lunedì 15 giugno 2015

Roma: il Velabrum, tra nebbie e leggende


Il Velabrum nell'antica Roma era quella valle che si trovava tra le pendici del Palatino e quelle del Campidoglio.

I suoi confini erano a nord il Foro Romano, ad est il Palatino e il Vicus Tuscus, e a ovest il Vicus Iugarius.

Questa valle era, fino alla costruzione da parte dei re etruschi della Cloaca Massima (IV secolo a.C.), una zona paludosa, immersa nelle nebbie, a causa del ruscello Velabro (chiuso in epoca repubblicana) e delle frequenti inondazioni del vicino Tevere.

Era quindi un'area ricoperta da un "velo" di nebbia.
Ma questa non è la sola ipotesi sul suo nome, il quale forse deriverebbe:
- dalla parola VEHENDO = "trasportando",
- da VELATURUM FACERE = "traghettare",
- dalla ventilazione del grano,
- dal compiere con vele il percorso del corteo trionfale che passava anche
  attraverso questa zona,
- dalla voce italica che indicava un luogo paludoso,
- dal "Vello d'Oro".

Certo è che questo era un luogo sacro ai Romani.
Secondo la leggenda infatti la cesta contenente Romolo e Remo giunse con una piena dell'Aniene arenandosi in questo luogo paludoso detto Cermalus, fermandosi sotto il ficus rumanalis, albero sacro alla dea Ruminalia, che si occupava del latte dei neonati.
Oppure la cesta arrivò vicino ad una grotta chiamata Lupercale, chiamata così perché sacra a Marte e al Fauno Luperco.


Una certa confusione si è creata riguardo chi allattò i due gemelli: forse una lupa rimasta senza i suoi cuccioli, o forse una prostituta (le prostitute, chiamate "lupe", lavoravano in un "lupanare").
Vennero poi allevati da Acca Laurentia e da suo marito Faustolo, porcaro del re Amalio, che avevano la loro capanna in un luogo chiamato Cermalo, in prossimità del Palatino.

Il Velabrum divenne un luogo di traffico tra il Foro Romano e il Ponte Suplicio che attraversava il Tevere.
Divenne un centro di attività commerciale del settore alimentare (olio e vino), mentre nel limitrofo Vicus Tuscus si commerciavano stoffe e abiti.
Qui svolgevano i loro affari i banchieri e i cambia valute.

Rimase una zona adibita al commercio sino al VI secolo d.C., fino a quando un'alluvione del Tevere coprì tutto e innalzò il livello del terreno.
Da quel momento cambiò destinazione d'uso, e con la costruzione della chiesa di S.Giorgio al Velabro (una diaconia), e della chiesa di S.Teodoro (un titolo cardinalizio), l'area divenne luogo di assistenza religiosa verso i bisognosi e i pellegrini.
(Per le notizie sulla Chiesa di S.Teodoro vi rimando al mio post "Roma: le chiese del Palatino" febbraio 2015)

Chiesa di S.Giorgio al Velabro - G.Vasi
E nel medioevo questa zona prese il nome di Velum Aureum, come è scritto sull'architrave del portico della chiesa di S.Giorgio al Velabro.

chiesa di S.Giorgio al Velabro
E' questo il luogo più probabile del ritrovamento della cesta con Romolo e Remo.

Nel V secolo sorgeva qui una diaconia retta da monaci greci, che aveva inglobato edifici di epoca severiana (III secolo d.C.).
La chiesa venne costruita nel VII secolo dal papa Leone II, che la dedicò a S.Sebastiano e a S.Giorgio.

Fu invece papa Zaccaria, di origine greca, a portare dalla Cappadocia la testa di S.Giorgio in questa chiesa, posta in una zona frequentata da mercanti bizantini.

Nel IX secolo papa Gregorio IV cambiò l'assetto architettonico della chiesa, e nel XIII secolo venne costruito il porticato con la sopra citata iscrizione a caratteri gotici della trabeazione, che ricorda anche che il dono fu fatto dal priore Stefano di Stella.

portico della chiesa di S.Giorgio al Velabro
Questo portico, che venne restaurato nel XVII secolo da Clemente IX, fu nella nostra epoca ricostruito a causa di un attentato avvenuto nella notte tra il 27 e il 28 luglio del 1993: un'auto bomba fece crollare il portico e creò una breccia nella facciata.
I lavori di ricostruzione del portico durarono tre anni.

Il portico, chiuso da una cancellata, è composto da quattro colonne ioniche e da quattro pilastri del VII secolo posti agli angoli.

portico della chiesa
unione tra la chiesa e l'Arco degli Argentari


Arco degli Argentari
portale della chiesa


resti del pavimento originale del portico della chiesa
cornice romana del portale della chiesa






Sul lato sinistro del portico si può vedere come questo si sia poggiato sull'Arco degli Angentari, l'antico ingresso al Foro Boario (204 d.C.).




Sotto il portico si vedono le due finestre murate della chiesa originale.
Il portale ha cornici di età romana. 





La facciata è a capanna.
Il rifacimento in finta cortina della parte terminale della facciata è opera del consolidamento e del restauro della chiesa effettuati nell'Ottocento.

facciata di S.Giorgio al Velabro
campanile di S.Giorgio al Velabro















Il campanile del XII secolo ha quattro ordini di trifore.



La pianta basilicale irregolare della chiesa è dovuta al fatto che il luogo di culto sorse sui resti di  un precedente edificio civile di epoca classica: il lato della facciata è più largo di quello dove si trova l'abside.

navata centrale della chiesa di S.Giorgio al Velabro
navata della chiesa di S.Giorgio al Velabro
La chiesa è a tre navate divise su ogni lato da file di archi a sesto acuto poggianti su otto colonne di spoglio in marmo scanalato, in pavonazzetto e in granito grigio, con capitelli ionici e corinzi.

arcate della navata laterale destra
colonna con capitello corinzio
colonna con capitello ionico


navata laterale sinistra
Sulle pareti delle navate vi sono frammenti delle transenne della schola cantorum del VIII/IX secolo.
Nella navata di sinistra vi sono frammenti del paliotto.

resti della schola cantorum
Il soffitto della navata centrale è opera di Francesco Avalli.

soffitto della chiesa
L'abside semicircolare è rialzata.

abside della chiesa di S.Giorgio al Velabro
L'affresco dell'abside del XIII/XIV secolo, opera di Cavallini o della sua scuola, è un dono del cardinale Giacomo Caetani Stefaneschi.
In esso è rappresentato Gesù Salvatore tra S.Giorgio a cavallo, Maria, S.Pietro e S.Sebastiano.

affresco del catino absidale
L'altare maggiore paleocristiano con motivi cosmateschi, poggiante su quattro colonnine, è del VII secolo.
Nella confessione sotto l'altare sono conservate la testa, la spada e un lembo del mantello di S.Giorgio.

confessione dell'altare con reliquie di S.Giorgio
teca con reliquie di S.Giorgio
motivi cosmateschi



Il ciborio del XII secolo ha colonne con capitelli corinzi. Una serie i colonnine sostiene la copertura a piramide tronca.

ciborio della chiesa di S.Giorgio al Velabro
La chiesa subì nei secoli delle trasformazioni, ma tra il 1923 e il 1926 fu riportata al suo aspetto medievale.
Per far questo internamente furono riaperte le antiche finestre della navata centrale, il pavimento fu riportato al suo piano originale e fu rivestita di lastre marmoree l'abside; esternamente fu rimossa la facciata barocca.

lastre marmoree dell'abside
sangiorgioinvelabro.org
Orario: 10.00/12.30   16.00/18.30
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Come ho già detto il portico della Chiesa di S.Giorgio al Velabro poggia sull'Arco degli Argentari.

Arco degli Argentari
L'arco a forma di porta architravata, che immetteva nel Foro Boario la strada urbana del Vicus Jugarius (oggi chiusa), aveva un passaggio largo 3,30 m.
L'arco è alto 6,80 m ed è largo 5,86 m.
Gli zoccoli dell'arco sono interrati di un metro.

Il piccolo arco fu costruito nel 204 d.C. dagli "argentarii" (cioè i "banchieri") e dai mercati di buoi, come dice l'iscrizione sull'architrave:
"Argentarii et Negotiantes Boari Huius Loci".
Fu costruito per celebrare il decimo anniversario del regno di Settimio Severo e dedicato all'imperatore e alla sua famiglia: la moglie di Settimio Severo Giulia Domnia, il figlio Caracalla, il figlio Geta (la cui effige fu rimossa dopo il suo assassinio da parte del fratello Caracalla), la moglie di Caracalla Plautilla (esiliata e fatta uccidere dal marito) e il padre di Plautilla il prefetto del pretorio Plauziano (anch'esso fatto assassinare da Caracalla).
Questi ultimi tre personaggi furono colpiti dalla damnatio memoriae.

ritratto di Fulvia Plautilla - Nuovo Museo dell'Acropoli (Atene)
ritratto di Caracalla - Nuovo Museo dell'Acropoli (Atene)


 









































I pilastri dell'arco sono rivestiti con lastre di marmo ed hanno basi in travertino.
L'architrave è in marmo.

architrave e decorazioni dell'Arco degli Argentari
Sulla sommità dell'arco si trovavano un tempo 5 statue dei componenti della famiglia imperiale.
La facciata settentrionale, esterna alla piazza, fu lasciata allo stato grezzo.

Un fregio con scene di sacrificio di tori corre lungo la parte bassa dei pilastri.
Segue verso l'alto una fascia con raffigurazioni di strumenti sacrificali.
Le figure dei personaggi della famiglia dei Severi sono incorniciate da decorazioni vegetali.

Il pannello a sinistra dell'arco raffigura forse Caracalla.
Sulla faccia esterna del pilastro sono raffigurati soldati romani con un prigioniero barbaro.

pannello esterno del pilastro sinistro dell'arco: soldati romani con prigioniero barbaro
Un pannello interno dell'arco (a sinistra), raffigura Caracalla che liba su un altare, con accanto uno spazio vuoto scalpellato: qui dovevano essere rappresentate le figure di Geta, Plautilla e Plauziano.

pannello interno del pilastro sinistro dell'arco: Caracalla che offre libagioni
Sul pannello opposto si individuano le figure di Settimio Severo e di Giulia Domna che sono anch'esse raffigurate mentre sacrificano agli dei, e anche da questo rappresentazione manca una figura.

pannello interno del pilastro destro dell'arco: Settimio Severo e Giulia Domna sacrificano agli dei
Tra i due capitelli in stile corinzio vi sono Vittorie con ghirlande, aquile, stendardi e altri personaggi.
Sull'attico invece vi sono Ercole e un Genio.

raffigurazione di Ercole sull'attico dell'arco
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Di fronte all'Arco degli Argentari e alla chiesa di S.Giorgio al Velabro si trova un arco ben più grande: il cosiddetto Arco di Giano.

Arco di Giano
Il suo nome si deve al dio Ianuus (Giano) che regnava su ogni luogo di passaggio (da Giano derivano le parole ianus = "porta" e Ianuarius = "Gennaio" in quanto mese che apriva l'anno).
Probabilmente però quest'arco è identificabile con l'Arcus Costantini.

Fu forse costruito infatti dall'imperatore Costanzo II in occasione di una sua visita nel 357.

E' un arco quadrifronte onorario (12 m X 16 m), costruito con opera a sacco e rivestito di marmo.
Nella parte centrale è ricoperto da una volta a crociera.

Arco di Giano
Le quattro facciate presentano due file di nicchie semicircolari terminanti in alto con calotte emisferiche a conchiglia.
Le nicchie un tempo avranno contenuto statue.
Tra le file delle nicchie corre una cornice.

pilastro con nicchie
Le quattro chiavi di volta degli archi sono ornate con le figure di Roma, Giunone (sedute), Minerva e Cerere (in piedi).

L'arco forniva un riparo ai mercanti impegnati nelle loro trattative d'acquisto e di vendita.

Nel medioevo l'arco divenne la base di una torre fortificata della famiglia Frangipane, chiamata Torre di Boezio in quanto il filosofo Severino Boezio teneva qui le sue lezioni.
Nel 1830 si volle restaurare l'arco portandolo alle sue forme originali e venne demolito l'attico perché si pensava fosse medievale!

All'interno della chiesa di S.Giorgio al Velabro e murati nel suo portico sono conservati frammenti dell'iscrizione dell'arco.

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La più grande fogna dell'antica Roma, la Cloaca Massima, passava anche sotto il Foro Boario.

sbocco nel Tevere della Cloaca Massima
Originariamente a cielo aperto, e poi coperta con una volta nel II/I secolo a.C., la fogna costruita nel VI secolo a.C. dai re etruschi Tarquinio Prisco e Tarquinio il Superbo, per bonificare il Foro Romano, attraversava il Foro di Nerva, il Foro Romano e il Velabro, per poi avere il suo sbocco a tre ghiere in peperino nel Tevere, all'altezza del Ponte Emilio o Ponte Rotto.

La Cloaca Massima, che oggi si trova a 12 metri sotto il livello di calpestio, era alta e larga circa 3 metri, e uno dei suoi antichi tombini si può ancora vedere nel portico della vicina chiesa di Santa Maria in Cosmedin: il mascherone della famosa Bocca della Verità, dove ogni turista mette la mano!

ingresso alla Cloaca Massima




Una parte della Cloaca Massima, in prossimità della Torre dei Conti, vicino al Foro di Nerva, è ancora funzionante.




Nella piazza dove sorgono la chiesa di S.Giorgio al Velabro, l'Arco di Giano e l'Arco degli Argentari, varcando il cancello di un palazzo, si trova l'accesso ad un suo tratto.



CONCLUSIONI
Area leggendaria, mitica e misteriosa, il Velabro suscita ancor oggi un interesse artistico e storico.
E' una piccola ma interessante zona della Roma più antica.


1 commento:

Anonimo ha detto...

"Sun, who tarries on high, contemplating Rome:
Greater never you've nor shall you in future see greater
Than Rome, O sun, as your priest, Horace, enraptured foretold..."

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