domenica 8 novembre 2015

Roma: la Basilica di Santo Stefano Rotondo, un'enciclopedia del martirio


La Basilica di S.Stefano Rotondo, una delle chiese più antiche di Roma, si trova lungo l'antica Via Caelimontana, su uno dei sette colli di Roma: il Celio.

Acquedotto neroniano
Passando sotto un'arcata dell'Acquedotto neroniano si accede al cortile circondato da mura romane nel quale vi è l'ingresso alla chiesa.

ingresso alla Basilica di Santo Stefano Rotondo
E' dedicata a Santo Stefano diacono, primo martire cristiano, lapidato dai Giudei su istigazione del Sinedrio, nel 35 circa. Le sue reliquie furono trovate a Gerusalemme nel 415.

Questa basilica è il più antico esempio a Roma, ed una delle più antiche d'Italia, di chiesa a pianta circolare.
La sua pianta è molto simile a quella della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

La Basilica di S.Stefano Rotondo è l'unica chiesa Nazionale d'Ungheria, e dal 1580 appartiene al Pontificio Collegio germanico-ungarico.


Ricca di reperti archeologici e opere d'arte, la chiesa paleocristiana fu costruita nel V secolo, voluta da Papa Leone I, sui resti dei Castra Peregrina (o Peregrinorum), la caserma per le truppe delle regioni provinciali distaccate a Roma (da qui l'appelllativo "dei peregrini"), una sorta di servizi segreti dell'Impero Romano.
I Castra Peregrina, costruiti nel 160 d.C., furono abbandonati nel IV secolo d.C.

Tra il 1973 e il 1975 sotto la chiesa è stato scoperto un mitreo, uno dei più grandi trovati a Roma (9,50 X 10m), costruito nel 180 d.C. e molto probabilmente ad uso dei soldati qui stanziati.

piccolo rilievo raffigurante la tauroctonia - dal Mitreo della Basilica di Santo Stefano Rotondo  (Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano)
testa di Mitra in stucco policromo e dorato  (in centro) e testa con disco solare sostenuta da spighe di grano appartenuta ad una statua di Iside (a sinistra) - dal Mitreo della Basilica di Santo Stefano Rotondo  (Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano)
statua di Mitra (pietra genetrix, la pietra dalla quale nacque Mitra) e altari con dedica a Cautes e Cautopates - dal Mitreo della Basilica di Santo Stefano Rotondo  (Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano)


La chiesa fu consacrata da Papa Simplicio.

interno della Basilica di Santo Stefano Rotondo
Aveva una pianta particolare: era circolare ed era formata da tre cerchi concentrici.

ricostruzione dell'originale Chiesa di Santo Stefano Rotondo (V secolo)

Il cerchio centrale (22m di diametro), era ed è circondato da 22 colonne di recupero diverse tra loro (per questo le basi delle colonne sono di diversa altezza), con capitelli ionici costruiti nel V secolo appositamente per la chiesa.

zona centrale della Basilica di Santo Stefano Rotondo
Sulle colonne vi è un'architrave sulla quale poggia un tiburio alto 22,16m.

capitelli ionici e architrave sulla quale poggia il tiburio
La parte centrale era circondata da due ambulacri ad anello più bassi:
- quello più interno era circondato da 36 colonne e 8 pilastri che formavano 44 archi (oggi appaiono inglobati in un muro continuo),
- quello più esterno (oggi scomparso), era chiuso da un basso muro e diviso in due corridoi: il corridoio più esterno era coperto con volta a botte anulare, mentre quello più interno (2/3 dello spazio dell'intero ambulacro), era scoperto.

colonnato che racchiude la zona centrale della chiesa
ambulacro più interno
L'ambulacro più esterno era anche suddiviso radialmente da colonnati sormontati da un muro, che delimitavano quattro ambienti più alti, formando una pianta a croce greca.

La chiesa aveva 8 piccole porte che immettevano nel corridoio coperto; da qui si poteva accedere ai quattro spazi radiali tramite una trifora su due colonne, e passare quindi nell'ambulacro interno e nello spazio centrale.

Gli interni di questa chiesa avevano decorazioni marmoree alle pareti e il pavimento era in marmo cipollino.
L'altare era posto nel centro in uno spazio recintato.

Tra il 523 e il 529 i Papi Giovanni I e Felice IV l'abbellirono con mosaici e marmi in porfido, serpentino e madreperla.

resti dell'antico pavimento in mosaico
resti dell'antico pavimento
E' qui conservata (a sinistra dell'ingresso), la cattedra sulla quale Papa Gregorio Magno era solito sedersi quando officiava in questa chiesa: è un sedile di epoca romana dal quale vennero eliminati la spalliera e i braccioli nel XIII secolo.


cattedra di Papa Gregorio Magno
Nel VII secolo Papa Teodoro I fece traslare nella chiesa, da una catacomba al XV miglio della Via Nomentana, all'altezza di Mentana, le reliquie dei Santi Primo e Feliciano.

S. Primo e S. Feliciano erano due fratelli ottantenni martirizzati (torturati e decapitati) a Mentana nel 303 d. C. durante le persecuzioni degli imperatori Diocleziano e Massimino.
ingresso alla Cappella di S.Primo e S.Feliciano
Per conservare le reliquie dei due Santi fu creata, nel braccio nord-orientale dell'ambulacro esterno, la cappella dei Santi Primo e Feliciano.
Venne per questo chiusa una delle porte della chiesa e il muro arrotondato a formare un'abside.

Cappella dei Santi Primo e Feliciano
Il catino absidale è decorato con un mosaico a fondo d'oro con raffigurati i due Santi ai lati di una croce gemmata.

catino absidale con mosaico
La croce è sormontata da da un clipeo nel quale è raffigurato il busto di Cristo.
Al di sopra ancora, Dio offre la corona del martirio.

I Santi sono raffigurati in età giovanile rispetto all'età che avevano all'epoca del loro martirio, e sono rappresentati come dignitari bizantini, con in mano il rotulo arrotolato e legato.
Si pensa che l'autore anonimo dell'opera sia stato di origini bizantine.

Nell'emiciclo un affresco raffigura Gesù tra S.Pietro e S.Paolo, gli Apostoli, S.Lorenzo e Santo Stefano.

emiciclo della Cappella di S.Primo e S.Feliciano
L'altare attuale, in marmi diversi in accordo cromatico con la decorazione dell'abside, è un progetto di Filippo Barigioni (1736), ed accoglie le reliquie dei Santi.

altare della Cappella dei Santi Primo e Feliciano
Nell'XI secolo la cappella venne ristretta per dar spazio alla sacrestia e ad un coro secondario.

Nel 1586 le pareti furono affrescate da Antonio Tempesta con scene del martirio dei Santi.

Martirio di S.Primo - A.Tempesta
Martirio di S.Feliciano -  A.Tempesta

Nel XII secolo la chiesa, dopo aver subito un periodo di decadenza durante il quale aveva perso anche le coperture originali, viene restaurata da Papa Innocenzo II.

portico della Basilica di Santo Stefano Rotondo
Viene aggiunto un porticato d'igresso a 5 arcate con colonne con fusti di reimpiego in granito e capitelli tuscanici.

portico della basilica
Per rinforzare la struttura viene eretto nello spazio centrale un muro di tramezzo aperto da tre archi sorretti da due grandi colonne di granito rossastro (8,45m), con capitelli corinzi.

muro di tramezzo
colonne di granito


muro di tramezzo
In seguito la chiesa venne di nuovo trascurata al punto che si pensava fossero le rovine di un tempio dedicato al dio Fauno.
Sino al XIX secolo si ipotizzava che la chiesa fosse stata una costruzione romana: il "Tempio di Bacco" o il "Macellum Magno", il mercato costruito da Nerone (perché a pianta circolare, con colonne perimetrali e sormontato da cupola).

Fu Papa Niccolò V nel XV secolo a farla restaurare con l'ausilio di Bernardo Rossellino.
Furono rifatte le coperture e i pavimenti rialzando le quote.

E' in questa fase che vengono eliminati l'anello esterno e tre dei bracci della croce greca (l'unico braccio superstite accoglieva il vestibolo).

vestibolo
vestibolo














Le arcate perimetrali dell'anello interno furono tamponate e le 22 finestre originali del tiburio furono murate sostituendole con 8 bifore.

finestre tamponate e una bifora del tiburio
E' di quest'epoca anche il portale d'ingresso e l'altare marmoreo.

portale d'ingresso della basilica
altare marmoreo
Il recinto ottagonale che circonda l'altare è del 1580.

recinto ottagonale intorno all'altare
E' decorato, internamente ed esternamente, con affreschi monocromi (24 scene in giallo), realizzate da Niccolò Circignani (chiamato il Pomarancio) e sculture che raffigurano la storia di Santo Stefano e del suo culto in Ungheria (dedicato ai Santi ungheresi della famiglia reale degli Arpad: S.Stefano primo re d'Ungheria, suo figlio S.Emerico e re Ladislao).

recinto ottagonale
recinto ottagonale: scena del martirio di Santo Stefano
recinto ottagonale: scena del martirio di Santo Stefano

Il Pomarancio, insieme ad Antonio Tempesta e al paesaggista fiammingo Bril, affrescarono il muro di tamponatura tra le colonne dell'ambulacro con un Martirologio.

Martirologio
Martirologio
Martirologio
Furono affrescate 34 scene di martirio inflitto ai Cristiani dagli imperatori romani.
Le scene sono volutamente cruente: avevano una finalità didascalica, dovevano preparare al possibile martirio i gesuiti che, all'epoca della Controriforma Luterana, venivano mandati nei territori tedeschi.

Nei singoli affreschi si descrivono sino a tre supplizi su piani diversi: le lettere indicano la sequenza e fanno riferimento alla sottostante didascalia scritta in latino e in italiano, che elenca i nomi dei martiri.

didascalie in latino e in italiano degli affreschi
Per guardarli con attenzione non bisogna essere deboli di stomaco!

E' una vera enciclopedia illustrata delle torture: corpi straziati dai cani o dalle belve feroci, bolliti, bruciati, scorticati, lapidati, pressati, fatti a pezzi, sepolti vivi...lingue tagliate, seni recisi, occhi accecati...

Martirio di S.Giovanni Damasceno (a sinistra)
Martirio di S.Vito, S.Modesto e Santa Crescenza (a sinistra)
Martirio di S.Pietro d'Alessandria (a sinistra) e Martirio di S.Giovanni, S.Paolo, Santa Bibiana e S.Artemisio(a destra)
Martirio di Sant'Agata (a destra)
Tra i martirii più noti vi è la Strage degli Innocenti, la Crocefissione di Gesù, il Martirio di Santo Stefano e i Supplizi degli Apostoli.

Martirio di Santo Stefano
Crocefissione di Gesù
Una cappella della basilica è dedicata a S.Stefano d'Ungheria con sepolcro del XVI secolo.

Cappella di S.Stefano d'Ungheria
Una piccola lapide ricorda invece la sepoltura del re irlandese Donough O'Brien di Cashel e Thomond, morto a Roma nel 1064.

Nella chiesa vi è il tabernacolo ligneo realizzato da Giovanni Gentner, mastro fornaio svevo di Roma nel 1613.
E' uno dei modelli sopravvissuti di architettura a pianta centrale  d'ispirazione Michelangiolesca realizzati per la Basilica di S.Pietro.

tabernacolo ligneo (XVII secolo)

Orari:  ultima domenica di ottobre/ultimo sabato di marzo
            lunedì/domenica               10.00/13.00             14.00/17.00
            ultima domenica di marzo/ultimo sabato di ottobre
            lunedì/domenica               10.00/13.00             15.00/18.00
            aprile - maggio - giugno   10.00/13.00             15.00/18.00

Mitreo attualmente chiuso al pubblico

CONCLUSIONI
Oltre all'architettura particolare (a pianta rotonda e a croce greca insieme) ciò che rende unica (o quasi) la Basilica di Santo Stefano Rotondo è la rappresentazione cruda e raccapricciante del suo Martirologio.
Charles Dickens scriveva a proposito degli affreschi di questa basilica nei suoi "Pictures from Italy" (1846):
"...such a panorama of horror and butchery no man could imagine in his sleep, though he were to eat a whole pig raw, for supper.
"...Nessuno potrebbe sognare un tale panorama di orrore e macelleria, nemmeno se avesse mangiato un intero maiale crudo per cena."
Ma sono stati colpiti dagli affreschi anche Stendhal, Goethe e De Sade.
Questo è uno di quei casi in cui bisogna pensare alla bellezza dell'opera d'arte che si sta osservando senza porre troppa attenzione a ciò che vi è rappresentato.

4 commenti:

maurizio militello ha detto...

Grazie per avermi reso partecipe dello splendore di una delle più belle chiese di Roma e in generale della tradizione paleo-cristiana-bizantina. Restaurata mirabilmente da L. Battista Alberti è considerata il paradigma delle chiese contemplate dallo stesso nel suo "De re aedificatoria" in quanto presenta all'interno una trabeazione che insiste sulle colonne come prescriveva Alberti: "la bellezza del tempio, tuttavia, è più sublime, e quella della basilica non può e non deve rivaleggiare con essa" (L.B.Alberti, De re aedif., L.VII, cap. 14; cfr. R. Wittkower, Principi architettonici dell'età dell'umanesimo, Einaudi, p. 12); poco prima scrive “Gli archi si impiegano per i teatri e le basiche, ma non si cofanno alla dignità delle chiese per le quali è appropriata soltanto la forma austera delle colonne trabeate” (L.B. Alberti, op. cit. L. VII, cap. VI; cfr. R. Wittkower, op. cit. p. 13).
Ancora grazie. Vi saluto con la nota formula augurale con la quale Platone conclude magistralmente la sua “Repubblica”:
“Eu prattomen” (traslitterato dal greco), staremo bene
Maurizio Militello
e-mail: mauriziomilitello10@gmail.com

Raffaella ha detto...

Grazie a te Maurizio per il tuo gradito ed interessante contributo.

Anonimo ha detto...

Grazie per questa sintetica ma dettagliata descrizione

Raffaella ha detto...

Grazie per il commento

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