domenica 22 novembre 2020

Firenze: l'Officina Profumo-Farmaceutica di S.Maria Novella

In una parte del complesso conventuale della Basilica di S.Maria Novella si trova l'Officina Profumo-Farmaceutica di S.Maria Novella, considerata la più antica farmacia storica d'Europa.

Basilica di S.Maria Novella
Nonostante siano trascorsi quattro secoli di storia questa farmacia, oggi solo profumeria ed erboristeria, è ancora in attività: era infatti il 1612 quando il primo direttore fra' Angiolo Marchissi (speziale e maestro d'alchimia) decise di aprire la vendita al pubblico di acque odorose e profumi in quella che era già una Spezieria del convento.

Ma le origini di questa attività aromataria, come luogo di coltivazione di piante e fiori per la creazione di estratti medicamentosi, elisir ed essenze, sono ancora più antiche. 

Vi era infatti attiguo alla chiesa un cosiddetto Giardino dei Semplici.

Già nel 1381 i frati Domenicani del convento vendevano un'Acqua di rose, che veniva usata come disinfettante soprattutto durante le epidemie. Inoltre i frati rifornivano anche con i loro prodotti la farmacia del Convento di S.Marco, gestita dai confratelli del loro stesso Ordine.

Nel 1533 Caterina de' Medici commissionò ai frati domenicani un'essenza speciale per le sue nozze con Enrico II di Valois. I frati realizzarono uno dei primi profumi a base alcolica della storia (prima di questo profumo si usava unire olio e aceto alle essenze, ma questo portava col tempo alla trasformazione in un prodotto dall'odore rancido). Era un'essenza agli agrumi con prevalenza di note al bergamotto di Calabria, con la quale la futura regina di Francia conquistò le corti francesi. Il nome dell'essenza creata era "Acqua della Regina" ed essendo ancor oggi prodotta dall'Officina, la si può acquistare col nome di "Acqua di S.Maria Novella" ed è l'unica che si identifica col nome di "profumo" e non di "colonia" come le 45 acque di colonia vendute oggi all'interno di questa boutique.
Un'altra antica profumazione usata già dal XVI secolo per profumare il pellame è l' "Acqua di colonia Peau d'Espagne", le cui note resinose e speziate lo rendono un profumo tipicamente maschile.

A fra' Angiolo Marchissi si deve invece la formula della cosiddetta "Acqua Antisterica" a base di balsamite, acqua sedativa e antispasmodica venduta ancor oggi nell'Officina con il nome di Acqua di S.Maria Novella Elisir

Era anche usato nel Settecento il cosiddetto Aceto dei Sette Ladri, una preparazione che secondo la leggenda venne usata durante un'epidemia da sette ladri che, grazie a questo preparato, spogliavono i cadaveri degli appestati senza essere infettati. Questo aceto dagli ingredienti segreti, che soprattutto manteneva lontani topi e ratti, venne usato durante la peste che colpì la città di Tolosa tra il 1628 e il 1631, e Giacomo Casanova la cita anche come condimento.

Per profumare i propri guanti nell'Ottocento la Contessa d'Aumont, moglie del Maresciallo di Francia e interessata all'achimia, aveva formulato una poudre (polvere) usando la nota speziata del macis accompagata da altre note legnose. La nobil donna francese fu accusata di stregoneria e per questo bruciata sul rogo. Nell'Officina viene prodotta l' "Acqua di colonia Marescialla", che riprende quelle note legnose speziate che alla fine dell'Ottocento riscossero tanto successo. Tommasi di Lampedusa, nel suo romanzo Il Gattopardo la fa indossare ad Angelica al gran ballo dei Salina: "...dalla scollatura di Angelica saliva il profumo di bouquet à la Maréchale...".

Queste sono alcune delle fragranze storiche prodotte, ma ritorniamo alla storia di questo luogo profumato...

Nel 1659 l'Officina ricevette il titolo dal Granduca Ferdinando II de' Medici di Fonderia di Sua Altezza Reale. I suoi prodotti oltre ad essere acquistati dai clienti locali, italiani ed europei, venivano esportati sino in Cina e nelle Indie.

Dal 1743 iniziò la produzione di liquori per volere di fra' Cosimo Bucelli, all'epoca direttore dell'Officina, il quale redasse anche il ricettario Il Libro dei Segreti, in cui erano riportati rimedi tradizionali e altri sperimentati da lui.

Tra i liquori che vennero proposti vi era l'Alkermes (liquore che essendo di colore rosso rubino prende il nome dalla parola araba "quirmiz" che significa di "color scarlatto"), il Liquore Mediceo dalle proprietà digestive, l'Elisir di Lussembergo (la cui formula fu scritta da un frate domenicano di Edimburgo che visitò nel XVII secolo Firenze), l'Elisir di China (proveniente dal Perù, paese in cui veniva usato in polvere per curare la febbre malarica) o il Liquore al cioccolato preparato con il cacao che dopo il 1600 era arrivato a Firenze.
Per evitare che l'Officina fosse chiusa a causa delle soppressioni napoleoniche, il direttore fra' Tommaso Valori la convertì in attività scientifica e l'acquistò a nome suo nel 1813, per poi donarla ai Domenicani nel 1817.

A fra' Tommaso Valori si deve il progetto di rinnovamento del sito con l'apertura di un ingresso su Via della Scala (prima si accedeva alla Spezieria dal chiostro del convento), dal quale ancor oggi il pubblico entra in questa boutique del profumo.

E la nostra visita inizia proprio da questo ingresso dal portale a tutto sesto in pietra arenaria, decorato con elementi vegetali e sormontato dallo stemma dei Domenicani con il sole raggiante.

ingresso su Via della Scala dell'Officina Profumo-Farmaceutica di S.Maria Novella

particolare della decorazione del portale

stemma araldico dei Domenicani sul portale
Nell'Atrio, dallo stile classicheggiante, si viene accolti dal personale in elegante divisa scura.

Atrio

volte dell'Atrio

Nell'Atrio, dai pavimenti intarsiati in marmo e dalle decorazioni di ordine ionico in pietra serena, si aprono lateralmente due esedre occupate dalle statue di Galeno, filosofo e medico greco che fece conoscere il sapere di Ippocrate nell'Impero Romano e venne prescelto da Marco Aurelio come medico personale, e di Igea, figlia del semidio Asclepio, dea della salute e dell'igiene.

statua di Igea in una esedra dell'Atrio

statua di Galeno in una esedra dell'Atrio

Salendo qualche scalino si entra in un Vestibolo neogotico voltato a crociera e con decorazioni a gigli oro su fondo blu.

passaggio tra il Vestibolo e la Sala Vendite
Tramite questo ambiente si raggiunge la Sala Vendite alle cui pareti sono appoggiati otto armadi in noce, opera di un intagliatore locale.

Sala Vendite

Sala Vendite
Questa sala era originariamente la Cappella di S.Niccolò di Bari, ad uso degli infermi dell'Infermeria del convento. La cappella fu costruita nel 1335 con il finanziamento di Dardano di Tingo Acciaiuoli come ringraziamento per essere stato guarito dai frati Domenicani con l'uva ursina, quando si era ammalato gravemente.

La volta gotica della sala fu poi affrescata da Paolino Sarti quando nel 1847 fra' Domenico Beni fece iniziare i lavori di rinnovamento. Per celebrare la fama di questa farmacia nel mondo, l'artista raffigurò nella volta quattro figure di donne che rappresenterebbero Quattro Continenti.

volta della Sala Vendite: Quattro Continenti (Paolino Sarti - 1847)

Gli arredi in stile trecentesco comprendono un bancone con portafiaccole in bronzo a soggetto femminile e due statue lignee che alludono alla vita salubre. 

bancone della Sala Vendite

Raffigurazione della vita salubre

Raffigurazione della vita salubre
Si è circondati dai prodotti realizzati nell'Officina e si è avvolti dal pot pourri dei loro profumi...saponi, creme, colonie, sacchetti profumati...

vetrine della Sala Vendite

vetrine della Sala Vendite

vetrina della Sala Vendite

espositore nella Sala Vendite

Adiacente alla Sala Vendite si trova un ambiente con colonne adibito al pagamento dei prodotti acquistati.

casse

Dalla Sala Vendite si può poi accedere alla cosiddetta Sala Verde.

Sala Verde

bancone della Sala Verde

Sala Verde
La sala, prospicente il giardino, posta tra l'Infermeria del convento e la Cappella di S.Niccolò, venne costruita tra il 1335 e il 1337.

Alla fine del Settecento si era diffuso l'uso di bere la cioccolata in tazza, ed è per questo che venne aperta ai nobili la cosiddetta Sala Verde, un ambiente dalle tappezzerie di seta di color verde in cui poter degustare questa bevanda calda insieme agli altri liquori prodotti nell'Officina.

La sala è arredata in stile direttorio, con mobili dai dettagli laccati in oro e mensole sulle quali poggiano vasi da farmacia e urne. Sulle pareti della sala sono appesi attestati e riconoscimenti rilasciati all'Officina e nella parte alta i Ritratti dei direttori che si sono susseguiti alla direzione della farmacia dal 1612 ad oggi.

Sala Verde: busto di fra' Tommaso Valori e stemma dei Domenicani

a sinistra: Ritratto di Tommaso Valori / a destra: Ritratto di Cosimo Baccelli

a sinistra: Ritratto di Damiano Beni

Ritratti di Giorgio Stefani e Marta Stefani

stemma mediceo con Ritratto di S.Pietro da Verona (Pietro Rosselli)

 Sulla volta della sala sono dipente figurine fantastiche.

volta affrescata della Sala Verde

 Un breve passaggio introduce all'Erboristeria.

passaggio tra la Sala Verde e l'Erboristeria

Questa sala, alla quale si accedeva dal Chiostro Grande del Convento di S.Maria Novella, era originariamente la sala vendite dell'antica Spezieria (1612/1848). 

Erboristeria

Il soffitto a volta di questo ambiente è stato decorato nel Settecento in stile rocaille con stucchi a motivi a grottesche ed elementi che rimandano al disegno dell'intaglio ligneo dei mobili seicenteschi che arredono la sala.

soffitto dell'Erboristeria

soffitto a rocaille che riprende il decoro dei mobili

vetrine dell'Erboristeria (XVII sec.)

bancone dell'Erboristeria
Nelle vetrine sono esposti, oltre ai prodotti di erboristeria in vendita, anche una collezione di vasi farmaceutici (ceramiche di Montelupo, Richard-Ginori, Chini) e di strumenti usati nella preparazione dei prodotti (mortai, termometri, bilancini, misurini...).

vasi nella vetrina dietro al bancone
Ai lati del portale d'ingresso antico vi sono due Angeli porta candelabro realizzati in legno dorato nel XVIII secolo.

Angeli porta-candelabro (XVIII sec.)

Ritornando su i propri passi si può accedere all'antica Sagrestia della Cappella di S.Niccolò, fatta costruire sempre dalla famiglia Acciaiuoli tra il 1385 e il 1405.

Sagrestia

Dalla fine del XVII secolo la Sagrestia era stata trasformata in Aromateria o Stanza delle Acque, il luogo in cui sino al 1848 si conservavano i prodotti della distillazione delle rose e delle erbe in ampolle di vetro o in contenitori in rame. I clienti vi si recavano con le loro personali "bocce" per travasarvi il prodotto da acquistare.

Un recente restauro ha riportato alla luce gli affreschi trecenteschi raffiguranti la Passione di Cristo, realizzati da Mariotto di Nardo.

in basso a sinistra: Cattura di Cristo / in alto a sinistra: Orazione nell'orto / in alto a destra: Cristo davanti a Caifa / in basso a destra: Cristo davanti a Ponzio Pilato (Mariotto di Nardo - 1385/1405)

in alto: Cristo deriso / a sinistra: Flagellazione / a destra: Via Crucis (Mariotto di Nardo - 1385/1405)

in alto: Tradimento di Giuda / a sinistra: Ultima Cena / a destra: Lavanda dei piedi (Mariotto di Nardo - 1385/1405)

Crocifissione (Mariotto di Nardo - 1385/1405)

a sinistra: Compianto / a destra: Marie al sepolcro / Noli me tangere (Mariotto di Nardo - 1385/1405)

Nell'Ottocento la volta era stata ridipinta con i Quattro Evangelisti, ma i restauri hanno riportato gli affreschi originali nei quali compaiono effigiati i Santi Bernardo di Quintavalle, Benedetto e Tommaso (un francescano, un domenicano e un benedettino) e il Vescovo S.Niccolò.

volta della Sagrestia (dall'alto in senso orario): S.Tommaso, S.Bernardo da Quintavalle, S.Niccolò, S.Benedetto
Annessi alle sale si trovano un piccolo Museo, sito negli antichi laboratori dove venivano realizzati i prodotti, dove oggi hanno trovato posto antichi macchinari, antiche ceramiche, vetri e bottiglie, oggetti in bronzo e rame, e una Tisaneria dove degustare i prodotti dell'Officina (da noi però non visitati).

Nel 1866 l'Officina divenne di proprietà comunale e presa in affitto da Cesare Augusto Stefani, nipote di fra' Damiano Beni, l'ultimo frate domenicano direttore dell'Officina, che nonostante le soppressioni dell'Ottocento era riuscito a tenerla aperta. Cesare Augusto Stefani divenne il nuovo direttore e ancora oggi i suoi discendenti sono in parte alla guida di questa attività.

 www.smnovella.com

La visita dell'Officina Profumo-Farmaceutica è libera.

 

CONCLUSIONI                                                                                                                                 L'Officina Profumo-Farmaceutica di S.Maria Novella è anche considerata uno dei più antichi esercizi commerciali ancora in attività: ben 400 anni. E' questo un luogo in cui la tranquilla vita quotidiana dei frati è venuta in contatto con la vita laica e con i personaggi importanti della città di Firenze e del mondo. E' un luogo in cui ogni sala è arredata in uno stile diverso e ripercorre le diverse epoche. E' un luogo dove le sensazioni olfattive si esaltano, gli occhi si riempiono di colori e di forme, e anche il gusto viene appagato. E' uno di quei luoghi in cui si avverte l'importanza del Made in Italy, apprezzato nei numerosi negozi che l'Officina ha aperto in tutto il mondo. Per tutte queste ragioni è uno di quei luoghi di Firenze che vale la pena visitare. 


sabato 14 novembre 2020

Firenze: la Cappella Brancacci, tesoro rinascimentale


Situata all'interno della fiorentina Chiesa di Santa Maria del Carmine si trova la famosa Cappella Brancacci, capolavoro della pittura rinascimentale.

La Chiesa di Santa Maria del Carmine, dedicata alla Beata Vergine del Carmelo, si trova nel quartiere d'Oltrarno e fu fondata nel 1268 da frati carmelitani provenienti da Pisa.

 convento e Chiesa di Santa Maria del Carmine

La chiesa venne consacrata nel 1422 e terminata nel 1475.
Della chiesa originale rimane ben poco, in quanto fu molto modificata nel Cinquecento e in gran parte distrutta dall'incendio divampato nel 1771.

La facciata della chiesa in pietrame e laterizio è rimasta incompiuta.

Chiesa di Santa Maria del Carmine

facciata della Chiesa di Santa Maria del Carmine
L'aspetto interno attuale a navata unica con pianta a croce latina e decorato in stile tardo barocco risale al XVIII secolo.

navata Chiesa di Santa Maria del Carmine
Fortunatamente nell'incendio del 1771 si salvarono l'antica Sagrestia, la Cappela Corsini (nel transetto sinistro) e la Cappella Brancacci posta nella testata del transetto destro.

Cappella Corsini
La Cappella Brancacci fu fondata nel tardo Trecento dall'antica famiglia patrizia dei Brancacci e decorata nel 1423 per volere di Felice Brancacci, ricco mercante della seta e personaggio della politica fiorentina, che la ereditò dallo zio.

pianta del convento e della Chiesa di Santa Maria del Carmine
Felice Brancacci commissionò la decorazione al quarantenne Masolino da Panicale e al giovane ventiduenne Masaccio.

I due artisti si spartirono equamente le scene da dipingere, e lavorarono fianco a fianco tra il 1424 e il 1427. Gli affreschi rimasero però incompiuti per la partenza di Masolino per l'Ungheria (1425), e per la partenza di Masaccio per Roma, dove morì prematuramente a soli 27 anni.

Nel 1436 Felice Brancacci cadde in disgrazia per le sue simpatie antimedicee: sposandosi si era imparentato con gli Strozzi, una delle potenti famiglie fiorentine che avevano imprigionato ed esiliato Cosimo de' Medici.
A sua volta Cosimo de' Medici, rientrato a Firenze nel 1434, aveva dichiarato Felice Brancacci nemico della Repubblica e nel 1436 lo aveva fatto esiliare.
Per cancellare ogni traccia della famiglia Brancacci (una sorta di damnatio memoriae), Cosimo de' Medici fece cancellare da Firenze ogni stemma della casata e la cappella fu rintitolata

Sarà chiamato ad ultimare la decorazione pittorica Filippino Lippi, che tra il 1481 e il 1483 completerà gli affreschi del registro inferiore della cappella dipinti da Masaccio e affrescherà i riquadri mancanti.

Il tema del ciclo di affreschi era quello della salvezza dell'uomo: inizia con il peccato originale, momento di rottura dell'amicizia con Dio, e termina con le Storie della vita di S.Pietro, mediatore della riconciliazione e fondatore della Chiesa Romana.
Inoltre S.Pietro era il Santo protettore della famiglia: la cappella era stata fondata da Pietro Brancacci.

Cappella Brancacci
Il ciclo pittorico ha quindi inizio sullo spessore del pilastro destro dell'arcone d'ingresso della cappella, dove Masolino ha raffigurato la Tentazione di Adamo ed Eva, tratta dalla Genesi.
Lo stile è tardogotico, le figure sono plastiche, elegantemente composte, quasi sospese in uno spazio privo di profondità.

Tentazione di Adamo ed Eva (Masolino)
Particolare è la raffigurazione del serpente tentatore attorcigliato all'albero di fico, ed è rappresentato con una testa femminile con ricca capigliatura bionda.

particolare della Tentazione di Adamo ed Eva: la testa del serpente (Masolino)
La Cacciata dal Paradiso Terrestre, la scena consecutiva dipinta invece da Masaccio, si trova rappresentata sul pilastro destro dello stesso arcone. 

Cacciata dal Paradiso Terrestre (Masaccio)
Masaccio ha qui invece dipinto i corpi nudi dei progenitori con resa naturalistica, saldamente appoggiati al terreno.
Nell'affresco è raffigurata un'immagine tragica: Adamo si copre il viso in segno di vergogna, il viso di Eva (che si copre le nudità con le mani come una Venere pudica dell'arte ellenistica e romana) è deformato in un urlo di dolore (che ricorda l'Urlo dipinto da Munch quattro secoli più tardi).
Le ombre di Adamo ed Eva, dipinte sul terreno dell'affresco, sembrano riprodurre quelle che la luce, proveniente dalla finestra della cappella, avrebbe potuto realmente proiettare. 

CURIOSITA': le parti intime dei corpi nudi raffigurati furono ricoperte nel 1642 ca. dalle cosiddette "fronde" (come era stato fatto per i nudi della Cappella Sistina), per volere di Cosimo III de' Medici, e rimosse solo durante il restauro ultimato nel 1990.

particolare della Cacciata dal Paradiso Terrestre: Angelo (Masaccio)
L'Angelo che caccia dal Paradiso Terrestre i progenitori, armato di una spada che originariamente era coperta con una lamina metalicca, sembra indicare con la mano sinistra la scena successiva, Il Tributo dipinto da Masaccio in 32 giornate, in cui è raffigurato Cristo che sarà la via attraverso la quale l'umanità potrà riscattarsi.   
Il Tributo (Masaccio)
 All'interno di questo affresco sono raffigurate tre scene.
Al centro Cristo, attorniato da dodici Apostoli, indica a Pietro (a sinistra della rappresentazione) di andare al lago dove troverà nella bocca di un pesce la moneta d'oro con cui pagare il gabelliere (raffigurato di spalle con un braccio teso per ricevere il denaro e l'altro ad indicare la città), per poter entrare nella città di Cafarnao.
A destra dell'affresco Pietro paga il gabelliere.
particolare de Il Tributo: Pietro prende il pesce con la moneta d'oro (Masaccio)
particolare de Il Tributo : Cristo con gli Apostoli  (Masaccio)
particolare de Il Tributo : Pietro paga il gabelliere (Masaccio)
CURIOSITA': l'episodio, tratto dal Vangelo di Matteo, è ricordato anche per la famosa frase "date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio" pronunciata da Cristo in risposta alla domanda di alcuni personaggi se fosse giusto pagare i tributi ai Romani.
Nel 1427 venne istituito a Firenze il catasto, e in questa raffigurazione si è voluto riconoscere che all'epoca della realizzazione dell'affresco ci fosse già nell'aria questa novità, e si volesse in qualche modo esortare i cittadini a pagare le tasse.

CURIOSITA': nella figura dell'Apostolo posto a destra del gruppo alcuni studiosi riconoscono l'autoritratto di Masaccio, altri pensano che in esso si debba identificare il ritratto del committente Felice Brancacci.

...autoritratto di Masaccio o ritratto di Felice Brancacci?
CURIOSITA': il giovane Michelangelo Buonarroti si recò alla Cappella Brancacci e fece una copia della figura di S.Pietro che paga il gabelliere, un disegno a penna e sanguigna oggi conservato nel Staatiiche Graphische Sammlung di Monaco di Baviera.

Sul medesimo registro, ma sulla parete dietro l'altare, si trova la scena successiva: la Predica di S.Pietro, realizzata da Masolino.

Predica di S.Pietro (Masolino)
Masolino impiegò solo otto giornate per realizzare questa scena tratta dagli Atti degli Apostoli in cui Pietro predica dopo la Pentecoste ad un gruppo di persone tra le quali sono raffigurati frati, una monaca, persone annoiate o intimorite.
Non si escude un aiuto nella realizzazione da parte di Masaccio e i ritratti di alcuni personaggi contemporanei.

Alla destra della finestra della cappella il ciclo pittorico prosegue con la scena del Battesimo dei neofiti, opera di Masaccio tratta dagli Atti degli Apostoli in cui, con attenzione per la trasparenza dell'acqua e per i particolari delle chiome e del perizoma bagnati, è raffigurato Pietro che battezza una moltitudine (si dice tremila) di convertiti.
Nell'affresco S.Pietro battezza un uomo inginocchiato nell'acua, un uomo trema di freddo aspettando di essere battezzato e un altro si riveste dopo aver ricevuto il sacramento.   
Battesimo dei neofiti (Masaccio)
CURIOSITA': i personaggi alle spalle di S.Pietro, vestiti con il mazzocchio (il tipico cappello fiorentino quattrocentesco), ritornarono alla luce solo dopo un restauro effettuato nel XVIII secolo.

Spostando l'attenzione sulla parete destra della cappella, sempre sullo stesso registro si trova l'affresco in cui Masolino ha raffigurato La guarigione dello zoppo e la Resurrezione di Tabita.

La guarigione dello zoppo e La Resurrezione di Tabita (Masolino)
I due episodi tratti dagli Atti degli Apostoli si svolgono in due città diverse.
A Lidda S.Pietro, accompagnato da S.Giovanni, guarì un paralitico che gli chiedeva l'elemosina davanti al Tempio. 
La guarigione dello zoppo (Masolino)
Nello stesso riquadro è anche dipinta la scena in cui S.Pietro resuscita Tabita, una donna di Giaffa dedita alle opere pie.
La Resurrezione di Tabita (Masolino)
Tra le due scene è stata inserita la veduta di una piazza fiorentina sulla quale passeggiano due eleganti personaggi, estranei agli episodi narrati, vestiti con ricchi abiti.
Dietro di loro Masolino ha dipinto con dovizia di particolari palazzi e scene di vita quotidiana.

particolare della Guarigione dello zoppo e Resurrezione di Tabita (Masolino)
Il ciclo continua quindi nel registro inferiore, dove come già accennato gli affreschi vengono in parte realizzati solo da Masaccio e terminati anni dopo da Filippino Lippi che realizzerà anche le scene mancanti, reintegrando le parti cancellate.

La scena che segue dipinta da Masaccio a destra della parete dietro l'altare, tratta dagli Atti degli Apostoli, è La distribuzione dei beni e la morte di Anania.

La distribuzione dei beni e la morte di Anania (Masaccio)
Anania insieme alla moglie Saffira aveva venduto un campo e dato metà del ricavato agli Apostoli dicendo che erano tutti i soldi ricevuti dalla vendita.
Non aveva perciò messo in comune con gli altri cristiani i suoi beni, e per questo era stato punito: morì dopo aver deposto i denari ai piedi di S.Pietro e di S.Giovanni e aver detto il falso, e la stessa fine toccò anche alla moglie.
La scena si svolge mentre S.Pietro e S.Giovanni sono intenti a distribuire l'elemosina ai più bisognosi della comunità.

Sulla parte sinistra della stessa parete è stata affrescata da Masaccio la scena S.Pietro risana con l'ombra.

S.Pietro risana con l'ombra (Masaccio)
In questo riquadro tratto dagli Atti degli Apostoli, ambientato nella Firenze cntemporanea, S.Pietro al suo passaggio, accompagnato da S.Giovanni, guarisce con la sua ombra alcuni infermi.

CURIOSITA': anche in questa scena si nascondono i volti di alcuni artisti: il personaggio che indossa un berretto rosso dovrebbe essere Masolino, il volto di S.Giovanni sarebbe il ritratto de lo Scheggia (fratello di Masaccio), l'uomo anziano con la barba potrebbe essere il pittore Bicci di Lorenzo, mentre sarebbe il ritratto di Donatello il viso dell'uomo che si regge ad un bastone con un berretto rosso.

particolare de S.Pietro risana con l'ombra (Masaccio): possibili ritratti di Donatello (uomo col berretto rosso), de lo Scheggia (S.Giovanni), di Bicci di Lorenzo (uomo anziano con la barba canuta)
Sulla parte bassa del pilastro dell'arcone sinistro è stata affrescata da Filippino Lippi la scena di S.Pietro visitato in carcere da S.Paolo.

S.Pietro in carcere visitato da S.Paolo (Filippino Lippi)
Questa scena mostra una continuità architettonica con la scena seguente (Resurrezione del figlio di Teofilo) e per questo si è ipotizzato che Filippino Lippi abbia eseguito l'affresco seguendo un disegno di Masaccio che appunto realizzò l'affresco vicino.
Si passa quindi sulla parete sinistra della cappella, al riquadro della Resurrezione del figlio di Teofilo e S.Pietro in cattedra in cui Masaccio ha dipinto la parte centrale (dall'uomo seduto all'uomo vestito di verde e S.Paolo inginocchiato) e la parte destra del riquadro (tranne la testa del monaco inginocchiato).

Resurrezione del figlio di Teofilo e S.Pietro in cattedra (Masaccio)
La scena è tratta dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine: S.Pietro, imprigionato ad Antochia fu sfidato dal governatore Teofilo a dimostrare i suoi poteri sovranaturali resuscitando il figlio morto quattordici anni prima.
Questo miracolo portò alla conversione di molti fedeli e alla costruzione di una chiesa in cui S.Pietro potè salire in cattedra.
La prima porzione con cinque personaggi fiorentini posta alla sinistra del riquadro è stata realizzata da Filippino Lippi. 

particolare della Resurrezione del figlio di Teofilo: personaggi fiorentini (Filippino Lippi)
CURIOSITA': l'uomo al centro con i capelli bianchi è stato identificato come Pietro Del Pugliese, politico e mecenate fiorentino, mentre il monaco carmelitano (quarta testa da sinistra) dovrebbe essere il ritratto del cardinale  Branda Castiglione.
A guardare bene a questo personaggio non sono stati dipinti i piedi!

La parte centrale dell'affresco, dal primo personaggio seduto partendo da sinistra al personaggio vestito di verde in piedi, è opera di Masaccio (tranne i piedi e il braccio benedicente di S.Pietro ridipinti da Filippino Lippi).
L'uomo inginocchiato del gruppo è S.Paolo.
Originariamente Masaccio aveva raffigurato personaggi della famiglia Brancacci, sostituiti poi da Filippino Lippi con personaggi di altre famiglie dell'Oltrarno e della cerchia medicea quando la famiglia Brancacci fu colpita dalla damnatio memoriae.
particolare della Resurrezione del figlio di Teofilo: S.Pietro , Teofilo in cattedra e membri delle famiglie fiorentine (Masaccio - Filippino Lippi)
CURIOSITA': si è voluto riconoscere nel volto di Teofilo, seduto in cattedra, Gian Galeazzo Visconti (nemico di Firenze), e nell'uomo con il cappuccio alla sua destra il letterato e politico Coluccio Salutati, discepolo di Boccaccio e precettore di Poggio Bracciolini e di Leonardo Bruni.

Gli altri personaggi della porzione centrale (il giovane resuscitato in ginocchio e il bambino compresi), sono frutto dell'integrazione svolta da Filippino Lippi.

particolare della Resurrezione del figlio di Teofilo: giovane resuscitato, bambino e membri delle famiglie fiorentine (Filippino Lippi)
CURIOSITA': il volto del giovane resuscitato si pensa abbia le sembianze di Francesco Granacci, all'epoca quindicenne, che divenne poi un pittore del primo periodo del  manierismo fiorentino.

L'ultima porzione a destra dell'affresco è opera del Masaccio, tranne la testa del monaco inginocchiato che fu invece realizzata da Filippino Lippi.

particolare di S.Pietro in cattedra: S.Pietro, monaci e ritratti di artisti (Masaccio - Filippino Lippi)
CURIOSITA': i quattro personaggi all'estrema destra dipinti da Masaccio sono i ritratti di quattro artisti amici tra loro, che hanno cambiato il corso della storia dell'arte (partendo da sinistra): Masolino, Masaccio, Leon Battista Alberti (il più giovane del gruppo che era appena arrivato a Firenze) e Filippo Brunelleschi (che aveva all'epoca 51 anni).
All'appello mancherebbe solo Donatello, all'epoca quarantaduenne.

particolare di S.Pietro in cattedra (da sinistra): ritratto di Masolino, autoritratto di Masaccio, ritratto di Leon Battista Alberti e ritratto di Filippo Brunelleschi (Masaccio)
CURIOSITA': anche nei monaci si è riconosciuto un volto noto di quell'epoca: il monaco in piedi a destra dovrebbe essere il giovane Filippo Lippi (padre di Filippino, che era stato inizialmente allievo del Masaccio).

Il ciclo prosegue nella parte bassa del pilastro destro dell'arcone della cappella con la scena di S.Pietro liberato dal carcere, realizzata da Filippino Lippi.

S.Pietro liberato dal carcere (Filippino Lippi)
In questo riquadro è raffigurata la liberazione di S.Pietro dal carcere ad opera di un angelo, mentre il carceriere si è addormentato appoggiato ad un bastone.
Chiude il ciclo pittorico della cappella il riquadro della parete destra con La disputa dei Santi Pietro e Paolo con Simon Mago e La Crocifissione di S.Pietro, dipinto da Filippino Lippi.

La disputa dei Santi Pietro e Paolo con Simon Mago e La Crocifissione di S.Pietro (Filippino Lippi)
Sulla destra del riquadro si svolge la disputa di arti magiche tra Simon Mago e i Santi Pietro e Paolo avvenuta a Roma davanti all'imperatore Nerone.

La disputa dei Santi Pietro e Paolo con Simon Mago (Filippino Lippi)
Nella scena una statua rotta è dipinta ai piedi di Nerone: Simon Mago si vantava di far volare gli oggetti e fece volare un idolo davanti all'imperatore, ma la statua cadde a terra e si ruppe per l'intervento di S.Pietro. La collocazione nella città eterna dell'episodio narrato è sottolineata dalla raffigurazione nel paesaggio delle Mura Aureliane e della Piramide Cestia.
CURIOSITA': in questa scena sono stati ritratti due volti noti.
Filippino Lippi ha realizzato un suo autoritratto (il personaggio all'estrema destra della scena che guarda verso lo spettatore) e il ritratto di Antonio del Pollaiolo (l'uomo in piedi vicino a Nerone col berretto rosso).
Inoltre alcuni hanno riconosciuto nel volto di Simon Mago i tratti somatici di Dante Alighieri.

autoritratto di Filippino Lippi
Occupa la sinistra del riquadro la Crocifissione di S.Pietro a Roma.
S.Pietro si volle far crocifiggere a testa all'in giù in segno d'umiltà verso Cristo.
Crocifissione di S.Pietro (Filippino Lippi)
CURIOSITA': un altro pittore è stato ritratto in questa scena: l'uomo che all'estrema destra rivolge il suo sguardo verso chi osserva l'affresco è Sandro Botticelli, maestro di Filippino Lippi.

ritratto di Sandro Botticelli (Filippino Lippi)
La scena della Crocifissione di S.Pietro fu affrescata anche da Masaccio nella parete dietro l'altare, ma venne distrutta all'epoca della caduta in disgrazia della famiglia Brancacci e ne rimasero solo alcuni fremmenti.

Nel 1436 la cappella venne infatti ridedicata alla Madonna del Popolo, l'icona a tempera su tavola del 1268 attribuita al Maestro della Madonna del Carmine (che ancor oggi occupa lo spazio dietro l'altare), e l'affresco di Masaccio dovette lasciare il posto alla cornice che doveva incorniciare l'immagine mariana.

Madonna del Popolo (Maestro della Madonna del Carmine - 1268) / resti della Crocifissione di S.Pietro (Masaccio)
Nella parete di fondo sono ritornate alla luce anche due testine.

Oltre ai due registri descritti vi era un terzo registro sopra questi, che occupava due lunette (sopra le pareti laterali) e due semilunette (sopra la parete di fondo).

Nella lunetta sinistra era stata affrescata da Masolino con La Chiamata dei Santi Pietro e Andrea.
Nella lunetta destra la scena denominata La Navicella (dove si narra che Cristo camminando sulle acque salva Pietro da una tempesta) non ha un'attribuzione certa, forse tra i due artisti oggi si propende più per Masaccio.
La decorazione delle due lunette venne sostituita nel XVIII secolo da finte prospettive realizzate da Carlo Sacconi.
Nella semilunetta sinistra il Pentimento di Pietro era probabilmente stato affrescato da Masaccio.
Nella semilunetta destra si trovava il Pasce oves meas in cui Cristo affida a S.Pietro la mansione di pastore universale.

Masolino aveva dipinto anche le vele della volta a crociera con le figure degli Evangelisti, che vennero distrutti nel XVIII secolo per far posto ad una cupoletta, la quale venne affrescata con la Madonna che dà lo scapolare a Simone Stock da Vincenzo Meucci.

Madonna che dà lo scapolare a Simone Stock (Vincenzo Meucci - 1746/1748)
Non si hanno certezze, ma sembra che il rilievo in marmo della Consegna delle chiavi, realizzato da Donatello intorno al 1430 (oggi al Victoria and Albert Museum di Londra), fosse collocato sull'altare per concludere il ciclo della Vita di S.Pietro.

altare della Cappella Brancacci
L'accesso alla cappella avviene attraverso il chiostro della chiesa e nell'attesa della visita si può aspettare nella Sala del Cenacolo (ex Refettorio) dove si trova sulla parete sinistra una delle due versioni dell'Ultima Cena realizzate da Alessandro Allori (l'altra la realizzò per il Monastero Vallombrosiano di Astino e oggi conservata nel Palazzo della Ragione di Bergamo), dove compare l'autoritratto dell'artista (figura a sinistra) e il ritratto del committente padre Luca da Venezia (figura a destra).

chiostro della Chiesa di S.Maria del Carmine
Ultima Cena (Alessandro Allori - 1582)
CURIOSITA': la natura morta che appare sulla mensa ha una sua simbologia che rimanda alla Passione di Cristo.

Nella stessa sala sono esposti gli affreschi a monocromo staccati delle Storie della Passione, Annunciazione e Santi di autore ignoto fiorentino di fine Trecento provenienta dalla Compagnia di S.Niccolò.


Orari:  venerdì, sabato e lunedì  10.00/17.00
            domenica                        13.00/17.00
Durata: visite guidate  20' circa

ATTENZIONE: attualmente a causa dell'emergenza sanitaria causata dal COVID-19 apertura e orari della cappella potrebbero variare. Consultare il sito:
https://cultura.comune.fi.it/pagina/musei-civici-fiorentini/cappella-brancacci-santa-maria-del-carmine
Consiglio di prenotare (al numero 0552768224)!

Costo:8€   venerdì
          10€ sabato/domenica/lunedì (perché comprende il biglietto alla Fondazione Salvatore Romano)





CONCLUSIONI
Fortunatamente la Cappella Brancacci è scampata all'incendio che ha devastato la chiesa nel 1771 e 
se oggi possiamo ancora ammirarla lo dobbiamo anche a Vittoria della Rovere: nel 1690 infatti, la madre del granduca Cosimo III de' Medici riuscì ad impedire la distruzione del ciclo d'affreschi per lasciare il posto ad una decorazione barocca della cappella.
Masolino e Masaccio, nonostante le loro differenze stilistiche, sono stati capaci di lavorare in affiatamento realizzando uno dei capolavori della storia dell'arte italiana.
L'incontro con Masaccio indusse Masolino ad avvicinarsi alle novità rivoluzionarie del collega più giovane, ma egli non aderì mai totalmente allo stile rinascimentale.
Grande è stata la maestria di Masaccio nel trasmettere realismo al racconto, nella tecnica del chiaroscuro e nella costruzione delle scene (schema prospettico), elementi innovativi che ha fatto della Cappella Brancacci la culla del Rinascimento italiano.


CURIOSITA': il nome di battesimo dei due grandi artisti era lo stesso: Masaccio, era il soprannome di Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai (Tommasaccio-->Masaccio), così chiamato per "la sua molta straccurataggine" (Giorgio Vasari), mentre Masolino era il soprannome di Tommaso di Cristoforo Fini (Tommasino-->Tommasolino-->Masolino).