quartiere S.Ferdinando (in onore del re) e di Quartiere S.Carlo (in onore della regina Carolina).

incrocio tra il Quartiere S.Ferdinando (a sinistra) e il Quartiere S.Carlo (a destra)
Quartiere S.Ferdinando
Quartiere S.Carlo
Agli operai veniva assegnata un'abitazione all'interno della colonia.
Le case a schiera (37 unità in totale), con stalle e piccolo giardino retrostanti, si articolavano su due piani più un locale seminterrato.
L'ingresso era sormontato da una tettoia in ferro in stile Art Nouveau.
Al pian terreno si trovava la cucina e un locale a doppia altezza per alloggiare un telaio ad uso personale, mentre al primo piano si trovava la zona notte costituita da due o tre vani.
Le case erano dotate di acqua corrente e da servizi igienici.
case a schiera
case a schiera
pensiline in Art Nouveau
una casa ben ristrutturata
case ristrutturate ...e altre no
Addossate ai cantoni dei due quartieri furono realizzate nel 1794 da Angelo Solari due fontane formate da un bacino a forma di terrina e da una conchiglia in cui una testa femminile versa l'acqua dalla brocca.
Sopra le fontane vi erano effigiati S.Ferdinando e S.Carlo.

fontana del Quartiere S.Carlo (Angelo Solari - 1794)
fontanella del Quartiere S.Ferdinando (Angelo Solari - 1794)
Tra il 1784 e il 1787 nel Casino Reale del Belvedere appositamente ristrutturato vennero sistemati la filanda, i filatoi e i telai.
Poi vennero impiantate la Cocolliera e una grande Filanda dei Cipressi ad est del Casino Reale.

edifici aggiunti al Palazzo del Belvedere ad uso dell'opificio
Nel 1789 vi erano 70 telai per la fabbricazione di calze e 30 telai per la produzione di stoffe, che si incrementarono giungendo ad avere nell'opificio 100 telai per le calze e 80 per le stoffe.
Nel 1882 venne introdotto nella produzione il telaio Jacquard.

edifici dell'opificio
Nella colonia si allevavano ovini e bovini, si coltivavano alberi da frutta, riso, ulivi, agrumi, cotone, granturco, viti (nella Vigna del Ventaglio, terreno a semicerchio diviso in 10 spicchi, in ognuno dei quali erano state piantare 1000 piante di vite (in ogni spicchio una specie diversa).

Vigna del Ventaglio
E naturalmente furono piantate anche piante di gelso per poter alimentare i bachi da seta.

bozzoli di bachi da seta
Inizialmente nel territorio intorno a San Leucio i bachi (Bombix mori) venivano allevati dalle famiglie contadine.
Erano soprattutto le donne ad occuparsene, e la maggior parte del lavoro veniva svolto tra aprile e maggio, periodo nel quale le uova dei bachi si schiudevano e venivano nutriti con fronde di gelsi neri, ai quali poi vennero aggiunti gelsi bianchi importati da Bologna.
I bachi, che alla nascita misurano 3mm, pensano solo a mangiare!
Arrivano a misurare 9cm dopo 6 settimane, e dopo tre/quattro mute a questo punto producono un bozzolo che è costituito da un filamento lungo da poche centinaia di metri a 3km, avvolto in 20/30 strati concentrici (è la più lunga fibra naturale che si conosca).
I bachi giungevano a San Leucio su carri.
Qui restavano separati secondo il mercato di provenienza.
Si procedeva poi con il processo d'essicazione nel quale le crisalidi venivano soffocate nei locali del forno e/o della stufa con il vapore acqueo.
Venivano poi posti nei locali della Coculliera su grandi tavoli, e girati due volte al giorno con l'aiuto di grandi lenzuola.
Poi si passava a selezionarli e a raggrupparli secondo la grandezza (crivellatura).
Trasferiti nella Filanda, si passava alla trattura.
Per dipanare il filamento i bachi venivano immersi in acqua quasi bollente, per ammorbidire la sericina, la proteina gommosa che tiene insieme il bozzolo.
Bisognava quindi trovare il capofilo del filamento che avvolge il bozzolo (scopinatura).

Poi l'aspo avvolgeva più filamenti in un unico filo della grossezza desiderata (costituito di solito da 3/10 filamenti), formando delle matasse.

aspi da filanda in legno
Il filo di seta dalle matasse veniva avvolto sui rocchetti per mezzo dell'incannatoio.

torsello per matasse
incannatoi
incannatoio
incannatoio
fusi manuali e navette
Il torcitoio serviva a eliminare l'umidità residua e a realizzare un filo abbastanza resistente per poter essere tessuto, e faceva il lavoro di 20 operai (torcitura).
In esso vi erano 1200 rocchette, su ognuna delle quali  vi erano avvolti 50 km di filo di seta, per un totale di 60.000 km di filo di seta (l'equivalente di un giro e mezzo intorno alla Terra!).

torcitoio
parte del torcitoio
fili di seta nel torcitoio
rocchette del torcitoio
rocchette e fili di seta del torcitoio
Al pian terreno del palazzo si trovano due torcitoi ricostruiti su disegni originali.
Originariamente venivano azionati mediante macchine idrauliche poste nei sotterranei (oggi sostituite da motori), che sfruttavano l'acqua portata fin qui dall'Acquedotto Carolino.

ruota che aziona i torcitoi
ruota che aziona i due torcitoi
L'orditoio era la macchina che preparava l'ordito prima di montarlo sul telaio.

orditoio verticale o giostra
Poi dall'orditoio il filo dell'ordito passava nella piegatrice, la macchina che serviva ad avvolgere manualmente dei fili sul subbio del telaio.

piegatrice
 La cantra serviva invece a sostenere in più file ordinate i rocchetti che alimentavano gli orditoi.

cantra o rastrelliera
Nel XVIII secolo venne inventato il cosiddetto "provino", una macchinetta per misurare lo spessore e quindi la qualità dei filati di seta: si avvolgeva su un naspo di 1m di circonferenza 450m di filo, che veniva poi pesato.
Il cosiddetto "titolo del filato" era di 20gr.
Più basso era il titolo più pregiato era il filo e di conseguenza più alto il prezzo.

aspino per titolazione (provini)
Al primo piano del Palazzo del Belvedere, in una grande sala in comunicazione con gli Appartamenti Reali, veniva tessuto il prodotto in grandi telai a pedaliera.

sala con i telai
telaio
telaio
Sono qui conservati, restaurati e funzionanti, 9 telai: 3 per il damasco, 2 per il broccato e il broccatello e 3 per lo spolinato e uno a doppia altezza per realizzare coperte (260cm).

telaio a doppia altezza per la produzione di coperte
Qui s'intrecciavano a mano i fili della trama colorati sul rovescio del tessuto tra due catene d'ordito
I disegni più complessi utilizzavano anche otto spolette per un totale di 12.800 fili di ordito.
Con questi telai a mano venivano impiegati 4 giorni per la realizzazione di 1m di stoffa e in totale non si potevano che produrre 6m di stoffa al giorno.

Con l'introduzione a metà Ottocento del telaio Jacquard, che si avvaleva di cartoni forati, si poteva ottenere il doppio o il triplo della produzione.

punzoni, punzonatrice e meccanica per tessuti Jacquard
A ogni colpo di pedale il cartone si posiziona in modo da mostrare solamente i fori occorrenti al disegno, in modo che entrino solo gli aghi necessari.
Si potevano produrre broccati di seta, d'oro e argento.
Oggi il disegno viene scannerizzato e portato al telaio meccanico.

telaio Jacquard
telaio Jacquard
 Dopo la tessitura la stoffa prodotta viene rifinita, cimata e piegata.

il tessuto di seta finito
Esistevano anche speciali telai per la produzione della passemaneria in seta e una macchina chiamata  spiralatrice che serviva a spiralare i fili pregiati (seta, oro, argento) con filati di minor pregio, per produrre passamaneria.

telaio per la produzione della passamaneria e spiralatrice

 A San Leucio vennero fabbricati anche alcuni prodotti locali quali il Gros de Naples e il Leuceide.
Il progetto "utopistico" di re Ferdinando di una comunità autosufficiente retta da uno statuto speciale anticipò di poco la Rivoluzione francese, e fu contemporaneo di un altro progetto simile, che prese vita a New Lanark in Scozia, per far sorgere un lanificio.
Quando nel 1861 San Leucio entrò a far parte del Regno Sabaudo l'opificio fu privatizzato.
Gli operai aprirono aziende famigliari che per tutelare la qualità e l'originalità dei podotti si riunirono nel Consorzio S.Leucio Sete nel 1992.



http://www.sanleucio.it
Orario:
invernale    9.00/18.00    sabato, domenica e festivi visite guidate alle  9.30-10.45-12.00-15.00-16.30
estivo         9.30/18.00    sabato, domenica e festivi visite guidate alle  9.30-10.45-12.00-15.30-17.00
Martedì CHIUSO
Costo:   6€   visita guidata degli Appartamenti storici + archeologia industriale + giardini



CONCLUSIONI
E' stato affascinante approfondire a San Leucio la conoscenza delle procedure per la produzione della seta.
La bachicoltura ebbe origine in Cina tra il 4.000 e il 3.000 a.C.
I Romani conobbero la seta venendo in contatto con i Parti nella battaglia di Carre del 53 a.C. in cui perse la vita Crasso.
Gli stendardi dei loro avversari erano di seta e dal quel momento Roma importò dalla Cina questo prezioso tessuto, ma senza sapere come venisse gelosamente prodotto.
La bachicultura si diffuse in europa intorno al 550 d.c.quando l'imperatore Giustiniano mandò due monaci in missione segreta in Cina per scoprire i segreti di quest'arte: tornarono con i loro bastoni da viaggio pieni di bachi da seta.
E Venezia, tramite Marco Polo, individuò la cosiddetta "Via della Seta", diffondendo i pregiati tessuti nella Serenissima e dando inizio alla produzione serica anche in Italia.
Una storia molto antica, che vale la pena certamente di conoscere, in questo contesto di archeologia industriale che è stata anche il palcoscenico di un esperimento sociale, di un esempio di socialismo utopico ante litteram.


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